La verità è profezia di sangue con Cassandra

Con questo racconto io vado nella morte…” Il mito dà voce a passato, presente e futuro.

Cassandra è uno spettacolo realizzato dal Gruppo della Creta, andato in scena al Teatro Patologico di Roma dal 13 al 15 maggio 2016, con Laura Pannia, Enea Chisci e Alessandro Di Murro, regista; aiuto regia Cristiano Demurtas. Il lavoro partecipa alla XXV edizione del Festival Upside Down.
Gruppo della Creta - Laura Pannia
Se il mondo vi odia, sappiate che prima ha odiato me.” Foto di Angelo Cricchi – Lost and Found Studio
Il Gruppo della Creta nasce nel 2015 da giovani attori diplomati alla Nuova Accademia Internazionale di Arte Drammatica del Teatro Quirinetta di Roma, scuola sotto la direzione artistica di Alvaro Piccardi. Il nome del gruppo si ispira all’idea di una forma in divenire, come appunto la creta, che non si cristallizza e si fa costantemente rimodellare. Questo era il concetto alla base di un esercizio che Vittorio Gassmann faceva fare ai propri allievi. Collaborando nell’ambito del teatro sociale, il Gruppo è entrato in contatto con Dario D’Ambrosi, il creatore del Teatro Patologico e di una forma di teatro della follia.
Quella di D’Ambrosi è, come egli stesso ha definito, una rivoluzione in campo teatrale e terapeutico unica al mondo: il Teatro Integrato dell’emozione, che incontra le disabilità mentali e le trasforma in un tuffo nella linfa vitale del teatro stesso. L’idea nasce alla fine degli anni 70’ dall’incontro di D’Ambrosi con Ellen Stewart, celebre avanguardista e fondatrice del teatro newyorchese del Cafè La MaMa. Il Teatro Patologico come struttura stabile apre le porte nel 2009 in via Cassia 472, riscattando dall’abbandono quello che la stessa Ellen Stewart, in una sua visita pochi anni prima della scomparsa, descriverà come un posto carico delle energie dei luoghi dove passa la storia. Qui nasce la Prima Scuola Europea di Formazione Teatrale per ragazzi disabili psichici. D’Ambrosi è noto recentemente per il suo ruolo di ispettore Canton in Romanzo Criminale tra il 2008 e il 2010.
Tornando dopo questa breve parentesi al nostro spettacolo, Cassandra unisce brani dall’Agamennone di Eschilo, dal romanzo Cassandra di Christa Wolf, dai Notturni di D’Annunzio, da Monologo per Cassandra, poesia di Wislawa Szymborska e dalle profezie di Giovanni Evangelista.
Cassandra è la troiana veggente: è la figlia di Priamo che ha visto, perché così voleva il dio, il luminoso Apollo, e ha predetto la fine della rocca proprio perché nessuno le credesse. Agamennone l’ha portata schiava a Micene e Cassandra ha visto la morte del re, ma lui non l’ha ascoltata e del sangue di entrambi, per mano della moglie, si sono macchiate le pietre del palazzo reale. Questo è il mito della prescelta del dio. Eppure Cassandra, lo spettacolo, è solo in parte questa storia. Dall’incontro dei testi di epoche diverse, una crasi elaborata da Di Murro e Chisci, emerge un presente eterno, privo di epoca d’appartenenza. Un Qualcosa che fende lo spazio ed il tempo è fa sgorgare dalle labbra tremanti della donna il respiro dell’umanità offesa. Allora ecco che da Cassandra come un farmaco greco, veleno e cura al tempo stesso, viene somministrata la verità che non ha senso nascondere: quella che fa di Priamo un vecchio stolto e di Paride un travestito egoista, che ha portato a Troia una donna che non esiste, che non può esistere. Non può, come non può esserci la donna più bella del mondo, se non come astrazione e follia collettiva, come bugia usata per proteggere chissà quale altra offesa sacrilega. Allora Paride cosa ha portato a Troia? La guerra è un mero gioco politico o soltanto la necessità di difendere l’onore, un onore troiano che sa di Calabria e mafia? Le domande diventano delle risposte a cui si attribuisce per convenienza un tono interrogativo e ci raccontano di come il nostro tempo sia come Cassandra: non può nascondere nulla.
