Il palco del teatro Eliseo di Roma ospiterà fino al 4 marzo Van Gogh. L’odore assordante del bianco. Il testo di Stefano Massini, diretto da Alessandro Massi e interpretato da Alessandro Preziosi, è vincitore del premio Tondelli 2005.
Vincent Van Gogh è uno degli artisti più importanti di tutti i tempi. Ogni giorno, davanti al museo a lui dedicato ad Amsterdam, si radunano interminabili file di turisti che pazientano diverse ore pur di vedere alcune delle sue opere. Ma ciò che affascina di questa figura non è solo la maniera di dipingere. La personalità stessa del pittore intriga storici dell’arte o semplici spettatori. Una personalità segnata in maniera ineluttabile da una malattia mentale, che ancora oggi non si è stati in grado di identificare, e da un male di vivere che lo spinse poi al suicidio.
Non sorprende che un uomo del genere sia diventato oggetto di attenzione da parte di altri artisti. In particolare modo, è stato oggetto di studio da parte del drammaturgo italiano Stefano Massini che a dedicato a lui una pièce teatrale, vincitrice del premio Tondelli nel 2005. La giuria ha in particolar modo menzionato la “scrittura limpida, tesa, di rara immediatezza drammatica, capace di restituire il tormento dei personaggi con feroce immediatezza espressiva”. Il testo di Massini torna in scena al teatro Eliseo di Roma fino al 4 marzo. A dirigerlo è Alessandro Massi, mentre l’interpretazione dell’artista è affidata al talentuoso e magnetico Alessandro Preziosi.
La scena si apre su una stanza dalle pareti bianche. Il pavimento è in pendenza. Un uomo vestito di bianco si rotola sul pavimento. A illuminarlo, un fascio di luce bianca.
Siamo all’interno del manicomio di Saint Paul dove Van Gogh fu rinchiuso nel 1889, l’anno prima della sua morte. È il trionfo del nulla, della monotonia. Un posto privo di stimoli, ma soprattutto privo di possibilità di migliorare. I “trattamenti” sono del tutto inefficaci e il dottore che dovrebbe occuparsi dei pazienti è un uomo preso da se stesso e inebriato dal potere della sua posizione. Van Gogh è solo. Senza più affetti, senza più i suoi quadri, senza più possibilità di distinguere che cosa è reale e che cosa non lo è. Un uomo che per tutta la vita ha vissuto lasciandosi penetrare dalla natura e dalle persone per fissarle sulla tela. Prigioniero dell’immaginazione, di una realtà vista con gli occhi dell’artista e trasfigurata in linee e colori che, pur allontanandosi dal realismo, ne colgono le sfumature più veritiere.
Fondamentale nella vita dell’artista, così come sulla scena è il fratello Theo.
A lui Vincent si rivolge per andar via dal manicomio, da tutto quel bianco. Ma importante sarà anche il confronto con il direttore dell’istituto che, per la prima volta, offrirà all’artista la possibilità di comprendersi. Perché è con se stesso che Van Gogh deve fare i conti. Con il suo essere artista che, se da una parte gli ha aperto nuove prospettive, dall’altra gli ha impedito di essere soltanto un uomo. È una dolorosa esperienza di sé, resa ancora più difficoltosa dall’impossibilità di credere ai propri sensi, a causa delle allucinazioni di cui soffre. Ma alla fine, l’unica cosa che può essere ritenuta vera e reale è proprio l’universo che il singolo costruisce.
Il regista Massi ha scritto che l’unica logica che vive nel testo è la logica della sinestesia.
Il titolo stesso è una sinestesia. “L’odore assordante del bianco”. In un’unica frase si fa riferimento a tre sensi diversi: l’olfatto, l’udito e la vista. I sensi sono il nostro punto di contatto con la realtà. Sono ciò che ci permette di conoscerla. Se smettono di essere affidabili, se si confondono tra di loro, non si può essere più certi di nulla. In Van Gogh, che da artista dovrebbe riprodurre il mondo sensoriale solo attraverso l’immagine, i sensi si mescolano. Non c’è più un mondo oggettivo, ma una serie di mondi possibili. E Massini e Massi portano lo spettatore dentro questi mondi. Il dialogo serrato che manda avanti l’azione mantiene viva l’attenzione di chi guarda, facendo perdere cognizione del tempo. Ci sono numerosi colpi di scena e si arriva al finale del tutto impreparati allo spegnimento delle luci.
Le musiche intensificano i momenti drammatici. Spesso accompagnano i lunghi monologhi di Van Gogh, creando un’atmosfera claustrofobica intorno all’artista che lo spettatore percepisce in maniera indiretta, ma non meno soffocante. Alle luci, invece, spetta di ricreare non solo quei colori luminosi e intensi che caratterizzano i quadri dell’artista, ma anche un gioco di luci e ombre che enfatizza il contrasto tra reale e irreale.
Preziosi è veramente bravo nel restituirci l’angoscia e l’inquietudini di un uomo che ha “spezzato il filo”, che sa di essere affetto da allucinazioni e che dovrà sempre chiedersi se le cose siano reali. Il suo Van Gogh è una bestia in gabbia (parla di “scimmie” in riferimento agli altri malati). Eppure non manca di logica o di una profonda consapevolezza di ciò che sente e di ciò che è. Tant’è che continua a dipingere e i suoi quadri restituiscono una visione puntuale e realistica della vita. Bravi anche i compagni di scena: Francesco Biscione, Massimo Nicolini e Roberto Manzi.
Uno spettacolo intenso ed emozionante.
Se amate i quadri del pittore olandese, non potete assolutamente perderlo. Ma Van Gogh. L’odore assordante del bianco è per tutti coloro che amano la natura umana. Per chi cerca di conoscerla. Per chi sa che è impossibile comprenderla, ma ne è comunque affascinato.
Federica Crisci