Perché Dante scelse proprio Virgilio come guida? A questa e altre domande risponde il bel saggio di Domenico Comparetti ripubblicato da Luni editore.
Nel silenzio assoluto e nel buio quasi totale, passato appena il grande spavento per la vista di tre fiere minacciose, Dante Alighieri si imbatte, improvvisamente, in una figura umana, seppur “fievole, indefinita, scontornata, quasi affiorasse da una lunga assenza“, come splendidamente presentata da Vittorio Sermonti nel suo bellissimo “L’inferno di Dante”.
Siamo nel primo canto dell’Inferno e Dante, dopo essere stato rassicurato da quello che non è un uomo ma un’ombra e saputo che davanti a sé ha il poeta Virgilio, si lascia andare a parole di pura ammirazione per quello che considera “lo mio maestro e ‘l mio autore” colui da cui l’Alighieri imparò “lo bello stile”.
Potrebbe apparire, quella del sommo poeta, una manifestazione eccessiva, per certi aspetti quasi interessata, nulla di tutto questo. La reazione che Dante mostra al cospetto di Virgilio è assolutamente autentica, genuina, inevitabile, sentimenti, oltretutto, condivisi da molti altri letterati del medioevo, età, in cui, l’autore dell’Eneide era considerato alla stregua dei più grandi poeti di sempre, pari solo a Omero.
Ma da dove nasce questa profonda ammirazione per Virgilio e perché Dante sceglie proprio lui e non un altro grande letterato per farsi guidare fra i gironi infernali e non solo? A queste e altre inevitabili domande risponde Domenico Comparetti, filologo, grecista, papirologo, epigrafista e insigne linguista che al tema del rapporto fra Virgilio e il medioevo ha dedicato anni di intenso e straordinario lavoro, confluiti in un saggio dall’icastico titolo di Virgilio nel Medioevo.
Scritto nel 1872, dopo sei anni di profonde ricerche ed elaborate analisi, riveduto, corretto e ampliato nel 1896, questo saggio, già alla prima pubblicazione, rappresentò una pietra miliare nell’ambito degli studi specifici su Virgilio e sul ruolo che egli ebbe nell’età di Dante, quando divenne esempio, maestro, costante punto di riferimento per tutti i letterati che volessero dignitosamente accostarsi alla poesia e alla letteratura in genere.
Oggi, a distanza di oltre un secolo, il saggio del Comparetti, grazie alla meritoria azione della Luni Editrice, una casa editrice fondata nel 1992 da Matteo Luteriani e specializzata oltre nello studio delle civiltà orientali, anche nella letteratura epica e in particolare medievale, oltre che nella filosofia e pedagogia, ritrova la luce che merita nella collana Grandi pensatori d’Oriente e d’Occidente.
La ripubblicazione di Virgilio nel medioevo nasce proprio dal bisogno di fornire agli studiosi, ma non solo, uno strumento fondamentale per la comprensione di un poeta oggi, per molti aspetti, quasi dimenticato e, forse, eccessivamente legato al poema dell’Eneide, mentre la sua poetica emerse anche, se non soprattutto, in precedenza con capolavori quali le Bucoliche e le Georgiche, opere in cui la sensibilità di Virgilio, svincolata dai successivi “obblighi editoriali” che contrassegnarono la stesura dell’Eneide, poté mostrarsi appieno, tanto da colpire non solo suoi contemporanei quali Augusto stesso, che scelse lui e non altri per la creazione del grande poema che avrebbe eternato Roma, ma anche futuri letterati a partire, ovviamente, dallo stesso Dante Alighieri.
Per comprendere appieno la portata e la rilevanza di questo saggio bisogna necessariamente ripartire dalla biografia del suo autore, pregna di esperienze culturali uniche e culminata nella nomina, il 20 novembre del 1891, a senatore a vita.
Comparetti, che scomparve a 92 anni a Firenze, si accostò agli studi umanistici in modo del tutto personale, da autodidatta, visto che proveniva da ben altri settori, essendosi laureato, nel 1855 presso la prestigiosa La Sapienza di Roma, in Scienze naturali. Ma quegli interessi, per quanto importanti, non lo soddisfecero appieno e l’approdo alla letteratura e agli studi umanistici fu inevitabile. Comparetti fu uno studioso bulimico, non trascurò praticamente nessun campo del sapere classico e non solo (si spinse fino allo studio della lingua finnica), trovando, tuttavia, nella letteratura greca, disciplina di cui divenne docente alla Normale di Pisa, e latina la sua maggiore e piena espressione. Proprio scandagliando l’universo poetico latino si innamorò di Virgilio e della sua infinita arte. Iniziò a lavorare sul poeta mantovano a partire dal 1866 e sei anni dopo diede alle stampe la prima edizione di Virgilio nel medioevo, summa dei precedenti studi.
Il saggio ripubblicato oggi da Luni è quello della seconda edizione, quella del 1872, ed è suddiviso in tre parti. Nella prima Comparetti analizza Virgilio nella tradizione letteraria fino a Dante, mentre nella seconda affronta il ruolo assunto da Virgilio nella leggenda popolare, sottolineando come la poesia volgare, che si sviluppa a partire dal medioevo, trovi, proprio nella poesia virgiliana, un convincente legame, anche se apparentemente, a un disattento lettore, le due forme di poesia potrebbero apparire “cose tanto diverse per qualità di forme, per sentimenti e tendenze”, quasi antitetiche fra loro.
Infine nella terza parte, quella oggettivamente destinata a un pubblico di studiosi, Comparetti riporta integralmente i testi, che data la complessità degli stessi vengono riprodotti dall’editore nella originaria veste grafica, delle leggende virgiliane, cioè testi scritti in diverse lingue, dal latino al volgare passando anche per il tedesco, che narrano fatti, leggende appunto, la più celebre e speciosa è quella della presunta magia di Virgilio, sorte intorno alla figura del poeta lombardo, fulgide testimonianze di quale impatto ebbe lo stesso sulla cultura europea medievale, in particolare francese, italiana e tedesca.
Un saggio, come si legge nel bellissimo italiano di fine Ottocento della prefazione alla I° edizione, il cui intento è quello di “esporre tutta intiera la storia della nominanza di cui godette Virgilio lungo i secoli del Medioevo, segnarne le varie evoluzioni e peripezie”, indagare i motivi che resero Virgilio un autentico maestro nella storia del pensiero europeo. Un saggio che ci riporta inevitabilmente al passato, agli anni del liceo, alle emozioni che la grande letteratura ci ha regalato e che grazie anche a questo “giovane-vecchio” libro, tornano fervide e più vivide che mai.
Maurizio Carvigno