La vedova Van Gogh. Come una donna rese immortale l’artista

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Un libro che scopre il ruolo fondamentale di una donna nella scoperta di Vincent Van Gogh, necessario per conoscere il successo post mortem dell’artista.

29 luglio 1890, Parigi, Francia. E’ sera e in una modesta casa del popolare quartiere di Pigalle aleggia un’aria di disperazione, di puro, autentico dramma. Vincent Van Gogh, dopo un’agonia di tre giorni dal tentativo di suicidio, è morto.

Theo, il fratello minore, è devastato, non accetta quella notizia, non crede possibile che Vincent non ci sia più, che quel loro legame sia stato definitivamente interrotto. Da quel giorno ferale Theo inizierà lentamente a morire.

In quella stessa identica giornata Johanna Van Gogh-Bonger, la moglie di Theo, la cognata di Vincent, comincia a scrivere un diario. Lo terminerà tre anni dopo. Quel giorno, in quella casa parigina con quelle pagine intime scritte da una donna, fino allora semplice comparsa, inizierà una incredibile avventura.

Che Theo abbia avuto un peso specifico nella crescita artistica del fratello è cosa assai nota. Fu lui, infatti, a convincere il timido e titubante Vincent a trasferirsi a Parigi, facendogli vedere il coloratissimo mondo degli impressionisti; e fu sempre lui ad aiutarlo moralmente ed economicamente.

Molto meno conosciuto è, invece, il ruolo determinante, per certi aspetti fondamentale, di Johanna nella fortuna post mortem dell’autore della Notte stellata che, in vita, aveva venduto soltanto due tele, ricevendo solo pesanti critiche e trovando sempre porte chiuse.

A far conoscere questa pagina misconosciuta nella biografia di Vincent Van Gogh contribuisce in modo determinante il bel libro di Camilo Sanchez.

Opera prima del giornalista argentino, La Vedova Van Gogh, edito in Italia da Marcos Y Marcos, è un lungo lavoro di assemblaggio di fonti, fra cui il diario di Johanna e l’infinito epistolario dei due fratelli Van Gogh, e di brani di pura invenzione che fanno del testo un saggio ma anche un bellissimo romanzo, che ci riporta nella Parigi di fine secolo, dove la cultura era di casa e la si respirava ovunque, anche in certi caffè all’aperto dove i camerieri lasciavano “sui tavolini foglietti colorati per assecondare l’impulso di scrivere”.

La vedova Van Gogh è però, se non soprattutto, il racconto di come una giovane donna abbia potuto spendersi, praticamente da sola e con un figlio da crescere, per rendere immortale un pittore che nessuno apprezzava, con la tenacia tipica degli olandesi, era nata ad Amsterdam il 4 ottobre 1862, e con la forza unica delle donne in un mondo ancora completamente dominato dagli uomini. Lasciata Parigi e tornata nella natia Olanda, Johanna iniziò a conoscere attraverso i tanti quadri ma principalmente le infinite lettere, la complessa personalità del cognato ma anche quella del marito.

E sono proprio le centinaia di lettere, che Theo aveva raccolto per anni legandole con nastri colorati, a rendere speciale il libro di Sanchez. Perché Johanna scioglierà quei nastri, leggerà avidamente quelle lettere, scandagliando l’anima di Vincent e scoprendo non solo un pittore ma anche un poeta, un uomo che “scrive come dipinge”.

La vedova Van Gogh è un libro di cui oggettivamente, nell’empireo dei molteplici testi sul pittore olandese, si sentiva il bisogno, perché fa luce sul ruolo di una donna straordinaria che nel giro di pochi mesi, dal suo ritorno in Olanda, fu in grado di allestire le prime mostre su Van Gogh, scegliendo le tele giuste, in questo avvalendosi anche dei preziosi consigli che lo stesso Vincent aveva lasciato nelle lettere, allacciando i contatti con le persone giuste, superando innumerevoli difficoltà e facendo suo il motto di un’altra donna, Lucia Tower: “non essere timorosa, non pretendere il successo immediato, poiché quello vero richiede tempo”.

Johanna, iniziando a scrivere il suo diario, cominciò a conoscere Vincent Van Gogh regalandolo al mondo intero.

Leggendo ed amando questo bellissimo libro noi, imperituri amanti di Van Gogh, verseremo il tributo, seppur tardivo, a una donna senza la quale, forse, il mondo unico e colorato del pittore olandese sarebbe rimasto per sempre nel buio di una notte senza stelle.

Maurizio Carvigno

Nato l'8 aprile del 1974 a Roma, ha conseguito la maturità classica nel 1992 e la laurea in Lettere Moderne nel 1998 presso l'Università "La Sapienza" di Roma con 110 e lode. Ha collaborato con alcuni giornali locali e siti. Collabora con il sito www.passaggilenti.com

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