Storica dell’arte e guida turistica, Paola Guagliumi è una romana doc.
Crede vivamente che cultura e umorismo debbano andare a braccetto. Proprio per questo motivo, nel 2012, inventa un blog, che in pochissimo tempo diventa uno dei più cliccati del web. L’obiettivo è quello di coinvolgere un pubblico più ampio, dei non addetti al mestiere o dei super appassionati. Un pubblico dunque che davanti ad un’opera di arte contemporanea esclamerebbe: “Ma che è sta robba? La so fa pur’io!”. I tamarri, i coatti o – come li chiama lei – i truzzi sono il target di riferimento!
E come fare a coinvolgere un pubblico che apparentemente sembra così lontano dall’arte?
Attraverso la loro lingua. “L’arte spiegata ai truzzi” infatti è un blog in romanesco o meglio in romanaccio. Paola non usa il dialetto romano tipico di una volta bensì, la calata, lo slang. L’approccio è simpatico, leggero, ovviamente non nei contenuti ma solo nella comunicazione; una comunicazione semplice e chiara: “Il Vittoriano è na cofana che pare a pubbricità der detersivo, bianco che più bianco nun se po’”. Paola in pochi mesi diventa punto di riferimento di truzzi e non solo. Gli studenti di storia dell’arte che cercano opere sul web si sono imbattuti sul suo blog, amanti dell’arte antica e incuriositi dall’arte contemporanea e così via.
Criticata aspramente dai puristi del dialetto romano, “L’arte spiegato ai truzzi” diventa un blog audio. Sì, avete capito bene!
Ad ogni quadro corrisponde un audio, così nelle nostre pause caffè possiamo farci un po’ di cultura storica e artistica divertendoci! Ma chiediamo a lei più nel dettaglio da cosa è nata questa intuizione.
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Sei laureata in storia dell’arte e dopo aver insegnato hai iniziato a fare la guida turistica. Come è nata l’idea del blog “L’arte spiegata ai truzzi (nella loro lingua)” e soprattutto chi sono i truzzi?
L’idea è nata un po’ per gioco. Mentre ero alla National Gallery a Londra. Passeggiando nelle sale mi sono imbattuta in una scolaresca della mia città, Roma. Alcuni degli studenti erano praticamente sdraiati sui divanetti e visibilmente provati. Esprimevano nel dialettale idioma natio il fervente desiderio di “annassene, professorè”. Sappiamo che non è facile interessare questi giovani “truzzi” all’arte. E ho pensato: “Sarebbe possibile trovare un modo e un linguaggio per catturare la loro attenzione e accendere il loro interesse?”. E ho aperto questo blog, in cui spiegavo, in romanaccio ed in maniera breve e semplice, opere d’arte di varie epoche. Cercando di agganciarmi al vissuto di un pubblico truzzo ideale. “Truzzo” è parola italica, che si può declinare ragionevolmente in “coatto”, “zarro”, “tamarro” e così via.
Avresti mai pensato di ottenere tutto questo seguito?
Mai e poi mai. Il blog è diventato virale contro ogni mia previsione. È nata anche una pagina Facebook e ho creato perfino un canale Youtube di accompagnamento. Il successo mi ha preso alla sprovvista, ma ovviamente mi ha fatto piacere.
Essendo molto esposta sul web, hai mai riscontrato critiche proprio dai suddetti truzzi?
Non proprio. Credo che i truzzi davvero irriducibili non si prendano nemmeno la briga di criticare. Se qualcosa non li interessa la ignorano. Chi critica si sente comunque coinvolto, quindi si apre già un principio di dialogo. Ma non ci sono state così tante reazioni negative quante me ne sarei aspettata. La critica più aspra, ad esempio, è inaspettatamente venuta dai puristi del dialetto romanesco. Il mio romanaccio era stata una scelta strumentale.
Il centro del blog non era il dialetto romanesco. Ma alcuni poeti dialettali si sono scagliati contro questo mio linguaggio impuro, “sbajato”, che non rispettava le regole del romanesco codificato. Si dice “propio”! mi facevano notare: ma tu ascolti il ragazzino per strada, lui ormai dice “popo”, e io così trascrivo. Tuttavia non mi sono persa d’animo, anzi è stata l’occasione di riflettere, su questo mio uso e specialmente sulla grafia, che ho regolarizzato e uniformato proprio in seguito alle critiche ricevute.
La storia dell’arte è considerata una materia alta e molti critici sono soliti parlare con un linguaggio molto complicato e pieno di orpelli (a parer mio). Hai mai avuto l’occasione di confrontarti con loro? Cosa pensano del tuo modo di spiegare l’arte?
