“Karamazov”: evasione e oppressione vivono nel ricordo

“Karamazov” è il regalo al pubblico barese a due giorni dalla fine del 2017 della compagnia teatrale “Vico Quarto Mazzini”.

“Vico Quarto Mazzini”  è un progetto artistico tutto pugliese, nato per promuovere sul territorio i grandi classici del teatro. Questi vengono rivisitati così secondo un canone linguistico moderno e ricontestualizzati nella realtà umana odierna. “Karamazov” viene alla luce, seguendo questi princìpi, dal genio creativo dei registi Gabriele Paolocà e Michele Altamura. La drammaturgia è curata da Francesco D’Amore. Lo spettacolo fa parte della stagione di prosa del Teatro Pubblico Pugliese. Realtà radicata nel panorama culturale pugliese dal 1970, è stata recentemente riconosciuta dal Mibact come ente di promozione e formazione del pubblico. Diffonde perciò nei teatri di tutta la Puglia le arti sceniche nelle sue tre dimensioni: teatro, danza e musica. Un occhio di riguardo è dedicato alla tradizione popolare.

“Karamazov” difatti vede animare la scena quattro fondamentali personalità del teatro e della televisione pugliese: Dante Marmone, Nicola Pignataro, Pinuccio Sinisi e Tiziana Schiavarelli.

L’adattamento drammaturgico è cucito su quattro caratteri ispirati dal romanzo di Dostoevskij. Il nucleo narrativo fonda sulla memoria delle vicende familiari di tre fratelli e della realtà che incontra/scontra il loro quotidiano. I tre fratelli: Nicola Pignataro è Ivan, Dante Marmone è Dimitri, Pinuccio Sinisi è Alex. L’unica voce femminile a scalfire il violento e fragile coro maschile è Tiziana Schiavarelli. Radice e radicale nell’intreccio, l’attrice interpreta una tenace figura femminile che racchiude le vicende letterarie di Grušenka e Katerina Ivanovna ed è spregevolmente chiamata Quella. Quinto invisibile ma preminente personaggio, è il servo Fëdor che svela involontariamente le meschinità familiari.

L’apparato scenotecnico è arricchito dal sapiente utilizzo narrativo delle luci e della scenografia ad opera di Vincent Loguemare. I costumi sono curati da Luigi Spezzacatene. Decisivo è l’apporto video artistico di Raffaele Fiorella.

Un breve video introduce gli spettatori nel racconto con immagini di una rete che intrappola una colomba dimenante. Irrompono sul palco i fratelli Ivan, Alex e la serva Quella. Sullo sfondo incombe una gabbia che opprime la libera espressione dell’umanità in scena. A completare la scenografia, delle cassette di frutta impilate in bilico circondano i personaggi: l’ideale gabbia si presenta fisicamente così. I dialoghi semplici ed essenziali riportano i tipici intercalari baresi. Si rivelano dunque le origini baresi di D’Amore. Riconoscendo gli usuali modi di dire, il pubblico ride nei momenti agrodolci immedesimandosi. Sono ben introiettati i temi del lavoro di Dostoevskij. Una bianca e fredda luce di taglio irradia i gesti grotteschi di Ivan e Alex ormai logorati anche fisicamente dalla vecchiaia. La serva Quella dirompe sulla scena annunciando l’agonia del servo Fëdor.

“Karamazov” è costruito sulla figura messiniaca di Fëdor.

Quella malcela la frenesia per la vicina fine del servo. Egli le ha infatti giurato di smascherare in punto di morte un incoffessabile segreto. Con lancinanti lamenti Fedor scuoterà la scena nei momenti catartici della narrazione. Mai visibile in quanto allettato, smuove gli animi corrotti dei quattro personaggi conducendoli alla redenzione finale. Ma quale sarà il terribile arcano custodito da Fëdor?

“Chi non ricorda i guai si scorda”.

Quella costituisce la memoria storica della famiglia. I due fratelli invece si sono imposti una sorta di Alzheimer dietro cui si riparano e ne vivono l’incosapevole condanna.

Il rifiuto di Ivan per la sofferenza.

