Canned Macbeth è una discesa nel bunker del tormento
Il 28 marzo è andato in scena all’Ar.Ma Teatro di Roma per il DOIT Festival Canned Macbeth di Letizia Amoreo, regia di Roberto Galano, con Maggie Salice e Roberto Galano; scene di Nicola Delli Carri e una produzione Teatro dei Limoni.
Lo spettacolo
Canned Macbeth è una storia che potrebbe essere benissimo una continuazione di un Macbeth dal finale alternativo: è l’esilio in un bunker da seconda guerra mondiale del re e della regina shakespeariani. Il popolo ora sovrano della loro Scozia ha condannato a questa prigionia i dittatori sanguinari e ha costruito per loro un inferno. In questo spazio i sovrani si torturano nell’amore morboso che li unisce, mentre interferenze esterne giocano con la loro psiche. La regina di notte partorisce la carne che macellerà il giorno dopo per rifornire di cibo in scatola il bunker. Il re discende nella follia negazionista delle proprie azioni. Il tempo è sospeso, come il letto e il tavolo che pendono dal soffitto con sottili cavi di metallo.
I contenuti
Come ci spiegano Letizia Amoreo e Roberto Galano a fine spettacolo, Canned Macbeth non ha molto a che vedere con Shakespeare. Si gioca con il testo originale, ma questo tutt’al più è un discorso trasmesso per radio o un manoscritto portato per posta. Si estrapolano invece i personaggi principali, gli si concede un astratto valore politico e ci si concentra sulla loro intimità, dominata dal subconscio nel mondo senza finestre del bunker. Re e regina rivivono in quel luogo i propri traumi rimossi e sono condannati a farlo finché non accetteranno la realtà di quel che è stato.
Ci sono molti contenuti in Canned Macbeth: è un racconto distopico, è la storia di un popolo che punisce il tiranno, è un legame morboso, è una visione claustrofobica di due menti in trappola. Tuttavia, nonostante il fascino che infonde, lo spettacolo è lontano dall’essere equilibrato.
La struttura
Il dramma avanza per ripetizione progressiva di scene già strutturate: il re si sveglia, rifiuta nella pazzia la sua prigionia, la regina lo sopporta e trama qualcosa. Arriva immediatamente la notte ed entrambi vivono con incubi reali la propria colpa rimossa. Poi si ricomincia da capo e ogni volta si capisce qualcosa, cambia qualcosa. Il procedimento ha senso, ma dilata troppo il respiro della narrazione. Gli attori non sempre riescono ad immedesimarsi nei propri personaggi, complice un corpus di dialoghi molto verboso, devoto al suono più che al significato. Roberto Galano ha un gran carisma e una bella voce, ma a volte non riesce a fonderle con lo spazio scenico. Maggie Salice non è molto convincente.
In conclusione
Sicuramente intrigante, Canned Macbeth ha ancora bisogno di trovare un equilibrio. Il proprio cammino non potrà dirsi concluso finché tutti i suoi elementi non si riuniranno in armonia intorno ad un punto focale, quel rimosso nel rapporto tra i due che già è descritto come perno drammatico del testo.
Gabriele Di Donfrancesco