Al Teatro Sette va in scena B.L.U.E. e l’improvvisazione si fa cantata.
Non è la prima volta che la nostra redazione entra in contatto con l’esperienza unica di uno spettacolo di improvvisazione. Era già successo con Whois Luigi, della compagnia degli Appiccicaticci. Avevamo avuto occasione di prendere parte ad una delle serate e ne eravamo rimasti particolarmente colpiti. Era l’aprile scorso quando entravamo in questa dimensione teatrale. Il che vuol dire essere sfiorati dalla brezza di un processo creativo che accade in contemporanea col proprio sguardo. La forma finale è un insieme di idee fortuite, scontratesi e generate da menti diverse, che hanno dovuto collaborare a senso per mantenere un’armonia costruttiva. Una splendida esperienza. Come una droga, se ne diventa dipendenti. Gran parte della presa di uno spettacolo di questo genere è proprio la sua unicità, slegata da qualsiasi vincolo ed irripetibile. La nuova drammaturgia non può avere un carattere spontaneo quanto la spontaneità fatta fenomeno: l’improvvisazione. Stavolta è il turno di una nuova compagnia: I Bugiardini. La proposta è ambiziosa e torna a gran voce con un tutto esaurito che ha riempito il TeatroSette. Un musical improvvisato, dove la canzone si trova piegata alle necessità di un botta e risposta fulmineo, con un più vasto numero di persone e probabilità in gioco.
La parte fondamentale del prodotto in questione è la presenza di un certo numero di serate, in grado di mostrare come effettivamente ogni lavoro sia totalmente differente dal primo. Una fiera della creatività, a cui però abbiamo avuto modo di assistere solo per una sera. Il che significa essere entrati a contatto con una delle tante possibili espressioni del lavoro di gruppo della compagnia. Gli spettatori hanno potuto sperimentare un’esperienza totalmente diversa ad ogni replica e dunque, stavolta più che mai, non può esistere un giudizio complessivo. Il modus operandi di B.L.U.E. è semplice. Il pubblico decide ambientazione e nome a inizio spettacolo e il resto viene da sé. Il 25 settembre la scelta è ricaduta sul campeggio e sul titolo “Non aprite quella tenda!”. Alla base resta sempre una linea guida di comicità. Stavolta vi era una chiara indicazione a giocare con una presupposta atmosfera di angoscia e terrore. Il che ha dato vita ad una commedia composta da una coppia di fidanzati; da un gruppo di scout legato alle nottole; da un assassino involontario di questi animaletti ed una comunità di nottole, pronta a vendicarsi. È sempre interessante ripensare in retrospettiva a come la prima scena abbia finito con l’influenzare l’andamento totale della fantasia della compagnia. Stavolta, però, la performance non è stata particolarmente brillante. Le musiche sono state impeccabili, bisogna dirlo: fluidi gli interventi di più voci, l’ideazione di un ritornello e la simbiosi con i musicisti. Dal punto di vista della storia improvvisata, c’è stato però un ristagno creativo, dipeso probabilmente dal tema proposto. La prima parte dello spettacolo ha momentaneamente perso di vista il sotto testo implicito nel titolo. L’elemento parodico è stato trascurato. Questo prevedeva una comicità capace di muoversi in un’atmosfera di sciocca angoscia. Imboccata troppo tardi, tale strada è stata tagliata dal necessario finale nel momento della sua maggiore espressione.
Gabriele Di Donfrancesco
@GabriDDC