Per il declino interiore e fisico del personaggio vi è l’espediente dell’artrosi per Ivan che muove sul palco con un girello per anziani. Inizia un dialogo con il fratello Alex, una situazione tratta dal capitolo sul “Grande Inquisitore” de “I Fratelli Karamazov”. L’acredine delle parole di Ivan rivela il disprezzo per la sofferenza. Ne fa ad ogni modo l’unica condizione di vita fisica e morale possibile (con l’artrosi e l’ipocrisia della menzogna). Egli Ignora il dolore come possibile via di espiazione e redenzione. Qui nasce lo scontro con Alex, mentre Quella è uscita di scena. Ivan incolpa Dio delle ingiustizie inutili patite dagli uomini, rifiuta il disegno divino. Non cogliendone il valore salvifico, si oppone al fratello Alex. Per questo cerca di dimenticare le proprie colpe. Alex invece è devoto e costruisce la propria morale sulla fede cristiana. Si chiude il sipario.

Karamazov prosegue con il cambio di scena, ora ambientata in un carcere. Temere la sofferenza: la paura acceca d’odio Dimitri.

La luce di taglio sempre dalla tonalità fredda ma ora più intensa, illumina le malefatte e gli intrighi di questo sgangherato gruppo di famiglia. Quella si reca in carcere a trovare l’amato Dimitri. Egli è ormai abbandonato al suo destino nell’angusto e scomodo spazio delle carceri fisiche e spirituali. In un’agitazione che disturba anche il pubblico, Ivan dichiara il suo disprezzo per i valori umani. Nel dialogo con l’amata scopriamo che sta scontando una pena ingiusta da 30 anni per parricidio. Quella annuncia allora per rincuorarlo che il servo Fëdor, l’unico a custodire il segreto che può scagionarlo, è ormai in fin di vita. Dimitri tuttavia si consuma nel sentimento di vendetta e ne trova ristoro. Esclama dunque:

“La libertà è vendetta”.

Dostoevskij difatti scrive nel romanzo:

“Nell’oppressione le persone vivono felici”.

L’incomunicabilità e il sospetto sgretolano l’amore per Quella.

Gelosissimo ed esasperato Dimitri inifatti non riesce a giovare del calore che l’amata riserva solo per lui. La stima e la fiducia nel rapporto così vengono minate dalla lontananza. La lenta e degradante corruzione ha colpito Dimitri.

“Come stai?”

“E come devo stare?!”.

E ancora:

“Le parole sono lo strumento del demonio”.

L’affiatamento della coppia Marmone/Schiavarelli rende un’eccelsa e toccante prova attoriale nel dialogo. Si chiude il sipario. Nuovo cambio di scena.

Nel ricordo si rivive un momento, storpiando la realtà attraverso la propria morale.

Quella espone ai fratelli che la confessione del servo rivelerebbe l’innocenza di Dimitri. Affiora allora, allo scuro di Quella assente dal palco, l‘inganno dei fratelli sull’Alzhemeir ipotetico. Questi ricordano perfettamente la cronaca attorno la morte del padre. Non conoscono l’assassino ma sono consapevoli dell’innocenza di Dimitri, mai rivelata per timore di finire tra i sospetti.

Sullo sfondo l’occhio inquisitore di Fedor giudica Ivan e Alex.

Citando Dostoevskij:

“Tutti sono colpevoli per tutti”.

Fëdor come un‘entità mistica ammonisce i due fratelli spaventandoli con allucinazioni visive e uditive. Un grande occhio inquisisce Ivan e Alex colpevoli di reticenza e menzogna.

“Karamazov” riprende ora con un cambio di registro narrativo: lieve, onirico e romantico.

Il sonno è l’unica occasione di incontro per gli amanti che vedono il loro amore impoverito dalle privazioni. Apparso in sogno a Quella, Dimitri ricompare sulla scena. Allietati dai ricordi d’amore, gli sfortunati amanti dimenticano le preoccupazioni che annebbiano il loro sentimento.

Fëdor muore e come un moderno Cristo con la sua resurrezione permette allo Spirito Santo (la colomba) di affrancare i personaggi dalla malvagità e dal nichilismo.

La trasformazione della luce suggerisce al pubblico di “Karamazov” la mutazione dei personaggi. Il palco è avvolto per la prima volta da una luce calda irradiata dall’alto: è lo Spirito Santo. Con un breve video sullo sfondo difatti il pubblico ammira la colomba (simbolo e icona per la fede cristiana dello Spirito Santo) liberarsi dal giogo della rete. Lo Spirito Santo smaschera le perversioni e le passioni che oscurano i princìpi morali dei personaggi. Riaffiorano dunque le verità.

