L’orecchio di Malco, il nuovo avvincente romanzo di Pieter Aspe

l'orecchio di malco

L’orecchio di Malco è l’ultima fatica letteraria di uno dei più grandi giallisti contemporanei, un libro che parla di Europa e all’Europa.

Un uomo porta a spasso il suo cane come ogni mattina nel Pastoor Van Haeckeplantsoen di Bruges, «un tempo un giardino selvatico con un singolare assortimento di alberi piantati dai primi proprietari di una maestosa villa sul Gulden Vlieslaan». Mentre passeggia trova improvvisamente, riversa in terra, una donna completamente nuda e in evidente stato confusionale. Preoccupato da quell’inattesa scoperta, il parco solitamente a quell’ora è pressoché deserto, chiama immediatamente la polizia per riferire quanto appena visto.

La donna viene soccorsa, sommariamente rivestita e poco dopo, in compagnia di un interprete, viene interrogata dentro i locali della stazione di polizia. Si chiama Berthe Courriere, è una bella donna con un fisico androgino ma decisamente affascinante. Ricorda solamente di essersi tolta i vestiti e di essersi seduta su divano accanto a un uomo di nome Maxime, conosciuto in precedenza a Parigi, e nulla più.

Ha così inizio una lunga, complessa e decisamente inconsueta indagine per il commissario Van In e per il suo fidato collaboratore Versavel, sullo sfondo di una vecchia e suggestiva Bruges che, persa fra i suoi canali, assiste placida nella sua fiamminga bellezza, all’ennesimo mistero.

È questo l’incipit dell’ultima fatica letteraria dello scrittore belga Pieter Aspe, L’orecchio di Malco, edito da Fazi e tradotto da Ciro Garofalo, che già dal titolo lascia chiaramente intuire una trama elaborata, un intreccio complesso con impliciti riferimenti biblici, evidenti fin dallo stesso titolo.

Malco, infatti, è il nome del servo del sommo sacerdote Caifa, che arresta Gesù subito dopo il famoso bacio sulla guancia dato da Giuda e al quale Pietro mozza con un colpo di spada l’orecchio. Un personaggio minore, ma citato in tutti e quattro i Vangeli, che rimanda al cristianesimo, alla sua nascita fatta di tradimenti e di violenza (quella di Pietro nello specifico). Tuttavia questa religione nel romanzo di Aspe è ben diversa da quella degli albori.

Dietro a quella donna nuda, che ricorda poco o nulla, si cela un fitto sottobosco composto di una setta di fanatici cattolici, ossessionati dal sesso, di squali ben introdotti nella finanza e del loro assurdo desiderio di creare una teocrazia nel cuore della vecchia Europa.

Un tema, quello proposto da Aspe nel suo romanzo decisamente insolito, visto che ad anelare una dittatura retta su principi religiosi non sono gruppi estremistici islamici, come la drammatica realtà di questi giorni imporrebbe, bensì cattolici in doppio petto, assolutamente insospettabili.

Ma questa apparente incongruenza è spiegata dallo stesso Aspe, uno scrittore da due milioni di copie vendute, che, in una recente intervista a Repubblica.it, afferma come gli avvenimenti descritti nel libro traspongano nell’oggi ciò che accadeva nel Medio Evo, quando erano i cristiani con l’Inquisizione a uccidere donne e infedeli, ad imporre la loro fede mentre oggi sono gli estremisti musulmani a farlo.

Un giallo incalzante, fatto di colpi di scena di vari livelli narrativi (che coinvolgono lo stesso commissario Van In), di adrenalina, ma anche di inevitabile riflessione.

Un romanzo in cui si intrecciano più storie e più figure, ma che ha un solo vero protagonista, un commissario politicamente scorretto, molto più vicino al Nestor Burma di Leo Malet che, come invece molti sostengono, al Maigret di George Simenon.

Van In, infatti, beve, e non poco, fuma, non disdegna i film porno e utilizza modi spicci, non sempre in linea con le regole. È un tutore dell’ordine decisamente anticonformista, che, per certi aspetti, ricorda e non poco lo stesso Aspe, il quale prima di fare a tempo pieno lo scrittore dopo l’esordio letterario del 1995 (al primo romanzo ne sono seguiti altri 31 romanzi di cui sette pubblicati meritoriamente da Fazi), ha svolto mille lavori: da venditore di granaglie a custode di una basilica, da impiegato in un’impresa tessile a lavoratore stagionale nella polizia marittima.

Un giallo, certo, ma anche un racconto che mette in risalto la decadenza della vecchia Europa, l’angoscia per un terrorismo crescente che sembra averla messa in ginocchio, da cui possiamo forse salvarci, per dirla ancora con le parole dello stesso Aspe, solo rimanendo saldi e amando davvero i principi fondanti della nostra plurimillenaria storia europea.

Maurizio Carvigno

 

Nato l'8 aprile del 1974 a Roma, ha conseguito la maturità classica nel 1992 e la laurea in Lettere Moderne nel 1998 presso l'Università "La Sapienza" di Roma con 110 e lode. Ha collaborato con alcuni giornali locali e siti. Collabora con il sito www.passaggilenti.com

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