L’instabilità dell’esistenza nella mostra “Che ci faccio qui?”

instabilità

L’esistenza significa instabilità e questo vuole dire “CHE CI FACCIO QUI?”, mostra allestita presso il MLAC della Sapienza.

Instabilità, instabilità perenne e continua. La nostra vita è un andare su di un’altalena che non termina mai; si sale, si scende, si sale, si scende in continuazione. In poche parole, noi siamo instabili, la natura è instabile, il mondo è instabile. Ed è basata su quest’aspetto l’interessante mostra “CHE CI FACCIO QUI” curata da Fabrizio Pizzuto  ed allestita presso il Museo Laboratorio di Arte Contemporanea dell’Università degli Studi di Roma “La Sapienza” dal 15 novembre 2016 al 12 gennaio 2017, con le opere di: Andrea Aquilanti, Davide Dormino, Silvia Giambrone, Cesar Meneghetti e Marina Paris.

Appena entrato nella piccola sala del museo, i miei occhi sono stati subito catturati da Under Construction 11 e  Under Costruction 12 di Marina Paris, uno dei quali è nella foto di copertina ed un altro lo troverete qui. Due lunghi corridoi con dei calcinacci, due spazi in costruzione ma forse anche in distruzione, in totale abbandono. Erano due spazi costruito per essere vissuti o due spazi dove si è vissuto? Tutto sembrava bloccato, fermato nel tempo ed ecco che la mia mente ha ricollegato questi corridoi ai paesi fantasma del post terremoto, dove purtroppo anche lì la pendola del mondo ha suonato un’ora che ha fermato la vita. Ma nella vita bisogna vedere la luce in fondo del tunnel, e questi due corridoi rappresentavano la metafora della vita: percorrere il buio per arrivare alla luce.

Più avanti vi era un’installazione videoartistica di Cesar Meneghetti, dal titolo Beloved Ones 7. There is a future in our past. Il regista e videoartista brasiliano di origine italiana, rifacendosi molto alla corrente della video art nata tra gli anni ’60 e ’70 del XX secolo, ha messo una telecamera su di una spiaggia di un fiume e vi erano dei personaggi che non si comprendeva bene cosa stessero facendo. Guardavano l’acqua ed interagivano fra di loro. La telecamera li spiava, ne raccontava i segreti, come una sorta di Grande Fratello intellettuale, mentre ironica ed amara era l’installazione L’ipocrita: grandi funerali per il defunto principe di Davide Dormino. Un grande teschio di legno, quasi come a voler ricordare ai prepotenti e prevaricatori che la morte arriva per tutti.

Nell’altra parte della sala Silvia Giambrone ha esposto le sue Vertigo, immagini di oggetti visti dall’alto stampati su carta da pacco, dove l’instabilità regnava, quasi come se l’occhio indagatore stesse cadendo sugli oggetti con una magia e misticismo di morandiana memoria, mentre Nobody’s room era un’installazione con delle aste microfoniche che sostenevano oggetti per tagliare; sembravano volerci dire che le parole sono taglienti e pericolose. Chiudeva la mostra Andrea Aquilanti ed il suo Noi non siamo qui, un disegno su di un pannello elettronico che riproduceva la sala, che creava un effetto straniante.

In fondo siamo tutti un poco instabili, ed è questo quello che ci voleva dire questa mostra molto interessante.

 

Marco Rossi

@marco_rossi88

(Foto di Marco Rossi)

Storico dell'arte e guida turistica di Roma, sono sempre rimasto affascinato dalla bellezza, ed è per questo che ho deciso di studiare Storia dell'Arte all'Università. Nel tempo libero pratico la recitazione. Un anno fa incontrai per caso Alessia Pizzi ed il suo team e fu amore a prima vista e mi sono buttato nella strada del giornalismo. Mi occupo principalmente di recensioni di spettacoli e di mostre, concerti di musica classica e di opere liriche (le altre mie grandi passioni)

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