MasterChef Italia 8: intervista all’autore Davide D’Addato

Masterchef italia 8

MasterChef non ha bisogno di presentazioni: è il cooking show più famoso della tv e in Italia è giunto alla sua ottava edizione.

La prima puntata, andata in onda giovedì 17 gennaio, è stata seguita da 1.103.625 spettatori medi (in crescita del +7% rispetto all’esordio della scorsa edizione) e 1.596.088 spettatori unici: un vero successo.

Quando guardiamo la tv spesso dimentichiamo che dietro un programma c’è un’enorme macchina produttiva che coordina il lavoro di tantissimi professionisti.

Ho fatto due chiacchiere con Davide D’Addato, autore di MasterChef, per scoprire qualcosa in più del programma e del dietro le quinte. Mi piacerebbe dirvi che ci siamo incontrati in un bar di Isola a Milano, ma la realtà dei fatti è che Davide è sempre in giro per portare contenuti sui nostri schermi. Quindi ho dovuto raggiungerlo telefonicamente: lui è su un treno che lo porta chissà dove e io sono comodamente seduta alla mia scrivania.

MasterChef Italia 8: il re dei programmi sulla cucina

Davide, come sei diventato autore tv?

All’università ho studiato Linguaggi dei media e, subito dopo la laurea, ho iniziato uno stage a “Il grande talk”, un programma che parlava di programmi televisivi. Erano altri tempi: esistevano solo sette canali e la tv aveva il tubo catodico.

Al mio secondo programma ho lavorato come redattore per Crozza. Erano i tempi della stagione dei record di “Italialand” (Berlusconi si era appena dimesso). Poi per “G Day” con Geppi Cucciari mi sono occupato del montaggio dei servizi, in quanto redattore senior. Il programma era in diretta e andava in onda quotidianamente. È stata una “guerra”: tutti i giorni ero continuamente sotto pressione, ma è stato stimolante.

Poi ho fatto un late night su Rai 3: “Il volo in diretta”. Dopodiché mi sono trovato a piedi e ho mandato un cv a una piccola casa di produzione: qui ho lavorato per la prima volta come autore interno; scrivevo format e ho collaborato con Mastrota. Lo ricordano tutti per le telepromozioni ma è un grandissimo professionista.

Successivamente ho seguito i branded content di X Factor: passavo dai tutorial di trucco a video con gli youtuber e a quiz per gli sponsor. È stata una bella palestra.

Ho poi collaborato a una prima serata di Rai 3 e a una web series dedicata ai maturandi del Parini.

Dopo ho fatto un anno in un’agenzia di comunicazione a gestire video di automobili, probabilmente perché ero l’unico a capire qualcosa di motori.

Poi ho scritto un programma di gag con delle belle ragazze per Endemol e da lì ho fatto MasterChef, poi “Cucine da incubo”, poi ancora MasterChef e poi ancora Cucine e poi ancora MasterChef.

Ma quanti anni hai? Sessanta?

39 … tra un mese.

Quando hai deciso che volevi fare l’autore televisivo?

Ho deciso di diventare autore televisivo in corso d’opera. In generale volevo occuparmi di contenuti ma all’inizio non sapevo bene cosa volevo fare. Sono cresciuto con dei mostri della televisione come Bottura, Monarca, Cananzi e pensavo “non sarò mai come loro”. Invece poi ho capito che potevo trovare la mia dimensione e in effetti l’ho trovata.

E da piccolo cosa volevi fare?

Da piccolo volevo fare il pilota di macchine. D’altra parte ero un bambino milanese degli anni ’80 cresciuto con dei genitori che appena potevano mi mettevano davanti alla tv con un piatto di sofficini. Per questo ho una grande cultura televisiva, perché la tv è sempre stata un’amica, un conforto.

Ora cosa guardi in tv?

Quando accendo la televisione a caso, per avere compagnia, sono fisso su SkySport24.

Come l’italiano medio?

Esatto esatto (ride). Quando accendo la tv per guardare i programmi che mi piacciono vedo i grandi show, come X Factor, serie di Sky, film e Food Network, se non mi addormento, perché ho questo problema di addormentarmi seduto sul divano. In generale per deformazione professionale guardo tutte le prime puntate dei programmi nuovi.

Gioie e dolori del tuo mestiere?

Goie: esprimere la creatività e soprattutto vedere il mio nome nei titoli di coda.

Dolori: ci si fa il mazzo. Bisogna creare a comando. E poi c’è il grande tema della precarietà.

