Il Teatro Patologico conclude il primo corso universitario per persone con disabilità psichica e fisica e esorcizza la stigmatizzazione sociale con il Don Chisciotte.
Il 23 settembre il Teatro Quirino ha ospitato la prima de il Trip di Don Chisciotte, lavoro conclusivo dei ragazzi del corso universitario di Teatro Integrato dell’Emozione, progetto del Teatro Patologico di Dario D’Ambrosi. Lo spettacolo è stato poi replicato il 24 e il 25.
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(c) Federica Di Benedetto |
Il lavoro del Teatro Patologico permette a ragazzi, altrimenti destinati ad un’emarginazione clinica, la possibilità di essere attivi all’interno di una comunità. Così il fare teatro diventa un percorso di terapia ed emancipazione. Questo è il Trip di Don Chisciotte: lo spettacolo che conclude un cammino universitario realizzato per aprire le porte dell’istruzione superiore ad una categoria finora esclusa. Esso è perciò simbolo di una lotta profonda, fisica e spirituale per l’equilibrio, il controllo e la dignità di se stessi. Una sfida sociale ed un’avanguardia tutta italiana, ammirata all’estero e frutto di un’idea di Dario D’Ambrosio, che ha scelto di trattare la disabilità come realtà umana e non prettamente clinica.
Questo accade sul palco: gli attori del Teatro Integrato delle Emozioni sfidano i propri limiti e s’impegnano per la coesione interpersonale di una storia. È una reinterpretazione del Don Chisciotte, stilizzata con una scenografia che ricorda una cameretta dei giochi. È in fondo il prodotto della fantasia di un figlio, Andrea, ragazzo paraplegico. Lo spettacolo che viene costruito proviene dalla sua mente per la sua mente. Il Trip di Don Chisciotte si rifà dunque a quel senso di doppia vita e doppia realtà che accompagna una diversità di percezione, interpretata dall’esterno come anormalità e resa perciò motivo di disagio attraverso l’incomprensione. Paolo Gilberti, il nostro Chisciotte, è però un eroe che non si lascia piegare e va incontro al proprio destino con la sua armatura, il pacifico affetto e il voto di fedeltà al proprio signore, Andrea. Per lui ognuno dei partecipanti interpreta con passione la propria avventura.
Dario D’Ambrosi è il creatore del Teatro Patologico, a cui risponde il primo corso universitario al mondo di Teatro delle Emozioni, tenuto in collaborazione con Tor Vergata. Sul palco del Quirino aprono la serata il magnifico rettore Giuseppe Novelli e lo stesso D’Ambrosi, che fa notare: “Siamo dei cazzari in tante cose, però in altri paesi questi ragazzi sarebbero con le camicie di forza.” Così si spiega l’importanza del progetto: non tanto nella trasformazione dei suoi iscritti in attori professionisti, ma nella loro reintroduzione nel mondo e nell’esorcizzazione del dolore, che sia psichico o fisico, attraverso l’effetto liberatorio e terapeutico del Teatro. Fare vita e non isolamento ospedaliero.
Il Teatro Quirino non è l’unico palco calcato dal Teatro Patologico. Parigi, Monaco, New York e nel 2017 Tokyo e Los Angeles per Medea, altro lavoro del gruppo che ha riscontrato un grande successo. A Londra aveva ottenuto il Wilton’s Price per il miglior spettacolo straniero della stagione 2012/13.
Di D’Ambrosi avevamo già parlato quando il suo Teatro Patologico aveva ospitato Cassandra a maggio 2016.
Gabriele Di Donfrancesco
@GabriDDC