Prima di perderti di Tommaso Giagni
“Il duello ha forma verbale. Le parole saranno armi sufficienti. I testimoni portano con sé stessi la propria storia e il loro rapporto con i duellanti”.
Giuseppe, scrittore fallito e frustrato, si suicida buttandosi da un balcone. Suo figlio Fausto, scrittore anche lui, ma di grande successo, si reca nella periferia di Roma per disperdere le ceneri del padre. Prima di compiere questo tragico gesto, Fausto ha una visione del padre che gli compare davanti e lo sfida ad un duello psicologico.
È una sorta di resa dei conti sulle loro vite e il loro rapporto. Il romanzo è il racconto di questo confronto.
Il conflitto tra padre e figlio, ricco di pathos, non è un tema di assoluta novità: è già edipico, kafkiano, freudiano. L’originalità va trovata quindi nei modi di sviluppare il nodo drammatico.
Nel caso di questo romanzo, il tema si declina nel confronto fra due scrittori dalle sorti opposte, nella scrittura come nella vita. Giuseppe è uno scrittore fallito, ridottosi a fare il ghostwriter mentre rimanda in eterno la stesura del romanzo della sua vita. La sua grande opera però non è mai arrivata. Fausto, invece, ha ottenuto grande successo cantando le gesta dei “coatti” della sua periferia.
Eppure il conflitto non si risolve nell’arte. Familiari ed amici vengono tirati in ballo e così compaiono le ombre di Benedetta, la madre di Fausto che ha tradito il marito ed è scappata in una comunità hippy, e Catia, la fidanzata di Fausto. Sono comparse evanescenti che prendono parte alla resa dei conti, ma alla fine si fanno da parte lasciando la scena ai due protagonisti.
Il romanzo non si esaurisce con Fausto che rimprovera il padre, né con Giuseppe che ammette i propri rimpianti. È un duello, uno scambio bidirezionale. Ognuno dei due mette alla prova allo stesso tempo l’altro e sé stesso. Emerge la sensazione che il rapporto sia più complesso di quel che possa sembrare:
Ma forse è da un’altra prospettiva che devi guardarla, quella frase famosa: « Le colpe dei padri non devono ricadere sui figli». Forse la devi intendere come: «I padri sbagliano, ma questo non può essere un alibi per i figli». (p. 138)
Sta qui l’originalità di questa Lettera al padre di Giagni: è in realtà un dialogo col defunto.
Lo stile, nel complesso, è consono al racconto: piano e colloquiale nella mimesi di Fausto e del suo mondo di “coatti” (“simpaticissimo, proprio supercafone!“), nel corso del dialogo si fa più soppesato e sofferto. Incastonata qua e là c’è qualche parola più austera e qualche sentenza (“E lui sa che nel trascendente un ateo va senza orientamento. In quella che è luce per alcuni, altri ci diventano ciechi“. P. 26, “Pensi che il silenzio non conosca il rumore?” p. 112 ). La tecnica narrativa e lo stile sono quasi cinematografici: rendono con vivida efficacia scene che pure sono oniriche, surreali.
Il principale pregio di questo romanzo probabilmente è proprio questa mancata risoluzione, l’impossibilità di un’interpretazione univoca o di una pacificazione, che avrebbero banalizzato un rapporto che non è fatto solo di bianchi e neri, di amore e odio. È un romanzo di conflitti, ma anche di confini labili e mutevoli, fra padre e figlio ma anche fra loro e il mondo.
Prima di perderti, Tommaso Giagni, Einaudi Stile Libero, pp.141, ottobre 2016.
Davide Massimo
Ottima recensione!