Lo Spirito Allegro (ma non troppo) di Leo Gullotta

All’Ambra Jovinelli, fino al 10 gennaio, è in scena Spirito Allegro, la pièce teatrale di Noel Coward che vede protagonista uno degli attori più significativi del teatro italiano: Leo Gullotta.

Cominciamo col dire che Leo Gullotta emoziona, e molto: malgrado la sua assenza da qualche anno da cinema e televisione, appena si alza il sipario e fa la sua entrata in scena tutto il pubblico applaude entusiasta per diversi minuti. E il nostro attore, con lo charme che lo contraddistingue da sempre, ringrazia con un sorriso e con un leggero inchino, prima di dare vita ad uno spettacolo che però, a dispetto del nome, di allegro ha ben poco. 
Non basta, per Spirito Allegro, regia Fabio Grossi, l’apprezzata interpretazione di Leo Gullotta: non basta la sua presenza a giustificare una commedia che non decolla e convince poco malgrado la trama accattivante. 
Charles (Gullotta), un famoso scrittore inglese, vedovo da sette anni e risposatosi con la noiosa Ruth (Federica Bern), decide di invitare per una seduta spiritica la poco convincente medium Madame Arcati (Betti Pedrazzi), con il solo scopo di farne materiale per un nuovo libro. Quando quest’ultima evocherà per sbaglio la prima moglie di Charles, la frizzante Elvira (Valentina Gristina), l’uomo si troverà inevitabilmente conteso tra le due donne.
Leo Gullotta 
Spirito Allegro di Noel Coward andò in scena per la prima volta nel 1941 al Piccadilly Theatre di Londra, nel pieno della seconda guerra mondiale: due ore di evasione per far dimenticare, quanto più possibile, gli orrori che, intanto, stavano dilaniando mezzo mondo. Questo era l’intento dell’autore e il successo della sua commedia “nera” fu decretato da ben 1997 repliche, malgrado i duri attacchi della critica dell’epoca vista la dissacrazione di un tema delicato come la morte (a maggior ragione se si tiene conto del momento infelice in cui Spirito Allegro venne scritto e rappresentato). 
Il soprannaturale è sempre stato un argomento spinoso, ben venga quindi, che Noel Coward abbia deciso di ricamarci sopra una brillante commedia degli equivoci. Ben venga che, settantaquattro anni dopo, si senta ancora la voglia e l’esigenza di assistere ad uno spettacolo che fonde il miglior humour britannico alle piacevoli atmosfere inglesi degli anni quaranta; ben venga l’inventiva con la quale il regista abbia deciso di raccontare il soprannaturale, avvalendosi di una serie di espedienti scenici davvero azzeccati che certo hanno contribuito alla spettacolarizzazione dei momenti più divertenti (davvero pochi, in realtà). Ma tutto questo non basta per la riuscita completa di Spirito Allegro. Oltre alla già citata e apprezzata performance di Leo Gullotta, sulla quale non si deve nutrire il benché minimo dubbio, il resto del cast risulta un tantino sopra le righe o non perfettamente calato nella propria parte e, sebbene vi siano stati guizzi di divertente ilarità, tutto questo non è sufficiente, a mio avviso, a risollevare le sorti di una commedia a tratti noiosa e dispersiva. 
Non è mai facile recensire uno spettacolo che non è piaciuto: non si vuole essere troppo ingiusti (non è mai facile essere attori o registi) o troppo superficiali. Però, in una recensione, non si può nemmeno scrivere di cose che non si sono viste o che sono mancate: in questo senso, Spirito Allegro difetta di quella brillantezza che ci si aspetterebbe, di vivacità dei dialoghi che tanto sarebbe servita. Pure, se non si vuole rinunciare a due ore di teatro leggero e non impegnativo, se ci si vuole distrarre con una commedia a tratti briosa e che un sorriso, malgrado tutto, riesce a strapparlo, con un cast di attori tutto sommato all’altezza (se anche non pienamente convincenti), se, da ultimo, si vuole assistere alla performance piacevole di Leo Gullotta (alla quale ho guardato con un po’ di magone perché, malgrado il ruolo vivace, una parvenza di malinconia vien sempre fuori), allora Spirito Allegro può e deve essere consigliato; con l’unica, inevitabile avvertenza di non aspettarsi troppo. 
Chiara Amati

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