La storia della fotocamera Leica e la Storia del Novecento sono in mostra nell’Ala Brasini del Complesso del Vittoriano di Roma fino al 18 febbraio 2018.
È il 1943 e Roma è appena stata occupata dai nazisti. I tedeschi si affrettano ad ordinare alla popolazione la consegna di tutte le armi e di tutte le macchine fotografiche. Un tredicenne, Gianni Berengo Gardin, si rifiuta di obbedire e inizia a produrre i primi scatti con la sua macchina fotografica. Non sappiamo se fosse una Leica, ovvero la fotocamera che oggi è, per il grande fotoreporter italiano, “ciò che la penna è per lo scrittore”.
La mitica Leica è la protagonista indiscussa di un’imperdibile mostra fotografica itinerante,”Augen Auf”, a Roma al Complesso del Vittoriano per l’unica tappa italiana. In giro dal 2015, con l’esposizione la ditta Leica Camera AG festeggia il centenario della fotocamera.
Parliamo di uno strumento rivoluzionario per la storia della fotografia.
Per intenderci: se pensate a Ernesto Che Guevara, non vi viene in mente forse una foto in cui indossa un basco con la stella e uno sguardo fiero? Vi ricordate poi la foto dell’uomo che corre in una Parigi piovosa, con la sua ombra riflessa in una pozzanghera? E quella del marinaio che bacia l’infermiera in Times Square il giorno che si annuncia la fine della seconda guerra mondiale? Cosa hanno in comune queste celeberrime fotografie? Sono tutte state scattate con un macchina Leica. E le potete ammirare tutte alla mostra “I Grandi Maestri – 100 anni di fotografia Leica”.
La “Ur-Leica” (“LEitz Camera”) è messa appunto nel 1914 da Oskar Barnack. Il dipendente della Leitz-Wetzlar ha l’intuizione di inserire la pellicola cinematografica da 35 mm in una macchina compatta e maneggevole. Solo nel 1925 la Leica viene immessa sul mercato.
La Leica era piccola, piatta, economica. “Less is more”. Potevi portarla con te e catturare l’umanità, la vita. Fece della fotografia una parte integrante della vita quotidiana. Consentiva fino a 36 scatti in sequenza e fece nascere il reportage fotografico, ma anche la street photography.
A curare la mostra “I Grandi Maestri – 100 anni di fotografia Leica” c’è Hans-Michael Koetzle, uno dei più rinomati critici della fotografia.
Contrasto e Arthemisia Group hanno permesso la realizzazione a Roma di una mostra con centinaia di foto provenienti da collezioni private. Moltissime sono stampe vintage – ossia originali – scelte proprio per mostrare la capacità tecnica della macchina Leica.
In visita a questa esposizione gli appassionati di fotografia si sentiranno come dei bambini in un negozio di giocattoli o di caramelle.
Ci sono le immagini dei più grandi interpreti internazionali, che hanno fatto della Leica il proprio strumento creativo: dal bianco e nero di Robert Capa, Sebastiao Salgado o Henri Cartier-Bresson, al colore di Fred Herzog e Joel Meyerowitz. Tutto raccolto in 16 sezioni, che intrecciano cronologia e ordine tematico, una più entusiasmante dell’altra.
La mostra si apre con le teche contenenti modelli di Leica, con pannelli esplicativi molto utili al visitatore interessato agli aspetti tecnici della fotografia. Per i più curiosi c’è anche il registro su cui erano segnate le prime vendite della fotocamera Leica, a dimostrazione della sua rapida diffusione nel mondo.
Tutto è spiegato molto bene dai pannelli che introducono le varie sezioni e le foto più iconiche. Ma se dobbiamo trovare un difetto alla mostra sulla Leica è che le didascalie delle fotografie sono minuscole. Verso la fine, si tende a non provare neanche più a leggerle. Ma forse ciò è voluto, per indurre il visitatore a lasciarsi andare e guardare solo le immagini.
La Leica, arrivata sul mercato, era una nuova macchina fotografica che scattava un nuovo tipo di fotografie: consentiva di uscire in strada di corsa per immortalare un incidente appena visto dalla finestra di casa.
Rendeva possibili nuovi punti di vista: si poteva scattare finalmente dall’alto verso il basso, o viceversa, inginocchiandosi. Poiché montava lenti focali molto ristrette, dovevi essere molto vicino al soggetto per mettere a fuoco. Ciò imponeva un altro approccio, creava un’interazione maggiore con il soggetto. I francesi hanno riassunto tutti questi elementi nell’espressione “la gymnastique de le regard” (ginnastica dello sguardo), proprio perché il fotografo doveva muoversi tanto per scattare con una Leica.
Le foto in mostra al Vittoriano sono tutte bellissime prove di questa ginnastica. Molte hanno raccontato la storia. Qualcuna – ad esempio quella della bambina vietnamita nuda in fuga dall’attacco al napalm – ha contribuito a cambiarla. E meritano di essere guardate e riguardate più volte.
Come detto in conferenza stampa dalla Signora Karin Rehn-Kaufman, direttore generale delle Leica Galerien International, “le fotografie comunicano istantaneamente. Nei prossimi anni comunicheremo sempre di più con le immagini e sempre meno con le parole. Con una fotografia ci possiamo capire anche se parliamo lingue diverse (…) è bello constatare che ogni essere umano ha dentro di sé un archivio personale di immagini e di sogni (…)”.
Gli ideatori della mostra sul centenario della Leica vogliono dimostrare che la fotografia ha delle regole, anche quando è una vera e propria arte. La loro speranza è che il visitatore impari a guardare le fotografie “con gli occhi ben aperti” e diventi così un/a fotografo/a migliore.
Noi aggiungiamo che sarebbe bello uscire dalla mostra avendo capito – come fece il giovanissimo Gianni Berengo Gardin – che anche una macchina fotografica è un potenziale strumento di libertà e resistenza.
“Eyes wide-open, please” alla mostra “I Grandi maestri-110 anni di fotografia Leica”.
Stefania Fiducia