Venerdì 30 ottobre la Galleria 28 a Piazza di Pietra in Roma ha inaugurato un suggestivo viaggio alla scoperta di “Michelangelo Antonioni pittore” con una mostra che sarà aperta al pubblico fino al 29 febbraio 2016.
L’allestimento ha come obiettivo quello di presentare al pubblico una versione inedita del regista, oscar alla carriera nel 1995, permettendo di immergersi nella sua personalità poliedrica e nella visione del mondo che lo ha accompagnato durante il corso di tutta la carriera artistica. All’interno troviamo una selezione di 40 tele dipinte durante gli ultimi anni dal creatore di Professione reporter, l’Eclisse, Il deserto rosso, La notte e tanti altri film che lo hanno consacrato sulla scena mondiale. I quadri, grazie alla vivace forza del colore, svelano un Antonioni nuovo, più esplosivo, rispetto al grande Maestro che si è distinto nel cinema per l’ermeticità dei suoi temi.
L’esposizione è curata dalla direttrice della Galleria, Francesca Anfosso, e dalla moglie di Michelangelo, Enrica Antonioni, in un luogo non casuale, ma molto amato dal regista. I quadri astratti e di diverse dimensioni mostrano l’ultima fase di un’attività artistica incessantemente dominata dalla ricerca della suggestione stilistica e dell’eleganza estetica.
Per capire più profondamente la sensibilità di Antonioni sono illuminanti le parole utilizzate dal grande Alberto Asor Rosa nel catalogo della mostra che scrive: “Dipingendo, dal suo silenzio ha voluto far emergere la sua voce: nitida, squillante, ricca d’infiniti colori e di molteplici forme, talvolta inquieta, ma altre volte persino allegra”. Difatti veniamo investiti dall’indomabile forza di un colore raggiante e vivace che si risolve in una dialettica di forma astratte confermando ancora una volta Michelangelo come un artista geniale in grado di coinvolgere il pubblico sia nel cinema che nella pittura.
Come ha spiegato la moglie del Maestro, scomparso nel 2007, nei suoi ultimi anni dopo la malattia Antonioni ha deciso di concentrare tutto il suo tempo lasciandosi assorbire completamente dal colore, dalla forma e dalla ricerca di ciò che annegava dentro se stesso. Per questo più volte ci si è riferito ai suoi quadri attraverso l’espressione di “silenzio a colori”, poiché l’astrazione espressiva raggiunta con la pittura è stata per lui uno strumento per scolpire un significato incomunicabile a parole.
Il suo silenzio ha trovato voce e concretezza nella vitalità dei colori comunicando vita e rumore.
La prima impressione che si ha ammirando le sue opere è sorprendentemente derivata dall’esplosione inattesa di queste tinte brillanti, le pareti sono dominate dal rosso, dal viola, dal giallo e dall’azzurro che si mescolano in un trionfo che può essere interpretato come un canto alla vitalità inaspettata di un regista impermeabile.
Martina Patrizi