Bees make love to flowers è il disco d’esordio del cantautore apriliano Roberto Ventimiglia, in uscita il prossimo 12 febbraio.
Sei tracce che costituiscono non tanto un EP, piuttosto un blocco schizzi. O “bozzetti acustici”, come lui stesso ama definirli. È un insieme di appunti, riflessioni, sentimenti, flussi di (in)coscienza. L’incoscienza, se vogliamo, è quella delle api della title track (potete ascoltarla qui), che sebbene spaventate dai tosaerba, continuano a essere follemente e pericolosamente innamorate dei fiori (“frightened by lawn mowers, but still in love with flowers”).
La scelta dell’ape è carica di significato. Essa è simbolo di vita, di amore incondizionato e di cura infaticabile, operosità e cooperazione in vista di un bene superiore. Si dice che quando le api saranno estinte, il mondo finirà. E allora, forse possiamo prenderci una licenza poetica e immaginare le api anche come una bella metafora della musica. Perché, pensateci, che vita sarebbe senza musica?
Quello che si percepisce nel disco di Roberto è un ottimismo di fondo. Un forte amore per la vita che, però, è accompagnato da uno stato di malinconia che rivela delusioni e sentimenti non corrisposti.
Under Britain’s sky,
I got the reason why you ain’t worth a single line
of the many I wrote for thee.
But this is not thy fault: we just weren’t meant to be
so fly away my dove
and find your own true love.
Questo il testo dell’ultima traccia, Under Britain’s sky. Con il suo minuto e 31 secondi è la più breve del disco, ma anche la più suggestiva.
https://soundcloud.com/robertoventimiglia/under-britains-sky
La concisione e la semplicità delle forme rappresentano l’elemento caratterizzante dell’intero lavoro.
L’utilizzo della sola voce con la chitarra acustica, a cui si aggiungono poche note al pianoforte, mostra la continua tensione dell’autore verso una dimensione a due. Una dualità che non è necessariamente scissione. Anzi, è invece complementarità. È in questa visione che si colloca la compresenza di ottimismo e malinconia di cui si parlava, ma anche la scelta linguistica del disco. Nonostante l’indubbia italianità di Roberto Ventimiglia, è infatti attraverso l’inglese che riesce al meglio a comunicare la sua musica. L’alterità, quasi come privata delle sovrastrutture che applichiamo alla lingua quotidiana, riesce in questo modo a conferire autenticità.
Un dualismo si riscontra anche nella formazione musicale dell’autore che unisce gli studi classici di conservatorio (è diplomato in Composizione) all’indole da autodidatta col gusto per la sperimentazione.
Quel che ne esce fuori è una musica evocativa, ma sempre aderente alla realtà ed espressione della propria anima. Roberto racconta il mondo con un atteggiamento quasi reverenziale nei confronti della natura. Al contempo, con un’attitudine che al primo impatto ricorda l’intimismo di Damien Rice o di Nick Drake, il cantautore apriliano offre se stesso con l’intensità e insieme con l’eleganza di pochi.
Un disco genuino nel significato primordiale del termine: genu era il ginocchio sul quale veniva tenuto il figlio quando veniva riconosciuto ufficialmente dal padre. Il figlio genuino era quindi davvero figlio del proprio padre, lontano da sotterfugi e incertezze. Insomma, tornando al nostro (non)EP, sei tracce che sono una prole naturale e legittima.
Genuino, si diceva, e anche “casareccio” in senso letterale. Bees make love to Flowers è stato, infatti, interamente autoprodotto in casa da Roberto, il quale ha scritto, arrangiato e interpretato le tracce, oltre ad aver disegnato personalmente la copertina.
E adesso, dopo tanta cura e manodopera, è giunto il momento di prendere sulle ginocchia Bees make love to flowers e di presentarlo al mondo: l’appuntamento è per il 12 febbraio!
Francesca Papa