Nell’aspro scontro tra PD e Movimento 5 Stelle, Virgilia Raggi è uscita vincente portandosi a casa oltre il 67% dei voti.
Virginia Raggi, da oggi e nella storia, per quanto concerne la Capitale è il primo sindaco del Movimento 5 stelle, il primo sindaco donna, nonché il più giovane. Se già, durante la campagna elettorale, qualcuno aveva avuto da ridire sul perché lei venisse chiamata LA Raggi, con l’articolo, mentre l’avversario solo Giachetti, con questa nomina si apre un dibattito linguistico che farà scatenare tutti i giornalisti italiani.
Tralasciando infatti eventuali commenti sulla gioia dei sostenitori, l’amarezza dei vinti e il terrore di chi non ha votato nessuno dei due, possiamo concentrarci su un dibattito linguistico, che per una volta può rivelarsi più soft di quello politico.
Le donne in questa epoca hanno acquisito nuove cariche mandando in tilt il codice linguistico, soprattutto quello dei media, che hanno iniziato ad attribuire loro la forma maschile dei titoli professionali, ad iniziare dal Governo Renzi:
ES: IL Ministro Boschi
La Ministra suona strano solo perché non siamo abituati a sentirlo dire. Lo ricorda
Cecilia Robustelli, scrittrice e docente italiana,
quando afferma
“Ciò che non si dice non esiste”. Sempre a lei e a
GiULiA sono rivolti i miei ringraziamenti per la guida
Donne, Grammatica e Media, un piccolo manuale di istruzioni davvero prezioso e innovativo, da cui trae spunto la mia riflessione.
Visto che la lingua italiana è morbida e ha la capacità di concordare nomi e aggettivi sia al femminile che al maschile, non dovremmo avere paura di dire
la Sindaca. Peccato che spesso i media hanno usato il femminile “sindaca” per essere ironici, come nel caso del
Corriere.it quando parlava di
Nathalie Kosciusko-Morizet. Qualcuno ha anche detto
la Signora Ministro, ma del resto quando mi sono laureata il Presidente della Commissione mi ha dichiarato
Signora Dottore… perché stupirsi? Pare che le cariche “istituzionali” siano unisex…
La Ministro, invece, resta l’esempio più agghiacciante perché non è proprio italiano a livello di concordanza grammaticale.
(Per ulteriori spiegazioni consultare il pdf del manuale, linkato nel titolo)
Tutti questi tentativi e le relative forme ibride proposte dai canali informativi sono solo il riflesso dell’incertezza in cui siamo piombati nel momento in cui abbiamo dovuto iniziare a parlare quotidianamente di donne importanti in Italia. Non c’è da vergognarsi se ci siamo sentiti un po’ a disagio coi termini, fa più paura pensare che solo oggi le condizioni storiche ci hanno concesso di porci il problema. Ma questa è un’altra questione. Non siamo qui a proporre soluzioni sul women empowerment nel mondo.
Possiamo stare sereni comunque, sindaco è un nome semplice: alla radice sindac– basta aggiungere la desinenza femminile –a.
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Il Post: è intelligente ma non si applica… |
La forma in -essa, seppur molto diffusa per le prime professioni che hanno intrapreso le donne, tipo professoressa (ma in alcuni manuali ho trovato anche l’orrendo medichessa), è considerata prettamente ironica e dunque è da evitare.
Se può confortarvi la desinenza femminile per la definizione delle professioni manda in crisi l’umanità dall’alba dei secoli. Basti ricordare che
Saffo, tra i 9 poeti lirici era definita “
La decima Musa“, perché il termine
poetessa in greco
non esisteva (una donna non poteva mica essere un genio letterario!). Lo troviamo per le prime volte nelle commedie, utilizzato con fine ironico, per deridere la donna (
Alessi,
poiètrian). Considerate che la poetessa di Lesbo è la prima voce femminile occidentale ed è vissuta nel VII secolo a.C: le prime attestazioni epigrafiche del termine
poetessa risalgono invece al III secolo a.C. e si riferiscono alle poetesse vaganti di età Ellenistica.
Ci sono voluti solo quattro secoli!
Fa molto male, quando si apprende questa dura genesi, scoprire inoltre che in italiano dovremmo dire la Poeta. Non si tratta di neologismi, abbrutimenti linguistici o di parole sbagliate/cacofoniche: questi termini al femminile ci suonano male a primo impatto perché non ci sono stati insegnati. Questo perché alle donne sono state precluse per secoli innumerevoli attività professionali (cuoca, maestra, infermiera, prostituta non hanno avuto di questi problemi…).
E’ interessante sottolineare come alcune persone (anche di sesso femminile) possano ritenere sindaco sessista perché retaggio della tradizione patriarcale, mentre altre ritengano sessista sindaca perché distingue uomo e donna nella carica istituzionale.
Ciò che mi preme sottolineare in questo dibattito è che la lingua si evolve con la società e ne è una delle estrinsecazioni maggiori, quindi anche noi dovremmo muoverci continuamente per non restare troppo indietro. (L’Accademia della Crusca conferma qui, mentre la Treccani è un po’ più morbida).
Insomma, Habemus Sindaca. Che ci piaccia o no.
(In tutti i sensi)
Alessia Pizzi
Un sentito ringraziamento al gruppo di Letteratura al Femminile per tutte le osservazioni fatte sul caso.
Molti di voi mi hanno interrogato su parole come guardia, spia, che hanno la desinenza in -a. Si tratta di parole ambigenere come spiega la Treccani. Non dovremmo dire guardio o spio, tranquilli!
Video sondaggio de La Repubblica qui.
Il commento di Michela Murgia qui
Bellissimo articolo. Vogliamo un mondo di sindache, ministre, deputate e assessore… Di qualsiasi partito siano!
Grazie Alessandra!!!! 😀
Cominciamo ad abituare bambine e bambini: http://www.casaeditricemammeonline.it/libri/la-grammatica-la-fa-la-differenza
Interessante, ce ne volete inviare una copia da recensire?
Tesi semplicistica. Tant'è vero che scommetto che nessuno di voi (uomini e donne) dice "vado dalla medica". Quasi nessuno sente "medico" come sessista, eppure lo è nello stesso identico modo.
Quindi dire che "sindaco è un nome semplice: alla radice sindac- basta aggiungere la desinenza femminile -a" non basta.
Se nessuno inizia a dare il "buon esempio" dicendo "la medica" continueremo a dire "il medico" per sempre 🙂 E così per mille altri nomi. Non è il genere grammaticale che alzerà gli stipendi delle donne e aumenterà la loro presenza nelle posizioni di vertice.
Il Women Empowerment non si basa sulla linguistica, è chiaro. Quant'è vero che la grammatica, pur essendo tanto semplice e lineare, sta facendo dubitare i più, che considerano "sindaca" cacofonico, un abbrutimento della lingua, un neologismo, ecc… Nessuno dice medica, ma qualcuno scrive sui manuali universitari medichessa… (era una donna l'autrice). Siamo sempre più confusi ed è legittimo in un periodo storico di passaggio come questo, ma almeno i media, che influenzano da sempre il lessico, dovrebbero avere un occhio di riguardo. La gente solitamente segue, si abitua, usa. Così la lingua resta viva e si adatta al contesto storico. Poi se vogliamo restare i soliti bacchettoni, ancorati al vecchio, siamo comunque liberi di farlo, ma il canale informativo non dovrebbe a mio avviso!