“Signor Mucha lei mi ha reso immortale” fu la frase che la Bernhardt disse abbracciando l’artista e che segnò l’inizio della fortuna di quest’ultimo grazie a un contratto di sei anni con la divina Sarah.
Al Complesso del Vittoriano – Ala Brasini dal 15 aprile all’11 settembre 2016, si possono ammirare le 200 opere di Alphonse Maria Mucha tra dipinti, manifesti, disegni, opere decorative, gioielli e disegni preparatori degli arredi della Boutique Fouquet. La collaborazione tra la Fondazione Mucha e Arthemisia Group ha permesso lo sviluppo di questa mostra attraverso la vita dell’artista e le sue opere.
Una delle prime litografie che incontriamo nel percorso è quella che rappresenta Sarah Bernhardt, la famosa attrice francese, nelle vesti di Gismonda di Victorien Sardou, rappresentata nel terzo atto del melodramma mentre tiene una palma in mano. A quest’opera Mucha deve la notorietà perché a Sarah non piacquero i manifesti che erano stati preparati per la rappresentazione teatrale: “Troppo banali”.
Era il Natale del 1894, i grandi artisti erano partiti da Parigi, l’artista troppo povero, era rimasto invece, e viveva in una piccola stanza al numero 13 di rue de la Grande-Chaumière, sopra la cremerie di madame Caron, luogo d’incontro di artisti dotati e squattrinati, quali Paul Gaugin e August Strindberg. Fu così che gli fu commissionata la locandina. Sarah ne rimase estasiata, Alphonse la raggiunse nel suo Boudoir, lei si alzò e lo abbracciò dicendogli “Signor Mucha lei mi ha reso immortale”.
Da qui parte lo “stile Mucha”. Numerose sono le litografie a colori della mostra che rappresentano donne sensuali, sinuose, forti e coraggiose, a volte fragili e innamorate: la Tosca 1899, La Dama delle Camelie 1896, La Samaritana 1897, Médée 1898, Hamlet 1899. La scelta dell’uso di stampa litografica per Mucha è dovuta all’idea che l’arte doveva essere a disposizione della gente: siamo in un periodo storico particolare, fine dell’800, e nella capitale francese con il boom economico sta per esplodere il periodo bohémien con tutte le sue manifestazioni artistiche. L’art nouveau o stile liberty s’ispira alla natura, con questi dettagli curati e ripetuti dai colori oro, verde smeraldo e rosso, le donne bellissime e aggraziate.
Il contratto con l’imprimeur-éditeur Champenois permise all’artista ceco di risollevarsi economicamente cominciando a produrre manifesti pubblicitari e pannelli decorativi (panneaux décoratifs) per interni. Il Manifesto Nestlè 1897 “Chocolat idéal”, il profumo “Rodo”, i biscotti e lo champagne Möet & Chandon sono solo alcuni prodotti. Finalmente la gente poteva comprare le copie per pochi franchi (40) secondo lo spirito ideale che l’arte deve essere per tutti.
Una delle opere più maestose e raggianti è La Madonna dei Gigli, 1905 olio e tempera, che si discosta dall’art nouveau per adottare uno stile più classico, ideato per la chiesa di Gerusalemme. All’inizio era rappresentata solo la Madonna sul lato destro che guarda verso il basso, mentre i gigli la avvolgono, creando luminosità e morbidezza nel quadro; in seguito fu aggiunta la bambina che guarda fissa lo spettatore. Per anni l’angolo della fanciulla fu tenuto piegato, Mucha non voleva vederlo, un curioso aneddoto spiega il perché: la bambina era identica alla sorella che lui non amava, solo che la dipinse identica 5 anni prima della sua nascita.
La politica e gli ideali hanno sempre fatto parte della personalità dell’artista: fin da quando era ragazzo, nella sua città natale Iavančice, si occupava delle illustrazioni del giornale satirico locale. Il patriottismo si evidenzierà sempre di più nelle sue opere.
Così nel 1910 Mucha tornò a casa per continuare il suo ideale storico: mettere l’arte al servizio del proprio Paese, L’epopea slava raffigura su enormi tele le sofferenze dei popoli slavi nel corso di mille anni: il pensiero idealista di Mucha qui prende piede, voleva proporre un fine comune, la pace tra i popoli slavi e gli altri popoli, portando avanti l’idea che l’arte poteva unire tutti e contribuire allo sviluppo dell’umanità. La rappresentazione femminile trova il proprio culmine con il Ritratto di Halide Edip Adivar, 1933 olio su tela, la prima femminista turca: qui si può vedere che c’è più freschezza femminile, viene sottolineato l’ aspetto psicologico, la sofferenza, gli occhi scuri, segnati.
La mostra si chiude con il trittico l’Età della ragione, l’Età dell’amore e l’Età della saggezza del 1936, un monumento all’umanità intera, perché fino alla fine Mucha ha creduto nel valore universale dell’arte e nella pace.
Curato da Tomoko Sato, che ha realizzato numerose mostre su Alphonse Mucha, molti dettagli impreziosiscono il percorso, come la finestra reale che si affaccia sui Fori Imperiali con al lato le stesse immagini di fotografie di Mucha con la moglie Maruška, risalenti ai primi del Novecento, subito dopo il matrimonio del 1906. La donna fu una fonte d’ispirazione costante per l’artista e un sostegno importante durante il progetto dell’Epopea Slava. Dettagli come i fregi decorativi accompagnano tutto l’allestimento.
“Il più grande artista decorativo del mondo” dal the New York Daily News 1904.
Sara Cacciarini