A Osimo una mostra curata da Vittorio Sgarbi celebra Giorgio De Chirico con una rassegna tutta da vedere. Dipinti, sculture, fotografie, disegni per ripercorrere la carriera del pittore nativo di Volo.
Lo scorso 1 giugno nelle sale di Palazzo Campana a Osimo (AN) è stata inaugurata la mostra “Giorgio De Chirico e la Neometafisica”.
Curata da Vittorio Sgarbi questa rassegna, che si chiuderà il 4 novembre, ripercorre gli ultimi dieci anni, ma non solo, dell’attività artistica di uno dei più grandi pittori del secolo scorso: Giorgio De Chirico.
Il pittore, nativo di Volo (Grecia), oramai ottantenne sperimentò «nuove declinazioni creative, rielaborando i soggetti rappresentati lungo tutto il suo percorso artistico.»
Quei soggetti che De Chirico aveva realizzato, trovarono una nuova forma, colori più accesi, una veste pittorica più suggestiva, elementi che catturano inevitabilmente, l’attenzione degli osservatori, anche di quelli meno avvezzi al suo stile.
Nella Neometafisica lo spleen che abitualmente accompagna De Chirico, definendo i suoi celebri personaggi e spazi metafisici, lascia il posto al buon umore e a una sottile ironia.
I soggetti dei dipinti di questa nuova fase artistica sono alla fine sempre gli stessi; i celebri manichini, le piazze ampie e deserte, i famosi gladiatori ma inseriti in un contesto cromatico più lieto, decisamente empatico.
Le quinte di questi personaggi sono quindi meno drammatiche e malinconiche, con un accenno misterico meno evidente.
Proprio i gladiatori, uno dei soggetti più familiari per De Chirico, in questa fase neometafisica «acquistano all’interno della scatola-stanza le fattezze e le movenze di leggiadri ballerini.»
Emblematico è Il Ritorno al castello, del 1969, che rappresenta un punto di partenza di questa nuova e felicissima fase artistica di De Chirico.
In quest’opera un anonimo cavaliere «metonimica rappresentazione delle ombre dell’Ade, ritorna al castello avito illuminato da una lucente luna gialla.»
La mostra, ospitata in Palazzo Campana (celebre liceo dove studiarono Leone XII, Pio VIII o Aurelio Saffi), non ripercorre solamente gli ultimi anni della lunga e articolata carriera di De Chirico ma anche quelli precedenti.
Fra i dipinti esposti non mancano capolavori quali Bagnanti sopra una spiaggia del 1934, (opera in cui è ritratta Isabella Far seconda moglie del pittore); ma anche il celebre Autoritratto del 1957, l’enigmatico Triangolo metafisico (con guanto) del 1958 o il magnifico Le Muse inquietanti del 1950.
Una rassegna che esalta il genio di un artista unico nel suo genere che rifuggiva da ogni forma di inquadramento stilistico.
«Nessuno, in nessun momento, mi può costringere a dipingere in una maniera o nell’altra. Non esiste nessuna legge in proposito, continuerò a fare ciò che voglio, senza obblighi in assoluta libertà.»
Nella mostra emerge anche il particolare rapporto fra De Chirico e la Grecia, dove il pittore nacque e visse diciassette anni, diviso fra la natia Volo, in Tessaglia, e la capitale Atene.
La classicità nutrì De Chirico fin dalla nascita, non abbandonandolo mai.
Le leggende greche innervarono la sua formazione, riemergendo attraverso la metafora dell’arte che declinò in tutte le sue più svariate forme.
Emblematici i suoi celebri “archeologi” che «prendono forma da fattezze antropomorfe e che, a differenza dei loro cugini metafisici, imitano un dialogo misterioso attraverso arti umanizzati o in un abbraccio rivelatore di un risveglio dei sensi.»
Non solo dipinti ma anche disegni, sculture e fotografie che rendono un meritato tributo proprio nell’anno in cui ricorre il quarantennale della scomparsa del pittore che morì a Roma, il 20 novembre 1978
Una mostra davvero imperdibile che permette di avvicinarsi a un artista decisamente geniale.
Maurizio Carvigno
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