Millennials contro Boomers. E tu chi sei?

Di chi è la colpa del presente?

Questi sono i mesi, e in futuro gli anni, in cui la generazione corrente prende coscienza teorica e pratica delle sue differenze con la passata, mettendone a processo le intenzioni e le azioni. Il primo ad occuparsene seriamente è stato il The Guardian (“Trials of generation y per chi fosse interessato al portale di indagini statistiche), esaminando le prospettive generazionali dei Millennials. Il discorso è ormai imperante.

#Selfie: sono davvero due mondi a confronto?

Millennials. A questo nome fa capo una vasta fetta di nati tra gli anni Ottanta e gli inizi del Duemila; il titolo di Boomers va invece ai figli del boom economico e demografico, venuti al mondo tra gli anni quaranta e sessanta; i destinatari, per intenderci, delle accuse dei “nuovi arrivati”. La principale motivazione alla base del dibattito risiede nelle peggiorate condizioni economiche della società, bersaglianti quelle fasce di popolazione più giovani: dai costi per l’istruzione, come i debiti universitari per gli studenti americani, a quelli abitativi; dalla disoccupazione all’irrigidimento della mobilità sociale. Potrebbero essere chiamati i conti della serva di chi cerca oggi di inserirsi nel mondo del lavoro e sente le proprie possibilità paradossalmente ridotte rispetto a quelle dei genitori. Il divario generazionale non è tanto nell’uso delle tecnologie, come spesso si è erroneamente pensato; sta piuttosto in una questione di presunta non-azione dei Boomers, che avrebbe influito negativamente sul presente.

Guatemala
Città del Guatemala, vista sul palazzo del turismo. (Copyright dell’autore)

Si guarda al novecento come al secolo delle grandi trasformazioni e delle lotte per i diritti. Lo si inizia a studiare, però, anche come epoca delle promesse disattese, delle rivoluzioni mancate e dei cambiamenti intrapresi e abbandonati prima di giungere al termine. Come se lo spirito dominante fosse stato un accendersi rapido che poi si spegne, si aggrega di nuovo alle forme della massa e lì si confonde. Finito l’interesse particolare, insomma, ciascuno ha cercato di vivere da ricco, dimenticando i buoni propositi. Per fare un esempio a noi vicino, i grandi comunisti di allora seppero solo trasformarsi nei radical chic milionari di oggi, con i loro costosi appartamenti a Trastevere. Ecco la prima grande recriminatoria contro i padri: il loro rapido rientrare nelle file del sistema, che di conseguenza non è mai cambiato e torna oggi a tormentare i figli. Sono accuse di trasformismo, di mancato cambiamento, di indifferenza, egoismo particolare e cecità, se non ottusità, che insorgono velenose di fronte alla critica che la generazione passata rivolge alla presente, impegnata a sua volta nello sforzo di ampliare le libertà, dalla sessualità al pensiero, dall’opportunità all’ambiente.

Allo stesso modo, si accusa la generazione del boom economico di aver ceduto al consumismo come al Santo Graal della nuova epoca di ricchezza, vivendo come se non ci fosse un domani. Le cupe distopie che incombevano sul futuro furono bonariamente bollate come troppo lontane, troppo esagerate, troppo inevitabili per farsene cruccio. Superficiali col futuro, non si è mai chiuso nemmeno col passato, usandolo spesso come giustificazione dei comportamenti presenti – un topos storico -, supportando costantemente la reazione ogniqualvolta fosse necessario far fronte al nuovo incombente. Una scorciatoia da talpe, che da un lato ha favorito un quieto assenso al liberismo economico più sfrenato; dall’altra, una volta bruciate le dita col fuoco della crisi, ha scomodato dalla tomba i cadaveri del nazionalismo e del particolarismo locale. Così gli incubi e le sfide del tempo, dall’emergenza umanitaria dei migranti al cambiamento climatico, infuriano ora sulle spalle dei Millennials. Erano state previste con largo anticipo e alla generazione precedente spettava il compito di scongiurarle. Cosa è stato fatto? Questa è la domanda comune.

New York
New York, incrocio tra la cinquantaduesima e la sesta; uffici delle reti televisive e altre multinazionali. (Copyright dell’autore)

Non bisogna però dimenticare che le figure di spicco a cui le generazioni contemporanee fanno riferimento appartengono alle passate; non si boccia il passato in toto e spesso se ne gusta la cultura; gli ideali dei Boomers giovani sono migrati nei figli. Si commenta tuttavia il mancato raggiungimento delle trasformazioni promesse.
Un secondo punto critico riguarda la definizione stessa di Millennials e di Boomers; molto vaga, specie per quel che riguarda la determinazione cronologica. La data anagrafica divide i due gruppi dal punto di vista economico, caratterizzando le nuove generazioni come quelle più deboli e con meno prospettive. Spesso comunque il discrimine resta una sorta di romantica tendenza di spirito.
Anche i figli di papà sono Millennials? Quelli che possono permettersi università costose senza battere ciglio e aspirano a diventare eredi dell’establishment? Ognuno può rispondere come crede. Così, non tutti i nati delle generazioni precedenti possono essere definiti Boomers e non tutti possono essere portati alla sbarra per il processo.
Andrebbe posta la domanda più inquietante di tutte: i Millennials si sono sottratti al rischio di ripetere il comportamento dei padri? Forse è la percezione storica ad essere sbagliata; nessuna battaglia dei contemporanei sarebbe stata possibile, senza che qualcuno prima non ne avesse, volente o nolente, preparato il campo.
Gabriele Di Donfrancesco
Nato a Roma nel 1995 da famiglia italo-guatemalteca, è un cittadino di questo mondo che studia Lingue e Lettere Straniere alla Sapienza. Si è diplomato al liceo classico Aristofane ed ama la cosa pubblica. Vorrebbe aver letto tutto e aspira un giorno ad essere sintetico. Tra le sue passioni troviamo il riciclo, le belle persone, la buona musica, i viaggi low cost, il teatro d'avanguardia e la coerenza.

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