Riconosciuto unanimamente come il più grande liutista vivente a livello mondiale.
Il 24 giugno, Hopkinson Smith, è stato ospite all’interno della rassegna ART CITY 17 presso una location di grande prestigio. Le note del suo liuto hanno infatti risuonato all’interno di una delle sale della Galleria Spada.
Biglietti esauriti e sala gremita ben oltre le aspettative iniziali.
Un successo inaspettato per stessa ammissione dell’organizzazione che, prima dell’evento nel fare le dovute presentazioni, ha dovuto ammetterlo dinanzi alle tante persone presentatesi.
Le porte infatti sono state lasciate aperte nonostante il sold out, concedendo così a molti altri appassionati o semplicemente curiosi, di godere dell’emozionante esibizione dell’artista americano.
Durante i circa sessanta minuti di concerto, Hopkinson Smith si è esibito in un reportorio quasi interamente inglese. La scelta è ricaduta su liutisti della seconda metà del 1500 tra cui John Dowland, Anthony Holborne e William Byrd.
Artisti che in epoca rinascimentale donarono nuova linfa allo strumento stesso e cercarono, riuscendoci, di creare un distacco con le composizioni fino a quel momento in auge. Dopo una prima parte, caratterizzata dagli artisti elencati e un piccolo siparietto in cui il liutista americano invitava i fotografi a non muoversi durante la sua esibizione, come da programma è stata la volta del bis. Hopkinson Smith, dopo una breve pausa, ha introdotto un liutista che fu figura centrale nella vita musicale di Roma. Kapsperger, di padre austriaco e madre veneziana, si trasferì appunto nella capitale italiana e conquistò nel giro di breve tempo la fama di virtuoso.
Smith ha dunque deliziato i presenti con alcune composizioni di quest’ultimo. Un piccolo omaggio a Roma, prima di chiudere definitivamente con un ultimo passaggio musicale sempre di fattura inglese.
Precisione e maestria.
Risulta ovviamente inutile parlare dell’aspetto tecnico quando ci si trova di fronte a colui che è riconosciuto come il migliore liutista al mondo. Mi preme invece dedicare due righe a questa manifestazione.
Art City vuole unire l’utile al dilettevole. Portare romani e turisti presso luoghi che altrimenti difficilmente visiterebbero. Non perché siti meno meritevoli in quanto a bellezza, tutt’altro. Semplicemente perché probabilmente soffocati dalle più blasonate bellezze capitoline. Per farlo hanno escogitato un’iniziativa che mi sento di lodare. Prezzi modici, location di spessore e artisti di fama e bravura indiscussa. Obiettivo più che raggiunto durante questa serata.
Probabilmente, come annunciato dalla presentatrice nell’introduzione all’artista, non si tratta di una musica facile. Questo però, assieme al caldo che attanaglia la città eterna in questo giugno atipico, non sembra affatto aver intimorito i tanti e soddisfatti presenti all’evento.
Emiliano Gambelli