Tra il buio e l’orizzonte, si danza al Teatro Argot Studio

Due soli per un fine settimana dedicato alla danza al Teatro Argot Studio: “Moto Perpetuo – prima deviazione” di Anna Basti e “Horizon” di Manfredi Perego.

Un weekend dedicato alla giovane danza, purtroppo con non abbastanza spettatori, al Teatro Argot Studio, che dal 18 al 20 marzo ha ospitato i coreografi Anna Basti e Manfredi Perego. Due artisti molto diversi per formazione e strade di ricerca che hanno presentato al pubblico due lavori accomunati dalla brevità e dalla forma solistica; d’altronde, tra la scelta e la necessità, il panorama della danza italiana si riempie incessantemente di soli, lavori individuali per un unico performer, quasi sempre, come in questi casi, riconoscibile nel coreografo stesso. 
Moto perpetuo – prima deviazione di Anna Basti
Moto Perpetuo – prima deviazione di Anna Basti è un percorso che nasce tempo fa, presentando qualche timido accenno all’interno di DNAppunti Coreografici del REF 2013. Dopo due anni e mezzo si ripresenta, nella prima fase, immutato nella forma, ma certamente maturato nella qualità drammaturgica e nella sua forza visiva.
Buio. Il corpo della danzatrice emerge disarticolato e scomposto da sorgenti di luce che infrangono il denso vuoto creato dall’oscurità. È all’interno di questi “buchi” di luce, che prendono i tratti di vuoti d’aria nei quali nutrirsi, che ha inizio un movimento di membra, muscoli e ossa in un primo momento totalmente disumanizzante; importante lo sforzo necessario a comprendere che cosa si sta guardando. Lentamente l’occhio si abitua al buio, intravede (o forse immagina) segmenti di corpo che poco a poco arrivano a formare una figura umana. La performer prosegue in bilico tra la necessità di muoversi nella luce e l’impossibilità di venire allo scoperto. Una fonte di luce tersa e dai contorni indefiniti viene dall’alto, è il momento di lasciarsi bagnare completamente, non prima di qualche istante di timore, ed eccola: una persona.
I capelli sul viso sembrano un’ulteriore strato di protezione, un modo per continuare a nascondersi, ma il corpo ha preso vita. La luce sale, una luce calda e sempre più forte che le arriva dal fondo e colpisce lo spazio dello spettatore, che entra a far parte dello spazio scenico. Troppa luce. Il corpo, nuovamente, perde i suoi contorni e si lascia immergere, nel suo dinamismo continuo, da questa calda, forte e troppa luce. (guarda il promo della performance qui)
Horizon di Manfredi Perego
Ancora un inizio nel buio, anche se durerà solo pochi secondi, per Manfredi Perego, che dà il via ad Horizon con il rumore/soffio del suo corpo sonoro fatto di movimenti rapidi e invisibili.
Un’atmosfera vibrante e indefinita, dai colori di un timido tramonto, così come lo è quella creata da uno sguardo lontano verso una linea inesistente che divide il cielo dalla terra, uno sguardo che produce un paesaggio immaginario, profondamente connesso e vero nella percezione umana, nel quale potersi perdere lungo un viaggio emotivo interiore.
Un movimento che sembra non poter mai trovare una fine, caratterizzato da una forte presenza scenica del performer; palpabile la qualità dell’attenzione in ogni gesto, nella lentezza così come nella velocità che trasforma i contorni di movimenti lanciati nello spazio nel continuo ascolto di linee e direzioni invisibili. Inevitabile il collegamento ad una qualità cinetica che ricorda le arti marziali, disciplina che Perego ha praticato per diversi anni.
Horizon è una strada che porta ad un luogo dai contorni sfumati, interno ed esterno al tempo stesso, uno spazio e un tempo che non esiste se non per definizione, per scelta. Ed è il corpo a poter scegliere di entrarvi. (guarda il promo della performance qui)
Chiara Mattei

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