Smettere di fumare durante il lookdown: il momento migliore o la peggiore idea?

Il fumo può essere una parte importante della vita di qualcuno e fa parte di un rituale quotidiano; una sigaretta presa con un caffè mattutino, un’altra in pausa pranzo con gli amici, due dopo una stressante giornata di lavoro. 

Questi rituali possono essere difficili da rompere e rinunciare può di conseguenza sembrare impossibile. Tuttavia, ci sono molte storie che sono state raccontate da soggetti legate alla rinuncia al fumo durante il lockdown.

A tale proposito, vediamo se quest’ultimo è da considerarsi il momento migliore o peggiore per prendere tale decisione.

Il cambio di abitudini durante il lockdown

Ripensando ai primi di marzo del 2020 quando cioè le cose erano ancora normali e la vita si svolgeva con ritmi e abitudini tipiche degli altri anni, induce a fare alcune riflessioni.

Queste routine quotidiane erano infatti fissate saldamente come abitudini legate a cibo, buon bere e in molti casi al fumo. Il solo pensiero di cambiare questi ritmi era da un lato un desiderio e da un altro un comportamento irrinunciabile, pur consapevoli che specie il fumo in eccesso nuoce alla salute.  

Ciò che ha mantenuto questo cambiamento epocale della vita quotidiana ed era tutto tranne che paura.

La decisione di smettere di fumare durante il lockdown è stata presa comunque con il progredire della pandemia, e molte persone hanno optato per i vaporizzatori con CBD o senza, che rispetto a quelle tradizionali sono notoriamente migliori poiché utilizzandole, si evita la combustione e l’eccesso di nicotina da essa generata.

Il boom delle sigarette elettroniche durante il lockdown

Durante il lockdown, anche in Italia più di mezzo milione di fumatori di sigarette hanno smesso come si evince da una ricerca resa nota da un affermato quotidiano finanziario nazionale. Premesso ciò, va tuttavia sottolineato che chi non ci è riuscito, ha invece aumentato il numero di sigarette quotidiane.

Lo studio tra l’altro ha rivelato che durante il lockdown chi ha cessato con le sigarette ovvero circa 200 mila giovani (con un’età compresa tra i 18 e i 34 anni) e 270 mila (tra 35 e 54 anni), ci sono state altre 436 mila persone circa che si sono aggiunti agli svapatori optando in particolare per la sigaretta elettronica, come si evince dalla percentuale che dall’’8,1% durante il lockdown è oggi salita al 9,1% circa. Il 9,0% della popolazione che non ha smesso ovvero circa 3,9 milioni di persone, ha invece aumentato o iniziato il consumo di tabacco.

Sigarette elettroniche invece che sigarette: giusto o sbagliato?

Durante il lockdown, dati alla mano si è dunque constatato che alcuni soggetti hanno smesso di fumare e altri che invece hanno preferito optare per la sigaretta elettronica come alternativa.

Detto ciò, per capire se si tratta di una scelta giusta o sbagliata, è importante analizzarle a fondo entrambe. 

Una sigaretta è semplicemente tabacco arrotolato in carta che viene poi acceso in modo che possa essere fumato. Inoltre brucia a 600° C, ma può raggiungere anche gli 800° C durante una boccata.  

La combustione del tabacco nelle sigarette, crea tuttavia le principali fonti di pericolo, infatti, è l’azione della combustione che rilascia la maggior parte delle sostanze chimiche dannose per la salute.

Come i prodotti del tabacco riscaldati, le sigarette elettroniche invece non creano fumo poiché non bruciano tabacco. In effetti, non lo contengono nemmeno; infatti nella maggior parte dei casi si tratta di un e-liquid che le persone di solito chiamano vapore (da qui il termine svapo). 

Non bruciando tabacco, le sigarette elettroniche non creano quindi fumo e di conseguenza contengono meno sostanze chimiche nocive rispetto alla sigaretta classica. Ovviamente, ogni prodotto dovrebbe essere testato per assicurarsi che sia effettivamente così, poiché alcune, contengono anche nicotina.

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