La COMPAGNIA TEATRALE I GUITTI presenta ROSMERSHOLM – IL GIOCO DELLA CONFESSIONE di Henrik Ibsen dal 24 al 29 ottobre 2017 al Teatro Argot Studio di Roma.
Riduzione Massimo Castri | regia Luca Micheletti | con Federica Fracassi e Luca Micheletti | Spettacolo con il patrocinio di Accademia di Norvegia | inserito all’interno della rassegna #DPBLACKMIRROR curata dai ragazzi under 25 di dominio pubblico.
Rebekka West (futuro oggetto dello studio di Freud e di Groddeck), donna nascostamente passionale e libera pensatrice apparente, prende servizio a casa del pastore Rosmer, espressione e vittima al contempo di un ordine aristocratico chiuso in se stesso, governato da ferree leggi morali e forse addirittura soprannaturali: “i bambini a Rosmersholm non ridono mai…”. Tra i due protagonisti nascerà un desiderio proibito e rimosso, che condurrà a conseguenze nefaste.
Note di regia
Rosmersholm è il dramma dell’inazione, del presente svuotato, dei fantasmi che vincono sui viventi; un horror in forma di seduta psicanalitica: forse il più palpitante “copione del terrore” uscito dalla penna di Ibsen.
Mentre stiamo sviluppando un progetto ibseniano che avrà come esito principale la messinscena di Peer Gynt (Suite n.1), arriviamo a esplorare Rosmersholm, animati da una peculiare attrazione per la sua oscura materia. Se nel giovane Ibsen la lotta per la ricerca di se stessi prende la forma esplicita di una cruda fantasia iniziatica e soprannaturale, un dramma della maturità come Rosmersholm inietta l’astrazione sottopelle, la confina nei sogni, anzi negli incubi di Rebekka e Rosmer: incarnazioni simboliche di due estremi opposti che finiscono per confondersi e annientarsi. Massimo Castri sintetizzò: “uno scontro tra due astrazioni che non tien conto del concreto storico (il capitalismo che produce da un lato repressione istintuale e dall’altro ideologia). Tra due astratti non può esserci dialettica. Non possono produrre che morte; e la loro tragedia è tale solo fino a un certo punto, è tragicommedia”. Abbiamo scelto di far rivivere il suo copione, rianimando il mostro bicefalo che aveva immaginato decenni fa, in un nuovo ring senza esclusione di colpi che è anche una camera di tortura delle parole.
“Fracassi e Micheletti realizzano un giusto equilibrio fantasmatico, con una tragicommedia macabra dove i destini s’abbinano, nell’eco del tonfo in acqua della fine. Centrando una chiave matura, pacata”.
– Rodolfo di Giammarco