Ho individuato nell’insieme delle professioni umanistiche alcune figure lavorative che necessitano più della pratica che della teoria per poter nascere.
Nell’ambito delle tanto bistrattate professioni umanistiche ci sono alcune figure lavorative che non necessitano di un vero e proprio percorso di studi.
Ma nell’insieme di queste rispettabilissime carriere ci sono alcune figure che si differenziano dalla maggioranza. Sono quelle, a mia detta, prive di studi teorici, ma realizzabili solo ed esclusivamente tramite la pratica.
Attualmente nascono di continuo nuovi corsi per insegnare qualsiasi disciplina. Con l’unico neo che alcune discipline, specie quelle umanistiche, hanno lacune sulla parte pratica.
Le figura cui faccio riferimento è l’editore. Anzi, più precisamente l’editor. Sono ostinata a ritenere che questa professione umanistica sebben introdotta dalle Università italiane con tanto di lauree magistrali o master o corsi extra, non è tutelata come merita.
Le professioni culturali nascono con l’esperienza e non grazie al percorso di studi fornito dall’Università.
Quale università può insegnare il lavoro dell’ufficio stampa se non lavorandoci direttamente? La risposta a questa domanda la danno i diversi workshop o corsi extra curriculari forniti dalle case editrici, spesso indipendenti, o dalle agenzie stampa.
Non nascondo che alcune volte questi corsi siano organizzati per incrementare le proprie casse. Ma almeno, risulta più concreto un corso fornito dalla stessa casa editrice, piuttosto che il corso di Laurea Magistrale in Editoria e Scrittura alla Sapienza.
Corso di laurea al quale io sono iscritta, pur sapendo delle illusioni che una laurea del genere comporta. Esagero quando parlo di illusioni? No! Concludere un ciclo di laurea tramite la 3 più 2 è indubbiamente proficuo, sia a livello lavorativo che personale. Illudere gli studenti che seguendo un corso di Editoria e Scrittura si possa uscire dalle aule con le competenze pratiche per entrare, un domani molto lontano, in una casa editrice, non lo è.
Una volta registrato un bel 28 con l’esame “Deontologia del giornalismo” o “Stampa della storia periodica” o ancora “Agenzie e nuovi media”, una volta che ci si propone per lavorare in casa editrice, cosa sappiamo fare? Niente! L’editore che ci prende sotto la sua ala protettrice lo sa, e per questo ci propone un bello stage gratuito. E questo si, a tempo indeterminato!
La gavetta nelle professioni culturali non deve essere mero sfruttamento
Sia chiaro: la gavetta è necessaria! Solo sporcandosi le mani si può avere una visione completa del ruolo che si vuole ricoprire. Ma anche la gavetta presuppone delle conoscenze base, che non tutti gli indirizzi umanitari forniscono.
Se i corsi universitari fossero più pragmatici e ben indirizzati, con dovuti periodi di prova durante gli studi, ci presenteremmo agli occhi del datore di lavoro sotto un altro aspetto.
Se per un mese di Università imparassimo a spedire pacchi per le librerie, a scrivere buoni articoli, a redigere un comunicato stampa, state certi che sarebbe più facile sfuggire al subdolo meccanismo del tirocinio non retribuito, che senza una fine, si propone nel cv di tutti noi.