Giunto all’ottavo episodio, la saga storica scritta da Roberto Fabbri, legata alle gesta del futuro imperatore Vespasiano, ancora entusiasma.
In questa sua ultima fatica letteraria, edita da Newton Compton, Roberto Fabbri racconta uno dei capitoli più drammatici della storia di Roma, il rovinoso incendio del luglio del 64 d.C.
Un fatto di cui autori come Tacito e principalmente Svetonio si occuparono molto, attribuendo la responsabilità a uno solo, l’imperatore Nerone.
Proprio lo stravagante figlio dell’ambiziosa Agrippina, è uno dei protagonisti di Roma in fiamme, ennesimo capitolo di una saga iniziata anni fa con Il Tribuno.
Il romanzo storico è un coacervo di vero e di verosimile, ingredienti necessari per sviluppare una trama affascinante e al tempo stesso credibile.
Roberto Fabbri da anni non sfugge a queste regole ferree, regalando al suo pubblico romanzi storicamente ineccepibili e narrativamente appassionanti.
Anche in questo capitolo di una storia, che già prevede un nuovo episodio dal titolo Emperor of Rome, come anticipato dallo stesso autore, protagonista assoluto è Tito Flavio Vespasiano.
Questa volta il valente generale deve riportare a Roma duecento soldati resi prigionieri nel lontano regno di Garama, a 400 miglia a sud della provincia romana d’Africa.
Siamo nel 63 d.C e a Roma regna Nerone.
Il barbuto imperatore, pochi giorni prima dell’inizio di quella rischiosa missione attraverso gli aridi deserti africani, ha perso la sua bambina, morta cento giorni dopo essere stata partorita dall’avvenente Poppea.
Il racconto del pericoloso incarico conferito a Vespasiano è solo il prologo alla vera e propria storia, quella dell’incendio di Roma.
Roma in fiamme è uno di quei libri che ha il pregio di unire una rigorosa ricostruzione storica a una trama avvincente.
Grazie ad essa il lettore è direttamente proiettato nella brulicante capitale di quel vasto impero.
Bellissime le descrizioni dei celebri banchetti voluti da Nerone, in cui la stravaganza gareggiava con un’inaudita violenza. Uno di questi si svolge sul lago di Tigellino e non si tratta di finzione.
Sesso, depravazione, sopruso: nulla manca nelle pagine in cui si racconta di come Nerone amasse “intrattenere” i suoi ospiti nelle sue leggendarie feste.
Ma la parte più suggestiva di tutto il bel romanzo di Roberto Fabbri è senza dubbio quella relativa al disastroso incendio che, partito da un forno posto nel Circo Massimo, divampò in quasi tutta Roma, devastandola.
Leggendo quelle coinvolgenti pagine si è come scaraventati in quei giorni drammatici.
Si sente il crepitio delle case in fiamme, si odono le urla disperate dei romani che fuggono dal fuoco divoratore, si assiste inermi alla catastrofe.
Si corre come migliaia di altri romani terrorizzati in fuga «dalla crescente conflagrazione che, ormai, con le fiamme che artigliavano le nuvole di fumo sempre più alte, illuminava l’intero quartiere.»
Ma grazie a Fabbri entriamo anche nelle lussuose stanze della Domus aurea, la splendida dimora che Nerone iniziò a costruire sulle rovine di Roma ancora fumante.
Un romanzo che unisce la storia conosciuta a quella più intima e privata di Vespasiano e della sua famiglia.
Non solo il capostipite della gens Flavia, ma anche i suoi due figli Tito e Domiziano, l’amante, la moglie, lo stuolo di liberti e di fidati collaboratori.
Intense le pagine che raccontano la morte della moglie e di come il secondogenito Domiziano, futuro imperatore anche lui, sfuggì al desiderio di vendetta dello “Storpio”, un ex schiavo, brutalizzato da Vespasiano.
Un libro in cui si incontrano una miriade di personaggi storici, fra cui anche San Paolo, che fanno riaffiorare la memoria di fatti imparati sui libri di scuola.
Ecco, allora, gli sfortunati ideatori della “Congiura pisoniana” che avrebbe dovuto terminare con l’uccisione di Nerone.
La macchinazione, ordita da Gaio Calpurnio Pisone, venne però scoperta.
Nerone si salvò, al contrario dei suoi cospiratori che pagarono tutti con la morte.
Fra questi anche il filosofo Seneca, «il più grande pensatore, nonché il più grande usuraio dell’epoca» a cui Nerone “nella sua infinita clemenza” concesse il diritto di suicidarsi.
Roma in fiamme, un titolo che onestamente non fa onore al libro, è un fitto intreccio di potere, emozioni e umane debolezze, sullo sfondo di una storia, quella romana che, a distanza di millenni, non smette ancora di affascinare.
Maurizio Carvigno