Un mese fa è uscito il nuovo album dei Mataleòn, una band nata nel 2012 vicino Milano che ha finalmente raggiunto una forma finale dopo aver cambiato alcuni componenti in passato.
Metamorfosi, il loro nuovo album, è da sentire e risentire più volte con attenzione per cogliere tutti i significati nascosti nei brani.
L’intro
Il brano che apre il disco è omonimo del titolo dell’album: Metamorfosi. In realtà non si tratta di un vero e proprio brano musicale, ma di un brevissimo monologo, una riflessione, di appena due minuti interpretato dalla voce di Mario Zucca (noto attore e doppiatore italiano) su cosa sia il cambiamento, la metamorfosi rispetto a noi e allo spazio che ci circonda.
L’album è un mix di rock, rock ballad e brani con elementi metal. Metamorfosi è un album rock, di quel buon sano e vecchio alternative rock, niente a che vedere con l’alternative rock odierno stracolmo di elementi elettronici, e che quindi è difficile ormai da sentire in giro… Insomma una rarità!
I primi brani dell’album…
Ci sono pezzi più “lenti” come Blue, Lady in Rock e Uroboros. Blue mi riporta alla mente alcune sonorità rock degli anni ’80, che ti ipnotizzano, ti catturano e ti portano indietro nel tempo con loro facendoti perdere in un pulviscolo di ricordi con quel “Vola” ripetuto alcune volte.
Lady in Rock ha un inizio leggero, con solo la chitarra e poi nel momento del ritornello si veste della sua carica, una canzone che fa pensare al coraggio che bisogna avere in alcuni momenti, per vivere un brivido o semplicemente per affrontare la vita, con un piccolo tuffo nel vuoto.
Le altre tracce dell’album sono pezzi rigorosamente rock classico e alternative rock, con elementi che riportano al metal e dai temi più disparati. “John Locke”, ispirata dall’omonimo personaggio della serie Lost (se non lo si conosce, consiglio di rimediare andando subito a cercarlo su Wikipedia) così come altri brani dell’album sono ispirati ad altri personaggi di Serie TV. “Milano e dintorni” una dedica alla città da cui provengono e al legame con essa. Il primo singolo, “Carrie”, è il singolo che meglio rappresenta i suoni prevalenti del nuovo album mentre “Elliott” è una canzone che ci fa capire come a volte siamo chiusi o persi nella mente o in un posto.
Le ultime tracce
Legandosi sempre al discorso del mutamento della vita “Castello di carte” ci ricorda come a volte siamo fragili davanti alle novità a cui è soggetta la vita, che possono spiazzare piacevolmente o farci cadere a terra come crolla. L’influenza di Paolo Fresu è ben riconoscibile a orecchio nel brano “Downtown” dove una tromba accompagna il pezzo per tutta la sua durata.
Uroboros, l’ultima traccia, prende il nome dall’Uroboro, il simbolo del serpente che si mangia la coda, creando un cerchio perfetto apparentemente immobile ma che in realtà si muove all’infinito. Quest’ultima traccia così si ricollega alla prima, Metamorfosi, perché la metamorfosi è un cambiamento ma il cambiamento non ha mai fine, si ripete all’infinito, esattamente come gli eventi mutano, mutano le persone di cui ne fanno parte, però si ripropongono sempre all’infinito.
Anche questa traccia, come Metamorfosi non è un brano musicale come gli altri, ma è composto solo dagli strumenti accompagnati da una voce femminile che intona la melodia.
L’album dei Mataleòn è un album che veramente merita di essere ascoltato perché vicino ai giovani non solo tramite le serie TV, ma anche perché tratta un fenomeno che i ragazzi della nostra generazione sta affrontando in modo drastico su qualsiasi campo sociale, lavorativo e personale: il cambiamento.
Ambra Martino
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