Dimitri “processa” i fratelli e Quella colpevoli del suo dolore.

L’idillio dura poco: con l’espediente dell’allucinazione di Quella, Dimitri è introdotto nella realtà e appare ormai visibile anche ai fratelli.

La scena muta: la colomba ad ali spiegate trionfa sui quattro peccatori minacciosa e materna. Le cassette di frutta che ostacolavano e proteggevano i personaggi, sono crollate e sono in disordine sparse sul fondo della scena. La verità crea scompiglio. Al centro del palco è imbandita la tavola con i viveri da offrire alla veglia per Fëdor. Dimitri infervorato dunque ha l’occasione di riscatto nei confronti dei fratelli e di Quella. Forte del temperamento carnale e violento che lo contraddistingue, lega alla sedia Quella e sottopone lei e i fratelli ad un improvvisato processo. Dimitri minaccia iroso i malcapitati armando una pistola.

Come una moneta con il bagliore delle sue facciate inganna l’effettiva natura della lega che la compone, i quattro personaggi si manifestano nelle loro ambiguità e controversie.

“Karamazov” si avvia alla conclusione con la catarsi dei quattro personaggi. Emerge difatti l’omissione consapevole dei fratelli circa l’innocenza di Dimitri. In seguito Quella manifesta i caratteri dei due personaggi cui è ispirata. Il senso di colpa che scarica sui fratelli e sul loro padre per essersi immolata con lo spirito e con il corpo alle fatiche di serva e amante. Caratteristica quella del senso di colpa tipica del personaggio di Katerina Ivanovna. La rivelazione di una doppia relazione intrattenuta con Dimitri e suo padre come avviene nel romanzo per Grušenka.

Quella però non strumentalizza la propria sensualità per sedurre i suoi amanti.

Sinceramente devota a Dimitri, in una commovente e sofferta confessione, denuncia una violenza carnale subita dal padre dei tre fratelli. Tiziana Schiavarelli rende ancora una volta una magnifica prova attoriale trasmettendo con grazia e fervore la sensibilità e la dignità di una donna ferita. La violenza è avvenuta nel giorno del presunto omicidio, impaurita e nascosta sotto il tavolo, Quella aveva assistito alla morte dell’uomo senza riconoscerne le cause.

Si giunge dunque al culmine dell’azione con Dimitri che scopre la reticenza dei tre suoi più cari affetti e di come per tutelarsi abbiano finito per condannarlo indebitamente.

L’intervento provvidenziale e mistico di Fëdor che dall’alto irradia i quattro con una candida luce abbagliante. Si manifesta in  un‘epifania che come una nuova luce interiore redime le anime peccatrici dei quattro protagonisti. Lo Spirito Santo attraversa la scena come una forza misteriosa, inspiegabile, percepita e assimilata dai personaggi.

I quattro protagonisti ne rilevano la potenza e il valore salvifico per un bene superiore e comune.

Finalmente liberi dalla fuliggine del peccato possono ricongiungersi. Un rinnovato interesse per i legami familiari e la speranza per il futuro rinfondono fiducia nei nostri. I quattro ricominciano ad esistere come unità e come comunità secondo l’insegnamento cristiano. Ivan dunque consiglia con gioia di:

“Essere se stessi ed essere parte di qualcosa”.

“Karamazov” si presenta come un’opera teatrale ricca di spunti di riflessione attuali e concernenti la vita quotidiana di molti di noi.

Lo spettatore in conclusione deduce quanto sia riprovevole nascondere le proprie miserie. È più utile prenderne coscienza e cercare per se stessi la bellezza e la vita. Le parole di Dostoevskij in tal senso sono edificanti:

“Ciò che vi sembra cattivo in voi è purificato per il solo fatto che lo avete notato”.

“Karamazov” sarà in replica:

il 06/02/2018 Teatro Impero
TRANI (BAT)
Stagione Teatrale / Comune di Trani
il 02/03/2018 Teatro Italia
FRANCAVILLA FONTANA (BR)
Stagione Teatrale / Comune di Francavilla Fontana

Marilù Piscopello

Sono nata nel 1991 a Bari, dove vivo. In me convivono i colori, i culti e i paesaggi delle due anime pugliesi : L' Altopiano delle Murge e il Tavoliere salentino. L'arte, la musica e la danza hanno plasmato la donna che sono.

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