Roma “senza veli” con gli artisti del Burlesque

Catapultiamoci in una gioia per gli occhi adatta agli appassionati, come ai nuovi arrivati.

Per provare qualcosa di diverso ed inaspettato, la nostra redazione ha voluto allargare i propri orizzonti culturali per includere la sensuale arte del Burlesque. L’occasione ci è stata offerta dalla terza edizione del Caput Mundi International Burlesque Award, svoltosi a Roma dal 6 all’8 novembre. La prima serata ha visto l’elezione della nuova papessa del Burlesque, ma la nostra redazione ha potuto partecipare solo al secondo appuntamento in programma. Qui le cose si complicano ed assumono un aspetto totalmente diverso. Non vi è più l’atmosfera del grande palco e le luci si riducono. Con un alone di mistero, giostrato da una divertita complicità, un luogo “segreto” diventa teatro di allettanti rivelazioni senza veli. È il Burly Speakeasy: una sala nascosta a via Veneto, che perderebbe di fascino a specificarne la posizione. In uno spazio ristretto e caldo, si raggruppano spettatori di ogni tipo, riccamente vestiti a tema e perfettamente a loro agio nella sensualità dei costumi e nella tensione dei ruoli. Sono luoghi intimi, estemporanei, secondo la tradizione dello Speakeasy. Una dimensione che arriva dall’America del proibizionismo e racconta di un posto di riunione dove tutto è concesso, purché fuori non se ne faccia parola. Allarghiamo allora questa suadente complicità, per descrivere ai nostri lettori la magia della serata.

Un’eleganza speciale dal gusto retro ammanta gli ambienti. Tutto merito della musica degli Sticky Bones, gruppo specializzato in jazz e sonorità americane del primo novecento. In particolare, la voce solista ci regala un canto evocativo, passionale e disinteressato, quasi senza sforzo nella vibrata potenza della voce. Abbiamo allora aspettato ed aspettato e più passava il tempo, più l’attesa si trasformava in una compagnia sensuale che anelava la comparsa degli artisti. Poi, al momento giusto, caricati dal desiderio di scoprire cosa si preparava ai nostri sensi, la presentatrice della serata ha fatto il suo ingresso. Sarebbe più corretto definirla la “Mistress” della cerimonia, nel suo costume circense e dispettoso: la travolgente Vibrissa, col suo assistente Azzurro Fumo. Così la dimensione che fin’ora si era espressa con la musica, interrompeva la nostra quotidianità con l’euforia dello Speakeasy. Roma cambiava aspetto ed ammiccava divertita.

Copyright Diego Fioravanti
Ecco Michelle L’Amour impegnata in una peculiare esibizione d’orchestra. Copyright Diego Fioravanti

Gli artisti si susseguono uno dopo l’altro nell’allegria dello spazio a loro riservato dalla massa di avventori. Ad aprire le danze è un ospite speciale, Russel Bruner, rappresentante per noi di un Burlesque al maschile, tra giacche e doppiopetto facili da sbottonare. Lontano dalle forme massicce di un uomo, segue la pure poesia di una figura sinuosa. Le sue piume parlano del fascino degli anni del jazz. Veli di seta si gonfiano dolcemente al roteare del corpo. Il suo nome d’arte è Mara De Nudée e la sua serenità ovattata stride col numero esuberante della lirica Simone The Boudoir. Continua così la divertita giostra di provocazioni sorridenti ed abiti volanti, in un contesto che a suo modo riesce a scacciare ogni volgarità col fascino calcolato e studiato di un codice professionale. Allora il particolare rapporto con la Bibbia di Miss Cool Cat è un’esuberante esplosione rossa e il corpetto di pietre verdi e rubini di Talulah Blue una scossa di bollente ritmo latino. Contrastato dalla sua carnagione è il senso onirico di un Latinoamerica immaginato da bambini, spezzato dalla forza erotica di un nudo atletico. A concludere la complicità di artisti dai corpi fatali è l’esibizione d’orchestra di Michelle L’Amour. Una rapida occhiata nel web potrà colmare la curiosità dei lettori decisi a lasciare la dolcezza delle lettere per la parola delle immagini.

Che dire. Senza un sipario da far calare, nel calore assuefante dello Speakeasy si spezzano i pesi delle convenzioni. Il ruolo e l’abito, per una volta, diventano un gioco sapientemente architettato, fra le piume di un costume ed un guanto gettato.
Gabriele Di Donfrancesco
Nato a Roma nel 1995 da famiglia italo-guatemalteca, è un cittadino di questo mondo che studia Lingue e Lettere Straniere alla Sapienza. Si è diplomato al liceo classico Aristofane ed ama la cosa pubblica. Vorrebbe aver letto tutto e aspira un giorno ad essere sintetico. Tra le sue passioni troviamo il riciclo, le belle persone, la buona musica, i viaggi low cost, il teatro d'avanguardia e la coerenza.

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