Per quanto ne so io, il mondo accademico non si è mostrato ostile al mio esperimento. Anzi, ho ricevuto manifestazioni di interesse e sostegno da istituzioni museali, critici, associazioni culturali. Credo che, se lo scopo è farsi capire e non farsi belli, il linguaggio che si usa deve essere sempre adeguato al destinatario del nostro discorso. Un linguaggio complesso e articolato è adatto e doveroso se chi ascolta è in grado di comprenderlo. Ma se abbiamo intenzione di parlare al truzzo, non possiamo parlare in modo aulico o ipertecnico, o avremo come unico risultato quello di perdere questo ascoltatore, forse per sempre. Se crediamo che anche il truzzo, o semplicemente la persona inesperta, abbia diritto a fruire di un bene così prezioso come l’arte, allora dobbiamo di necessità imparare a farci capire. Solo dopo aver costruito le fondamenta, possiamo pensare al tetto
Sapresti farci un esempio dell’artista che, a parer tuo, e il più truzzo e uno di uno che reputi invece il meno truzzo?
Ci sono stati artisti dallo stile di vita o dai comportamenti truzzi. Pensiamo a Caravaggio, il tipico ragazzo che non vorresti uscisse con tua figlia, per capirci. Ma questo non rende la sua arte meno sublime. Ci sono artisti che hanno avuto vite morigerate e una raffinatissima educazione. Altri che vengono dalla strada o che erano autodidatti, ma né l’unica condizione né l’altra garantiscono di per sé la bontà o meno dell’opera artistica. Poi ci sono gli artisti colti che vogliono tornare ad essere truzzi. I “primitivisti” che cercano di recuperare la spontaneità liberandosi dalle sovrastrutture culturali, e c’è da chiedersi se ciò sia davvero possibile. Ma forse l’arte in sé non è mai truzza, ossia se è truzza non è arte.
Quando hai aperto il blog, quale è stata la prima opera di cui hai parlato e perché hai scelto quella?
Ho scelto “La Deposizione” di Caravaggio dei Musei Vaticani. È un quadro molto potente e come primo approccio volevo presentare un artista e un tema in cui il truzzo potesse più facilmente riconoscersi. Gesù è raffigurato come uno qualunque, un poraccio “coi piedi zozzi” . La sua famiglia gli sta intorno, disperata su un fundo nero. È una scena che potrebbe svolgersi nella periferia romana, uno dei tanti “poveri Cristi” morto ammazzato.
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Successivamente al blog hai scritto un libro. Da cosa nasce questa necessità?
Ho un amore totale per i libri, quelli di carta. Quando Mimesis mi ha proposto di tirar fuori un libro dal blog ho accettato subito. Si tratta di una selezione di schede già uscite online, più qualche inedito. Lo considero l’incoronamento di questa esperienza durata sei anni. E’ stato anche un modo di portare questa esperienza verso un pubblico diverso, quello che entra più facilmente in libreria piuttosto che in un sito web.
Quando fai la guida turistica usi sempre il dialetto romanesco?
Mai. Anche perché lavoro con turisti di lingua inglese, in particolare americani. Uso il romaesco con parsimonia, come i piatti in una batteria. Ma il tono colloquiale, l’ironia, la chiarezza espositiva, la sintesi, l’attualizzazione per collegarsi al vissuto e alle precomprensioni di chi ascolta, sì, tutto questo resta e a questo tendo. In quasi vent’anni di professione ho visto che funziona.
Per carità, signora mia, a noi sto dialetto romanesco ce piace tanto, ma l’artri…cioè…e resto de l’Itaglia che pensa?
Hai ragione! Ho usato il romanesco perché sono romana. Perché volevo dare veridicità alla lingua, e anche perché, diciamocelo, “er romanaccio fa ride”. Però mi sono resa conto subito che leggere il romanesco non è facile. Questo non soltanto per i non romani, in quanto dialetto (o gergo) è lingua principalmente orale. D’altra parte mi piaceva l’idea di scrivere i testi (e non, ad esempio, di recitarli). Rispetto all’ascolto, la lettura è un’operazione che favorisce, anche nella sua relativa lentezza, la riflessione. Alla fine, tuttavia proprio per venire incontro alle difficoltà summenzionate, Ho creato il canale Youtube. Nei video l’immagine dell’opera è accompagnata dalla “lettura” delle spiegazioni relative, per cui l’audio si pone come sussidio alla lettura.
Quali sono i tuoi progetti futuri?
Chi lo sa. Scrivo sempre, ma per ora non c’è nulla di serio in pentola. Mi concentro sul mio lavoro di guida turistica a favore dei truzzi statunitensi. Ma non temete, prima o poi mi farò venire in mente qualche altra idea balzana e ci si rincontrerà in rete o in libreria.