L’ossessione delle mele e il male dei Pollini al Fringe Festival

Pollini
L'ossessione delle mele e il male dei Pollini al Fringe Festival

L’amore e il sesso non sono mai perfetti: Pollini mostra con leggerezza l’imperfezione e l’insicurezza

​Roma, Villa Mercede || Dopo un Fallisci Facile dignitoso ma pieno di storture, andato in scena questo giugno a Dominio Pubblico, Alessia Giovanna Matrisciano non si arrende e con forza torna con un lavoro molto maturo. Parliamo di Pollini, ospitato nel corso del Roma Fringe Festival dal 30 agosto al 1 settembre 2017.

Perversioni innocenti

Ritroviamo in Pollini i temi ricorrenti del lavoro di Matrisciano: rapporti di coppia pregni di insicurezza, l’opposizione di genere svuotata e trasformata come riflesso a specchio, le sigarette e la colpa del mangiare.

I suoi personaggi sono acerbi, dalla sessualità tenera repressa talvolta nel nervosismo autolesionista, talvolta in perversioni innocenti, vissute come una colpa e un mistero.

Così in Pollini un ragazzo e una ragazza si conoscono eppure non si conoscono. L’uno non ricorda l’altro e il sesso è liberazione, separazione, dimenticanza. Come i Pollini in primavera, può essere letale.

Dolcemente imbranato

Costantemente in scena entrambi, si alternano tra dialoghi conflittuali carichi di un simbolismo emotivo e monologhi sciolti nel flusso di coscienza, procedenti per gradi fino alla rivelazione più intima. Tutto è leggero, quasi un gioco: comico e malinconico, ma anche dolcemente imbranato.

Non sono nemmeno un kiwi peloso

Lei si perde in costrutti post-femministi risolti in un assunto semplice: “io non sono una donna soprattutto perché non sono bella. […] non sembro un frutto, nemmeno un kiwi peloso…” La sua ossessione sono le mele, l’oggetto del desiderio maschile: le tette. La mela è la femminilità che lei non ritrova, senza sapere che lui invece la vede e anzi ne è intimidito, come un verme nel frutto. Entrambi sono dispettosi, incomprensibili l’uno all’altro, una parata dell’ego insicuro di ciascuno. Se ne stanno con una scatola in testa, pinne ai piedi, distesi sul palco, a dire cose che fanno sorridere spiazzando.

Con il cambio di cast rispetto all’anteprima a Pillole al Teatro Studio Uno di giugno, Pollini è uno spettacolo piacevolissimo. L’interpretazione di Guglielmi è colorata ed esplosiva, singolare la sua gestualità, mentre Ilaria Giorgi sceglie di vivere il personaggio con una dolcezza più soave, ma birbante.

Matrisciano ha costruito qualcosa di essenziale con cui si crea subito un bel legame di empatia. Crescono chiarezza e coerenza, anche se la naturale inesperienza di attori e regia dilata ancora il ritmo.

Gabriele Di Donfrancesco

@GabriDDC

Nato a Roma nel 1995 da famiglia italo-guatemalteca, è un cittadino di questo mondo che studia Lingue e Lettere Straniere alla Sapienza. Si è diplomato al liceo classico Aristofane ed ama la cosa pubblica. Vorrebbe aver letto tutto e aspira un giorno ad essere sintetico. Tra le sue passioni troviamo il riciclo, le belle persone, la buona musica, i viaggi low cost, il teatro d'avanguardia e la coerenza.

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