Nudi e Crudi: all’Ambra Jovinelli una commedia dolceamara

Dal 28 gennaio al 7 febbraio, all’Ambra Jovinelli, sarà in scena Nudi e Credi, tratto dall’omonimo romanzo di Alan Bennet: protagonisti assoluti due mattatori indimenticabili, Maria Amelia Monti e Paolo Calabresi.

Brutta sorpresa per i coniugi Ransone, una volta tornati a casa dall’opera dove sono stati a sentire Così fan tutte di Mozart: appartamento svaligiato. Anzi, no. Non svaligiato. Completamente ripulito: dalla cucina al salotto, dagli elettrodomestici all’impianto stereo preziosissimo di Maurice Ransome, tutto sembra svanito nel nulla. Così, la coppia si ritrova catapultata in una spiacevole disavventura che però, stranamente, sembra entusiasmare Rosemary. Di punto in bianco bisogna riorganizzare una casa e, di conseguenza, una vita.  Con esiti imprevedibili, divertenti, e, alla fine, malinconici.
I coniugi Ransome sono una di quelle coppie che fa sorridere: avvocato tutto d’un pezzo, Maurice nutre una sincera passione per Mozart; nei confronti di sua moglie ha poca pazienza e la routine non ha fatto che peggiorare un carattere che già di suo è poco incline all’imprevedibilità. Rosemary, di contro, è una casalinga mite e tenera, affezionata alla burberità del marito, che con assoluto disincanto vive giornate tutte uguali. 
Una coppia bene assortita, si direbbe. Di quelle che tutti, nella vita, conoscono, e di cui si finisce quasi per invidiare quei giorni e quelle nuvole di attimi vissuti ciascuno accanto all’altro. 
La coppia Ransome è fatta di piccoli rituali che solo trentadue anni di vita insieme possono costruire: l’opera il sabato sera, i due bagni del signor Ransome quando torna a casa dal lavoro (uno prima di cena e uno in Mozart dopo cena, per lasciarsi “ripulire delle sozzure che aveva dovuto sopportare tutto il giorno al lavoro”), i piccoli crucci della signora Ransome sulla giusta temperatura in forno per gli sformati (meglio farli cuocere a 170° o 180°? E questo pensiero era riuscita a distrarla proprio la sera del Così fan tutte): piccole quotidianità che fanno sorridere. E cosa succede, se poi, all’improvviso, qualche evento disgraziato fa precipitare il tutto nella novità?
Così, Maurice finisce per indispettirsi sempre di più, mentre Rosemary sembra trovare una nuova vitalità, un nuovo brio.

Nudi e Crudi non nasce commedia (la traduzione e l’adattamento si devono a Edoardo Erba) ma piccolo gioiello in prosa di Alan Bennett che, da una situazione apparentemente surreale (come solo può essere un appartamento completamente ripulito, lo abbiamo già detto, dai lampadari alle prese di corrente), arriva ad indagare cosa può succedere all’interno di una coppia consolidata e, forse, anche un po’ avvizzita dopo anni di convivenza (o tacita sopportazione). 
Maria Amelia Monti incarna perfettamente la tenera ingenuità di Rosemary, enfatizzando a dovere esternazioni e meraviglie per una situazione del tutto nuova; Paolo Calabresi convince e diverte, interpretando a dovere la parte dell’ombroso e pomposo Maurice. 
Se la prima parte della commedia, brillantemente diretta da Serena Sinigaglia convince meno (non arriva ad annoiare ma sono ben pochi gli sprazzi di brio che funzionano), nella seconda le doti comiche dei due attori esplodono alla grande, riuscendo a divertire, a fare pensare e anche a commuovere.  Perché Nudi e Crudi, alla fine, non può che lasciare un dolce amarezza, una malinconia di fondo in cui, inevitabilmente, è possibile arrivare a riconoscersi: la presa di coscienza di una nuova primavera della giovinezza, da parte della signora Ransome, così inspiegabile agli occhi di suo marito, è davvero possibile se solo si ha il coraggio di fare quel piccolo passo in più dalla monotonia di cento giorni tutti uguali, uno appresso all’altro. E’ la scelta di fare colazione nel bar sotto casa, di leggere un giornale mai letto prima, di accendere la televisione e guardare quei programmi del primo pomeriggio mai visti perché considerati contenutisticamente troppo esagerati:
Parlavano di «preliminari» e «orgasmi multipli», di «consapevolezza profonda» e del «bambino che è in noi». Era un linguaggio fatto di confessioni e di esuberanti dichiarazioni di affetto. «Ti sento molto» si dicevano, dandosi a vicenda un colpetto sulla mano. «Sono in contatto con te.”

Da qui, proprio da qui, Rosemary sembra risvegliarsi da un torpore che l’ha resa per troppi anni moglie e non più donna, pazientando, sopportando, attutendo quegli impulsi, quelle passioni che non hanno età. Così, nel bacio del vicino di casa, giovane e aitante, Rosemary si perde e torna alla vita. Ma la sua trasformazione – è evidente – è già avvenuta: nel momento stesso in cui si è accorta che il furto incredibile di tutta la mobilia del loro appartamento più che sconvolgerla le ha dato una nuova possibilità di reinventarsi, di conoscere, di parlare, di vivere. 
Tutto questo risulta incomprensibile a Maurice Ransome, chiuso nella granitica convinzione che le novità sono scocciature e che il ménage famigliare vada bene così com’è. Salvo poi, ascoltando di nascosto la registrazione incauta di una coppia di giovani amanti (e qui nulla più sveliamo per non spoilerare la trama), arrivare a chiedersi come possano, due persone, amarsi in modo così intenso, così passionale: 
Per quanto lo mettesse, quel nastro non finiva mai di sbalordirlo: che due esseri umani potessero darsi così completamente e senza riserve l’uno all’altra e al momento presente andava oltre le sue capacità di comprensione, gli sembrava un miracolo.”
Una domanda che Rosemary si è già posta e che ha già capito: comunicare, toccarsi, questo è sempre mancato nel loro rapporto. E, dolcissima e straziante, è l’ultima scena, emblematica, fortissima, dove la signora Ransome confessa di avere sempre saputo, capito, sopportato, i vizietti del marito e che sarebbe bastato semplicemente cercarsi e parlarsi. 
Ma c’è ancora tempo, è la tenera speranza di lei: 

Impareremo a parlare insieme; noi non ci siamo mai dati delle carezze, Maurice. In futuro dovremo farlo sempre.”

Solo scavalcando, letteralmente, il palcoscenico della propria vita, è possibile ricominciare: e Rosemary Ransome ci ha appena suggerito che, effettivamente, non è mai troppo tardi per farlo. 
Chiara Amati

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