Mi è successo raramente ma quando mi è capitato di stare fermo è stato tosto: credere in se stessi, avere davanti l’oceano del non sapere cosa farai potrebbe farti sbroccare se non sei psicologicamente bilanciato.

A quale programma vorresti lavorare a tutti i costi?

Top Gear – che adesso è diventato “Grand Tour” su Amazon – e Man vs Food. In Italia però sarebbe difficile trovare gli stessi fenomeni da baraccone che ci sono in America. Lì ci sono delle fiere e la gente si può iscrivere alle gare: c’è molto materiale umano.

Ancora motori e cibo, quindi. Ma tu sei un bravo cuoco?

Ho appreso a livello teorico, ma non ho mai messo in atto le conoscenze. Poi per cucinare devi avere tantissima voglia e tantissima voglia di sbagliare. Mi piace fare arrosti e paste, nulla di sofisticato. “Nella semplicità bisogna trovare l’eccellenza” come dicono i nostri Chef.

Cosa ci dici degli Chef?

Con Antonino lavoro da due anni, lo conosco un po’, mi diverte molto. È una persona attenta al lavoro altrui. Quest’anno poi mi ha sorpreso molto Giorgio Locatelli: è sensibile, aperto, si mette in discussione, è interessato a cosa sta facendo. Sono entrato molto in sintonia con lui.

Ti sei mai preso una pacca da Antonino Cannavacciuolo?

Sì sì ovvio, fa malissimo!

Qual è l’edizione di Masterchef a cui sei più affezionato e perché?

A questa qui, l’ottava, perché ho avuto la possibilità di lavorare con degli esseri umani di grande valore. Sono entrato in empatia con i concorrenti. Mi sono occupato di tutta la parte dei casting e degli aspiranti Masterchef, in modo tale che ognuno di loro potesse dare il meglio per se stesso e per il programma.

Perché dobbiamo assolutamente guardare MasterChef giovedì?

Sarà un’edizione con un sacco di sorprese, bellissimi personaggi che sanno cucinare benissimo. Ci sarà una bella sfida culinaria.

Hai un concorrente preferito?

Mmmmm … Io cercherei di rimanere super partes, anche per non spoilerare.

E dopo MasterChef cosa farai?

Non te lo posso dire…

Fai il prezioso …

Ti ricordi la scena di Boris in cui Ferretti se la prende con la televisione di qualità. Secondo te una televisione di qualità è possibile?

Certo, se sei disposto a rinunciare a una parte degli ascolti. Il pubblico va sempre educato e una volta educato sarà in grado di fare lo sforzo necessario per seguirti. Sky fa televisione di qualità. Ha una mission diversa dalla televisione generalista.

So che sei un musicista. Come ti aiuta la musica nel tuo mestiere?

Il senso del ritmo ti aiuta nel montaggio video.

Per CulturaMente io scrivo sempre delle playlist, che tu leggi e ascolti, spero. Ti va di scegliere per noi 5 brani che ti hanno cambiato la vita?

“Innuendo” dei Queen; è la prima canzone “seria” che ho ascoltato da bambino.

[youtube https://www.youtube.com/watch?v=ZrJngCioc4o]

 

“State of love and Trust” dei  Pearl Jam. Ho letteralmente consumato la videocassetta di un loro live e su questa canzone ho deciso di suonare la batteria.

[youtube https://www.youtube.com/watch?v=FdgJl1AIsto]

 

“The Everlasting” dei Manic Street Preachers con cui mi sono affacciato al brit pop e l’ho amato.

[youtube https://www.youtube.com/watch?v=FeU_qC5tBOE]

 

“What’s the frequency Kenneth?” dei REM. È la seconda canzone che hanno cantato al concerto del ’99 a Bologna. Lo ricordo come fosse ieri.

[youtube https://www.youtube.com/watch?v=jWkMhCLkVOg]

#41 dei Dave Matthew’s Band. Vatteli ad ascoltare se non li conosci, mi ringrazierai.

[youtube https://www.youtube.com/watch?v=9Sk55fGpf9M]

 

Valeria de Bari

Sceneggiatrice, chitarrista, poetessa, pittrice: quello che sogno di diventare da grande. Ops ... sono già grande. Amo la musica (soprattutto il punk, il rock e le loro derivazioni), le immagini-movimento e l'arte del racconto (o come si dice oggi lo "story telling"). La mia vocazione è la curiosità. That's all folks

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