“Nel mare c’è la sete” è l’esordio letterario della cantautrice pugliese Erica Mou, edito Fandango.
L’autrice inizia la sua carriera musicale nel 2008 e tramite Red Ronnie entra in contatto con Caterina Caselli che le propone un contratto discografico con la sua etichetta, la Sugar Music.
Nel 2012 arriva seconda al Festival di Sanremo, nella categoria giovani, vincendo il premio della critica Mia Martini e nel 2014 è candidata ai David di Donatello per la miglior canzone originale.
Il suo primo romanzo esce a marzo 2020. In copertina una sedia bianca che ricorda quella delle nonne e un palloncino rosso. Ed è forse è proprio su quella sedia che potremmo immaginare la protagonista del romanzo, Maria, una donna di quelle che nella borsa non trovano mai nulla, e che ha ucciso sua sorella, Estate.
Una vita di sensi di colpa
Un romanzo che parla della sua storia d’amore con Nicola, pilota d’aerei cuoco e genero perfetto ( nonostante venga assalito da attacchi di ansia notturni).
Dopo il lutto, la famiglia di Maria ha dovuto ricrearsi e reinventarsi una nuova vita: il padre ha smesso di andare in ufficio, la madre si è sforzata di avere dei rapporti con lei, unica figlia rimasta in vita la quale, dopo aver trascorso anni senza scopi precisi, trascorre un periodo a Londra e apre un negozio eccentrico: “PORTAGIOIE”.
I clienti si recano da lei affinché pensi e compri per loro regali importanti per persone importanti, confezionando il tutto con amore o affetto e con un bel fiocco. Nonostante ciò, è la storia di una donna che si porta dietro la colpa per aver ucciso la sorella e cerca di sfuggire all’idea che si sono fatti di lei.
Ventiquattro ore nella testa di Maria
“Nel mare c’è la sete” è un romanzo che si svolge in 24 ore nella mente di Maria: un bel giorno si incrina nel tempo di 4 pasti e si accorge di avere un negozio che non vuole, un compagno che non riesce a lasciare e fa una scoperta che la porterà a rivalutare tutto ciò che ha nella sua vita.
E il lettore, in queste 24 ore, resta spettatore dei suoi pensieri, delle sue decisioni, del peso del dolore che si porta dietro e che le ha condizionato la vita.
In questo romanzo appare tutta la vena da cantautrice di Erica Mou: tra le righe traspare sempre una certa musicalità, come se si leggesse sempre un testo di una canzone, frasi corte, un ritmo incessante caratterizzato da una melodia a tratti forte e a tratti lenta.
L’incontro con l’autrice
Ho assistito alla presentazione del suo libro in una sera d’estate in Puglia, nella sua e mia terra, presso il Mat ad un evento organizzato dall’associazione culturale Panda sulla Luna.
Erica Mou racconta di come questo libro nasce per caso, senza un solido perché: aveva iniziato a scrivere e si era accorta che le pagine che scriveva aumentavano di continuo, voleva semplicemente scrivere una storia che in una canzone non entrava.
Nel racconto di Erica Mou descrivendo la protagonista, Maria, parla di un blocco di marmo che ognuno di noi possiede al proprio interno.
L’obiettivo del racconto, dopotutto, è quello di invitare il lettore a trovare gli strumenti per trasformare questo blocco in un potenziale come la pietà di Michelangelo, ad esempio.
Maria, la protagonista, si adagia passivamente nella sua vita non riuscendo ad affrontare il peso delle decisioni e non riuscendo a cogliere la bellezza che la vita le pone dinanzi ogni giorno.
Ma un altro elemento importante nel libro, così come nelle sue canzoni, è l’acqua. Erica spiega quanto non sia una grande nuotatrice e della sua paura della profondità del mare e di come il suo rapporto con l’acqua rifletta la sua incapacità, nella vita, di esser presente nei momenti di leggerezza.
Nonostante ciò, resta fondamentale per lei, avere sempre un contatto con l’origine quando scrive e questa origine è rappresentata solo dall’acqua.
Un bel romanzo, questo, che porta alla luce ( e all’acqua) il senso di colpa e il ‘non detto’ di Maria, i pensieri che non vengono esplicitati restando, forse, i più veri.
Chissà quante Maria albergano dentro di noi, quanto comprendiamo i suoi sensi di colpa e quanto riusciamo a farne, dei nostri blocchi di pietra delle vere sculture di bellezza nella nostra vita.
Foto e articolo di Francesca Sorge