Con Possiamo salvare il mondo prima di cena di Jonathan Safran Foer (edito da Guanda), i Postumi Letterari sono andati verso la lettura dei saggi, lasciando un po’ da parte romanzi, racconti e manga.
Il libro si occupa di un tema caldo e quanto mai attuale: il cambiamento climatico e cosa può fare ciascuno di noi per evitare il disastro ambientale. Devo ammettere, però, che nella scelta della lettura del mese non mi sono fatta guidare tanto dall’argomento quanto dal nome dell’autore. Conosco Foer da qualche anno grazie a uno dei romanzi più belli che abbia mai letto: Molto forte, incredibilmente vicino. Qualcuno potrebbe averne sentito parlare grazie all’omonimo film con Tom Hanks uscito nel 2012. È un libro molto commuovente sull’attentato alle Torri Gemelle in cui il protagonista è un bambino con la sindrome di Asperger che perde il padre proprio durante l’attacco dell’11 settembre.
L’autore per me era una garanzia e devo ammettere che anche questa volta non ne sono stata delusa. Certo, descrivere questo libro con una metafora alcolica è un po’ difficile. Possiamo salvare il mondo prima di cena per me è più una tisana digestiva, utile quando il corpo è in sofferenza, ma molto amara da bere.
Audio Recensione
Di cosa parla Possiamo salvare il mondo prima cena
Trattandosi di un saggio, non si può parlare di trama vera e propria anche se Foer porta avanti il suo discorso combinando storie diverse.
La sua è una dissertazione su come molte delle nostre abitudini quotidiane sono nocive per l’ambiente e dovrebbero assolutamente cambiare se vogliamo evitare di andare incontro a un’estinzione di massa. Ma prima di fare questo, Foer riflette sul perché anche le persone che non negano il cambiamento climatico facciano fatica ad assumersi delle responsabilità per cambiare stile di vita. Perché, ammettiamolo, il problema non sono solo coloro che non ci credono, ma anche la generale ignavia e ignoranza sull’argomento. E la risposta che Foer trova è semplice e disarmante: l’emergenza ambientale non è una buona storia.
Può sembrare incredibile, ma noi lettori e lettrici dovremmo capire più di chiunque altro la sua posizione. Un fatto di per sé può essere o non essere eclatante, ma ciò che fa davvero la differenza è il modo in cui lo si racconta. Chiedetelo a chi si occupa di pubblicità o di comunicazione in generale. Chiedetelo a chi fa arte. Il mezzo impiegato fa la differenza perché è ciò che arriva alla parte emotiva di chi riceve. E gli esseri umani, per essere spinti ad agire, devono provare emozioni.
Per questo motivo, Foer tratta le questioni scientifiche usando tanti spunti diversi, raccontando storie di vita personale e aneddoti storici. Cerca di rendere l’argomento più vicino a chi legge senza tralasciare l’urgenza e la serietà della situazione.
La struttura del libro
Il libro è diviso in cinque parti e lo stile della narrazione cambia a seconda del blocco in cui siamo. Nelle parti dispari, l’argomentazione viene portata avanti dall’autore con continui riferimenti ad altro. Si parla della ola, di viaggi nello spazio, di Rosa Parks, del giorno del ringraziamento, degli ultimi momenti che l’autore passa insieme alla nonna. Ma il paragone che ritorna più spesso è quello che vede accomunati l’Olocausto e i cambiamenti climatici. Sono entrambe due tragedie (una compiuta l’altra che sta per verificarsi) che sono state provocate non solo dalla ferocia di alcuni individui, ma anche dall’incapacità di altri di crederci o di fare qualcosa. La responsabilità – e per l’Olocausto lo sappiamo bene – è condivisa tra chi ha compiuto l’azione e chi ha fatto finta di non vedere.
Foer definisce il problema ecologico come un evento concettuale che non riesce a essere colto a livello emotivo. Per questo motivo c’è molta indifferenza ed è per questo che serve raccontare la questione climatica in modo coinvolgente. Solo così si potrà suscitare una reazione in chi ascolta.
Non abbiamo nessuna difficoltÀ a festeggiare la storia, ma ci riesce difficile partecipare alla sua creazione.
Jonathan Safran Foer, Possiamo salvare il mondo prima di cena
Nei blocchi pari, invece, il tono cambia del tutto. Nella seconda parte, i capitoli sono costruiti come elenchi puntati in cui vengono date informazioni scientifiche sul cambiamento climatico in atto. Ci sono numeri, percentuali, previsioni. Tutto viene enunciato con un’oggettività chiara, fredda, concisa che dà i brividi.
Invece, nella quarta parte, Foer ingaggia un vero e proprio botta e risposta con la sua anima sulla visione pessimistica e priva di fiducia per le sorti dell’umanità e anche sulla pigrizia che limita l’azione.
Il cuore del problema
Perché Foer è uno di noi. Nonostante lui sia l’autore del libro e stia cercando di svegliare le coscienze a proposito di questo problema, riconosce che quello che dovremmo affrontare per cercare di salvare il mondo è tanto necessario quanto difficile. E lui condivide queste difficoltà in quanto essere umano. Non si pone al di sopra di noi perché ci sta spiegando cosa fare, ma si mette sul nostro stesso livello mostrandoci dubbi e perplessità che sono nostre, ma anche sue.
