“Le faremo sapere” e l’omaggio al poliziesco italiano

Le faremo sapere: tra rifiuti, ricostruzioni, esperienze e polizieschi violenti degli anni ’70.

Il 2 ed il 3 aprile è andato in scena nel piccolo Teatro Planet di Roma lo spettacolo Le faremo sapere, ospite della rassegna DOIT e quindi non gareggiante nel concorso. L’allestimento, di e con Massimo Mirani, regia di Daria Veronese, è un ritorno sulla scena romana del duo, conosciuto per il recente spettacolo dedicato a Pasolini, “Non per vantarmi, ma avevo capito tutto”, rappresentato l’ultima volta il 9 maggio 2015 al Teatro Due, durante la prima edizione del DOIT, e finalista al Roma Fringe Festival 2014. Alla fine dello spettacolo, Miriam Comito ha condotto il dibattito.
© Walter Mirabile
Mirani durante lo spettacolo – Copyright Walter Mirabile
Questa volta Mirani mette in scena un’autobiografia romanzata in gran parte riferita a se stesso, distorta quel tanto che basta ad evitare un monologo esageratamente autoreferenziale. Si potrebbe parlare di un tentativo di trasmissione delle esperienze di una vita. Come spiega lo stesso Mirani, lo spettacolo voleva fornire un esempio di esistenza che non si fosse mai arresa di fronte alle occasioni negate: dalla scuola teatrale al teatro d’avanguardia anni ’70; dai provini Rai ai polizieschi e poi di nuovo alla televisione e al teatro. Questo messaggio è contrapposto a quello che, a detta dell’autore, è stato un tema portante di gran parte della rassegna del DOIT: la mancanza di lavoro e la disperazione di fronte al muro sociale e generazionale che essa crea. Mirani voleva dare un segnale, come a dire di non arrendersi.
Articolato come monologo, “Le faremo sapere” non vede espedienti scenografici degni di nota: solo un uomo in una stanza, che parla e si tuffa nei ricordi, per mimarli al pubblico. Il ritmo è pacato, semplice: è in tutto e per tutto la condivisione di un’esperienza, riesaminata a distanza di tempo, quando la passione che l’ha attraversata è stata già soppesata, considerata e tramutata in pensiero. La storia di un uomo che decide di essere attore e si ricostruisce ad ogni rifiuto, senza mai perdere l’occasione di lavorare: umiltà, rispetto, umanità. A colpire è il traguardo che chiude lo spettacolo: Mirani entra a far parte del cinema poliziesco degli anni ’70. Quello che oggi è considerato cult.
Così come esiste un teatro italiano scomparso, esiste un cinema italiano vissuto e poi svanito. Ve ne sono tanti, in realtà: tanti filoni teatrali e tanti cinematografici, persino televisivi. Insomma, se è vero che il passato debba esaurirsi per dar vita al presente, ci sono casi in cui il passaggio del testimone non è immediato ed è seguito da uno iato abbastanza lungo. È questo quanto è accaduto al cinema “poliziottesco” italiano, fenomeno degli anni ’70: inseguimenti rocamboleschi con protezioni ridotte al minimo; incidenti d’auto tutt’altro che simulati; spaccati di anni violenti, fra attori stuntman e stuntman attori. E i titoli: “Milano violenta”; “Sbirro, la tua legge è lenta… la mia… no!”, per citarne alcuni in cui lo stesso Mirani ha lavorato. Film polizieschi, con figure oscure della malavita e altrettanto sfumate della legge: una creatività che sperimentava nelle riprese e nelle tecniche, pur disponendo di budget limitati, e che riscosse a suo tempo grande successo. Proprio questo assecondò il pregiudizio dei suoi contemporanei, che lo considerarono un cinema popolare e senza valore artistico. Erano però film che competevano con i lavori americani, dotati di una propria originalità e destinati a diventare di culto come lo sono oggi.  Di fatto lo spettacolo intero, con la sua narrazione autobiografica, è un grande omaggio a quel momento creativo. Lo celebra con rimandi specifici, ammiccando ad un racconto ben più vasto, che pure è interrotto prima di guadagnare respiro.
Le faremo sapere” è, a detta di Mirani, l’esempio di un uomo che non si arrende e di rifiuto in rifiuto riesce a costruire una carriera; il suo finale cattura oltremodo l’attenzione.


Gabriele Di Donfrancesco

Nato a Roma nel 1995 da famiglia italo-guatemalteca, è un cittadino di questo mondo che studia Lingue e Lettere Straniere alla Sapienza. Si è diplomato al liceo classico Aristofane ed ama la cosa pubblica. Vorrebbe aver letto tutto e aspira un giorno ad essere sintetico. Tra le sue passioni troviamo il riciclo, le belle persone, la buona musica, i viaggi low cost, il teatro d'avanguardia e la coerenza.

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