Gruppo della Creta
Solamente ai profeti inascoltati è permesso di vedere cose simili.” La scenografia all’inizio dello spettacolo, prima che la sua semplicità si animasse di stupore.
L’eco della disperazione di Cassandra rimbomba per la scenografia di Bruna Sdao. Sono rotoli di plastica posati su ogni superficie: sui muri, sul pavimento, issati a mo’ di tende. Sono sparsi ovunque, come quando ci si prepara ad un massacro e si vuole al contempo avere il materiale in cui avvolgere il cadavere ed evitare di macchiare la stanza col sangue. Così si presenta in scena Cassandra: una vittima uccisa perché parlava troppo, sapeva troppo, e avvolta nella plastica. Ma Cassandra è viva, lo è per noi, e si aggira per il palco come una pizia, lo sguardo folle e omicida che non ha mai ammazzato nessuno, se non la menzogna, e che grida di fare strage dell’ipocrisia come Achille la bestia, con la foga di un animale in calore, sgozzò i figli di Ilio. Ma non sono solo i mortali ad essere colpevoli del grande inganno. C’è Apollo, il dio che le ha dato il dono della veggenza stuprandola. Quello che resta muto mentre la città a lui devota brucia. Cassandra lo rivela nel suo rituale, costantemente affiancata dal coro: un agglomerato di maschere teatrali greche, fuse in un unica entità multiforme, che è fatta di creta nera ed emerge dalle cortine di plastica sopra una sola bocca. Sono le labbra di Alessandro Di Murro; la sua ombra, sospesa dietro le tende del mito, fa da seconda voce alla veggente. Ricopre il ruolo dei tanti “altri” che popolano la tragedia del Gruppo della Creta. Le sue parole animano e tormentano lo spirito guerriero dell’eroina, vestita con i costumi bianchi di Giulia Barcaroli. Intanto lei racconta l’orrore e nel mentre sorride e costruisce il proprio rituale di verità sul sangue da altri versato. Lei, la sopravvissuta alla catastrofe, è quanto Laura Pannia interpreta stupendamente. La giovane attrice si fonde con la sua creatura in una vitalità primitiva e sconvolgente, assassina della nostra tranquillità. Ci cattura perché è ammaliante e sa respirare l’essenza della propria Cassandra con un divertimento folle. Ci ricorda Helena Bonham Carter nelle sue interpretazioni da brivido.
Ma oltre al coro e a Cassandra è presente un’altra entità sul palco e suona musica mentre gli altri parlano: è Enea Chisci. I suoi suoni uniscono l’elettronica al piano, senza mai rubare spazio alla scena. Restano un dolce e inquietante accompagnamento, come una melodia di memorie composta da calici di vetro e note classiche.
Che altro dire: ancora una volta, in piccoli luoghi speciali, il teatro vive un brillante presente e un promettente futuro. Cassandra merita di calcare altri grandi palchi e quello del Teatro Patologico, ovviamente, è l’inizio della lista.


Gabriele Di Donfrancesco

Gabriele Di Donfrancesco
Nato a Roma nel 1995 da famiglia italo-guatemalteca, è un cittadino di questo mondo che studia Lingue e Lettere Straniere alla Sapienza. Si è diplomato al liceo classico Aristofane ed ama la cosa pubblica. Vorrebbe aver letto tutto e aspira un giorno ad essere sintetico. Tra le sue passioni troviamo il riciclo, le belle persone, la buona musica, i viaggi low cost, il teatro d'avanguardia e la coerenza.

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