La soluzione al problema ambientale non è solo nelle politiche governative che vengono dall’alto. Questa è un’idea giusta che si è trasformata in un alibi per non fare nulla di propria iniziativa. Foer ci rivela una scomoda verità. Il mondo può essere salvato dall’azione dei singoli, dal basso, ma bisogna trovare il coraggio di cambiare anche drasticamente le nostre abitudini. La prima cosa fare? Evitare il consumo di prodotti di origine animale.
Foer ci rivela il cuore del problema a pagina 76, consapevole di trattare un argomento sgradito e difficile da accettare. Ci dà i dati scientifici che dimostrano come gli allevamenti intensivi stanno distruggendo gli ecosistemi, la natura e alterando la composizione dell’effetto serra. Gli effetti dei cambiamenti climatici sono già visibili e colpiscono (e colpiranno) per primi alcuni paesi – come il Bangladesh, Haiti, le Fiji – che non inquinano tanto quanto altri – come gli Stati Uniti, il Brasile o la Cina. Tuttavia, rinunciare alla nostra dieta in favore dell’ambiente ci risulta difficile. Alcuni la prendono anche con rabbia (pensiamo alla generale ostilità immotivata verso i vegani). Foer stesso ammette di far fatica a rinunciare alla carne perché gli piace e perché il desiderio di mangiarla è più forte dell’idea di far del bene all’ambiente. L’emotività si scontra con la ragione e quest’ultima non ha scampo.
Le altre azioni da compiere per aiutare il pianeta sarebbero evitare di viaggiare in aereo, di usare la macchina e di avere figli. Tra tutte queste, Foer scrive che quella più risolutiva nell’immediato sarebbe il cambiamento della dieta. Ma, diciamocelo, sono tutte cose che scatenerebbero dibattiti molti accesi nei toni. Anzi, sono cose che fatichiamo a sentirci dire perché limitano la nostra libertà di scelta e anche i nostri desideri. La soluzione che Foer propone sta nel titolo del libro: Possiamo salvare il mondo prima di cena, ovvero possiamo provare a evitare di consumare alimenti di origine animale almeno durante il giorno. Abituandoci a questo, magari potremmo pian piano arrivare a una dieta quasi interamente a base vegetale.
Egoisticamente potremmo non volerlo. Potremmo disinteressarci di tutto questo. Ma dobbiamo essere consapevoli che questo significa anche non dare un futuro non solo alla specie umana, ma a tutto il mondo per come lo conosciamo.
Siamo pronti a definirci attraverso quello che abbiamo: proprietÀ, soldi, opinioni e like. Ma a rivelare chi siamo È quello a cui rinunciamo. I cambiamenti climatici sono la piÙ grande crisi che l’umanitÀ si sia mai trovata davati e si tratta di una crisi che saremo sempre chiamati a risolvere insieme e contemporaneamente ad affrontare da soli. […] dobbiamo rinunciare ad alcune abitudini alimentari oppure rinunciare al pianeta. la scelta È questa, netta e drammatica.
Jonathan Safran Foer, Possiamo salvare il mondo prima di cena
Un libro dal concetto brillante
Foer per me si conferma un autore che sa come si scrive. È consapevole del potere delle parole e dello stile e sa come usarli. Nonostante il libro possa essere pesante visti gli argomenti trattati e risulti un po’ ripetitivo in alcuni momenti, per me è brillante. Non solo per il concetto che esprime, ma anche per come lo fa.
È stato difficile per me confrontarmi con il tema ambientale perché condivido la frustrazione di Foer. Condivido quel senso di dover fare qualcosa per il mondo, ma anche la mancanza di volontà nel compiere un’azione che andrebbe a stravolgere il mio stile di vita. Eppure, tutti i cambiamenti devono iniziare da qualche rinuncia.
Il libro riesce nel suo intento: arriva a livello emotivo. Ti preoccupa, ti intristisce, ti fa provare rabbia e ti fa mettere in discussione. La lettura potrebbe avere delle conseguenze sul modo in cui guardiamo il mondo.
Chi dovrebbe leggere Possiamo salvare il mondo prima di cena
Possiamo salvare il mondo prima di cena è una lettura adatta a tutti, giovani e adulti. Il linguaggio di Foer è semplice e comunicativo, può arrivare a tante persone. Più che alle persone scettiche sui cambiamenti climatici (che sfortunatamente non cambieranno idea facilmente), lo consiglierei a chi è consapevole del problema ma non lo sente particolarmente vicino. È un punto di vista utile che potrebbe anche cambiare la vostra visione del mondo.
Il titolo del prossimo mese
Lasciando da parte i saggi, inauguriamo il nuovo anno con un romanzo. Questa volta ho scelto Vita mortale e immortale della bambina di Milano di Domenico Starnone, pubblicato da Einaudi. Si tratta di un altro autore che stimo e di cui sono curiosa di leggere la nuova creazione.
Chi si unisce a me? Abbiamo tempo fino all’11 febbraio per leggerlo.
Federica Crisci