Les Ballets Jazz de Montréal da standing ovation al Brancaccio

Appuntamento infrasettimanale al Brancaccio che, dopo il successo ottenuto con lo spettacolo Moulin Rouge – The Ballet, propone al pubblico capitolino un’altra compagnia canadese: Les Ballets Jazz de Montréal (BJM). Tre i lavori portati in scena martedì 17 novembre, con unica replica mercoledì 18, ognuno idoneo a sintetizzare la natura versatile e virtuosistica di questa storica compagnia, fondata nel 1972.

La serata si apre con Mono Lisa, creazione di rara e raffinata bellezza del coreografo israeliano Itzik Galili. A Céline Cassone e Alexander Hille è affidato l’arduo compito di eseguire un pas de deux tra i più impegnativi del repertorio moderno, capace di fondere insieme elementi classici e contemporanei. In questo incontro-scontro tra i due, i suoni generati dalle macchine da scrivere diventano guida e input per un disegno coreografico che è contemporaneamente dinamico ed elegante, danzato dai due interpreti continuamente in bilico tra sfida e seduzione.
Mono Lisa

Segue subito dopo Kosmos, del coreografo greco Andonis Foniadakis, pezzo connotato da una straordinaria energia che sprizza dai corpi dei quattordici danzatori, impeccabili nella loro esecuzione fluida e potente. Centro focale della creazione è l’esistenza umana: evidente è, infatti, la frenesia tipica dei nostri tempi rintracciabile sia a livello musicale, sia a livello coreutico, attraverso un movimento dapprima convulso e sincopato, che procede a canone, per poi distendersi divenendo più morbido e respirato. Il risultato è di grande effetto, merito di un’impressionante forza corporea che pian piano tende a scemare guidando lo spettatore verso una sorta di riconciliazione, una pace dei sensi, che si risolve in un unico, grande abbraccio
Harry

È infine Harry a chiudere la serata, salutando il pubblico sulle note di “Danke schön” di Wayne Newton. Creato dal coreografo israelo-americano Barak Marshall, Harry si ispira ai conflitti interiori, propri delle interazioni umane. “La vita – ha, infatti, dichiarato Marshallè una lotta continua nella quale siamo costantemente di fronte a conflitti per quanto riguarda la cultura, il sesso, la specie.” È dunque proprio di questi conflitti che Harry ci parla, ricordando a tratti il Tanztheater di Pina Bausch grazie ad un mix che unisce la danza al jazz, alle canzoni popolari israeliane, alla musica tradizionale e a pezzi puramente recitati. Un finale da gustare a “cuor leggero”, fortemente intriso di speranza e umorismo, che evidenzia il gesto coreografico in tutta la sua potenza, mettendone in mostra le straordinarie e infinite capacità pantomimiche e narrative.
Kosmos

Francesca Pantaleo

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