Torna in scena al Teatro Quirino di Roma fino al 7 gennaio 2018 l’impeccabile versione di Liliana Cavani del capolavoro di Eduardo De Filippo “Filumena Marturano”.
Eduardo De Filippo, Liliana Cavani, Mariangela D’Abbraccio, Geppy Gleijeses: basterebbero già questi nomi per mandare in estasi gli amanti del teatro assaporando la visione di “Filumena Marturano”.
E le aspettative vengono completamente soddisfatte.
L’adattamento ha debuttato l’anno scorso. E ha ricevuto critiche entusiastiche e premi, tra cui il Persefone alla regista Liliana Cavani. Premio meritatissimo, visto che – al suo debutto nella prosa – è riuscita a mettere in scena un capolavoro della drammaturgia, nonché una delle commedie italiane del dopoguerra più rappresentate all’estero in totale autonomia espressiva, senza imitazioni. Cavani dimostra così tutto il suo amore per questa commedia che definisce “pura vita”.
Eduardo De Filippo scrive “Filumena Marturano” nel 1946. Rientra tra i testi della “Cantata dei giorni dispari”, una serie di opere in cui riversa drammi, ansie e speranze di un Paese e di un popolo sconvolti dalla guerra.
La trama è piuttosto nota e non ve la racconteremo di nuovo. D’altronde, la commedia è stata rappresentata più volte. Ne è stato fatto anche un altrettanto celebre adattamento cinematografico da Vittorio De Sica (“Matrimonio all’italiana”).
“Filumena Marturano” è un’opera dal sapore universale. C’è una donna, che ha dovuto fare per povertà il mestiere più antico del mondo. E’ una donna che si innamora e si sacrifica per l’uomo che ama. Ma lui non la rispetta e non le riconosce l’importanza che merita. Filumena è una madre, che protegge i figli e si sacrifica per loro. E’ una donna come tantissime altre, ieri come oggi.
“Filumena Marturano” è un’opera di grande impegno morale e in anticipo sui tempi, “scritto senza retorica, ma con la naturalezza delle vita”, come sostiene la stessa regista.
Per capire pienamente, bisogna sapere che nel 1946, la legge non proteggeva tutti i figli in maniera uguale. I figli nati fuori dal matrimonio non godevano di alcuna tutela. Eduardo De Filippo crea Filumena, la donna che si ribella a tutto questo, prima con l’inganno, poi con il lucido coraggio di andare per la propria strada.
Il testo è potente e perfetto di suo, ma la rappresentazione di Liliana Cavani gli rende perfettamente giustizia. Non abbiamo trovato un difetto, una sbavatura, niente che fosse sopra le righe.
Filumena Marturano è un personaggio talmente iconico, che farebbe tremare i polsi a qualsiasi attrice venisse scritturata per interpretarlo.
Mariangela D’Abbraccio è una grandiosa Filumena. Ogni suo gesto e ogni battuta sembrano perfettamente calibrate. La donna che non sa piangere – perché solo chi conosce il bene e non lo può avere può piangere – ha commosso molti spettatori alla prima a cui abbiamo assistito. Durante i monologhi – come quello in cui racconta l’adolescenza e la povertà – si percepiva il pubblico trattenere il respiro. Eravamo completamente rapiti dalla voce di Mariangela D’Abbraccio, in attesa che pronunciasse le battute più celebri.
Ottima anche l’interpretazione di Geppy Gleijeses, che per il ruolo di Domenico Soriano ha anche vinto il Premio Flaiano come miglior interprete della stagione 2016/2017. Ha portato il giusto tocco personale, senza cadere nell’imitazione di altri attori che lo hanno preceduto. Ha reso perfettamente evidente l’evoluzione del personaggio Domenico nell’arco dei tre atti.
Questa volta c’è anche stata la scena degli occhiali, che mancava nell’edizione dell’anno scorso: per vedere meglio i bigliettini sui fiori, Domenico tenta di leggerli ad occhi nudi, poi, dopo mille prove, si rassegna alle lenti. Così come si è rassegnato all’importanza di Filumena nella sua vita.
Ma questo adattamento di “Filumena Marturano” è così bello anche grazie alla grande bravura di tutti gli altri attori, nonché all’impianto scenico nel suo complesso.
La nostra preferita è stata Nunzia Schiano nel ruolo di Rosalia, la fedele e riconoscente cameriera di Filumena.
Credibili e all’altezza della situazione sono stati anche Gregorio Maria De Paolo, Adriano Falivene e Agostino Pannone. Nel ruolo dei figli di Filumena, sono bravi a rappresentare ogni sfumatura, comica o drammatica, del testo.
Anche nell’edizione di quest’anno siamo stati piacevolmente colpiti dalla scenografia e dai costumi, accurati e attenti ai dettagli. Addirittura, Raimonda Gaetani ha inserito al centro della scena, nel salotto, un quadro con due cavalli che corrono. Così dice di sentirsi ancora Domenico Soriano quando con il tirapiedi Alfredo (Mimmo Mignemi) ripercorre la propria vita da donnaiolo. Alla fine capisce che ormai non è più lui il cavallo giovane che deve correre, bensì i tre ragazzi, che diventeranno figli suoi.
Abbiamo trovato perfette anche le musiche curate da Teho Teardo. Si integrano benissimo con le scene, le pause, i dialoghi, come ci si aspetta da una regista spesso impegnata nella regia di opere liriche.
In conclusione, questa “Filumena Marturano” è teatro puro e vi consigliamo di cercare eventuali repliche in tutta Italia per potervela godere.
Stefania Fiducia