Quante e quanti di voi si sono dedicati al bricolage durante il lockdown? Chi non si è lasciato sedurre dalla possibilità di realizzare qualcosa di unico?
Ma ci sono artiste come Cristina De Siati che hanno fatto della creatività una ragione di vita. Naturalmente noi di CulturaMente l’abbiamo intervistata.
Cristina De Siati è una creativa romana che si è trasferita da qualche anno in Ortigia, l’antica Siracusa, dove si dedica appassionatamente alle sue creazioni. Accanto alle competenze informatiche che ha sviluppato dopo un lungo periodo di lavoro in una multinazionale americana, ha deciso di fare della sua passione la colonna sonora della sua vita, cimentandosi in attività apparentemente diverse ma legate tra di loro dall’irrefrenabile desiderio di dare vita al turbinio di idee che la perseguitano piacevolmente dall’età infantile.
Non c’è campo in cui Cristina non riesca ed eccellere: un Leonardo da Vinci contemporaneo che coniuga matematica e arte con una dimestichezza disarmante. Nella bottega di Cristina si fabbrica il sapone, si creano gioielli con i principi della cristalloterapia e della radionica, si realizzano straordinari lavori in macramè, scialli all’uncinetto, oggetti decorativi per la casa, persino opere di falegnameria, fino alle mascherine d’autore. Ma conosciamola più da vicino.
Cristina, le tue competenze nel mondo della decorazione e del craft sono poliedriche: come hai iniziato e qual è stato il tuo primo lavoro?
Ho iniziato fin da piccola. Mia madre mi insegnò a lavorare l’uncinetto a sei anni per fare i vestitini alla Barbie, poi da lì sono passata ai ferri e poi al cucito. La nostra era una famiglia numerosa e se volevi essere alla moda dovevi imparare a fare da sola, e quindi ho imparato a cucire. C’è da dire però che le cosiddette “arti femminili” sono nel dna della mia famiglia: mia nonna paterna, nata alla fine dell’800 era una sarta super rifinita, le mie zie sapevano tutte cucire e mi hanno insegnato tanti trucchetti; da parte di mia madre, invece, avevano altre caratteristiche. Ricordo, però, una zia a cui ho insegnato come ricavare i modelli dall’unico giornale del settore esistente all’epoca: Burda, che era tutto in tedesco…
Creare attraverso la manualità è la prima forma d’arte, le grandi opere nascono nelle botteghe rinascimentali e non solo. Si sta riscoprendo questo significato di Arte o rimane un divario intellettuale tra galleristi e artigiani?
Direi che il divario c’è, nonostante sia difficile segnare una linea di demarcazione netta tra le due cose. Credo che questa linea sia rappresentata dalla funzione di entrambi: l’artigiano viene spesso considerato semplice manovalanza con una finalità, generalmente, di tipo pratico, mentre il gallerista in un’opera ricerca la comunicazione di emozioni piuttosto che di messaggi ecc. Credo, però, che questa visione abbastanza miope stia cambiando grazie a sempre più artigiani “artisti” che creano oggetti in cui la bellezza estetico-artistica prevale sulla praticità e auspico che le gallerie se ne accorgano presto.
Quali sono le tecniche che preferisci? Le tue ultime creazioni in macramè sono splendide.
Sono un persona che fin da piccola ha amato sperimentare, ma con un approccio pragmatico, di studio. Mio marito amava sempre dire che “il genio arriva quando finisce la tecnica” ed io ne sono fermamente convinta. Non sono capace di prendere una cosa e trasformarla in una meraviglia da zero, devo prima studiare la tecnica e poi spingermi oltre. Per il momento adoro il macramè e mi sta dando molte soddisfazioni, ma prima di questo, e solo in termini temporali, mi sono dedicata al punchneedle. Ma anche qui, non mi sono limitata a fare ricami, ho fatto ritratti partendo da foto elaborate al computer, ridotto il numero di colori, scelto i particolari che mi intrigavano di più di un volto, per esempio, e poi a quel punto ho trasferito tutto su stoffa e punchato. Per rispondere alla tua prima domanda su quale tecnica preferisco posso dirti, con tutta sicurezza, che è sempre l’ultima di cui mi occupo…
Quanto tempo dedichi alla creatività in una giornata?
Direi parecchio, anzi diciamo che quando arriva l’ispirazione non esiste più il giorno e la notte finché non termino.
La tua è una vera e propria ricerca antropologica e spirituale; dagli alberi della vita realizzati con la cristalloterapia alla riscoperta delle tecniche antiche dell’intreccio dei fili, tutto sembra far parte di una ricerca interiore…
E’ proprio così. la mia parte spirituale è molto importante e cerco sempre di dare un senso a quello che faccio. Per me lavorare con le mani è come meditare, vengo assorbita completamente da quello che faccio, a volte al punto di non rendermi conto del tempo che passa o di non sentire il telefono che squilla. Amo questo mio modo di “vivificare” il lavoro manuale
Quali sono i tuoi prossimi progetti?
Anche se è ancora embrionale, c’è il progetto di esporre le mie creazioni durante delle sessioni di lettura di poesie. L’idea è di creare oggetti intrecciando fili così come si intrecciano le parole per creare una poesia. Spero di esserne all’altezza.
Lo sei, e siamo ammirati dalle tue creazioni. In un periodo come questo, dove la riscoperta del fare è stata una necessità e un piacere, Cristina si colloca a pieno titolo tra gli esperti del settore.
