Hygge, il metodo danese per vivere felici

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Il metodo danese per vivere felici. Hygge, il segreto di un popolo sereno di Marie Tourell Søderberg

Un libro per conoscere un popolo distante geograficamente e culturalmente che però da decenni risulta il più felice del mondo. 

Quando mi è stato proposto di leggere e poi magari recensire questo libro, inizialmente ho avuto qualche dubbio. Il motivo? Piuttosto semplice, mi lasciava alquanto perplesso il titolo, non volevo si trattasse di uno di quei libri, non ne mancano certo in commercio, che, scritti da improvvisati Guru, dispensano più che consigli veri e propri comandamenti, molto spesso del tutto inapplicabili. Poi, però, in relhygge newton comptonigioso ossequio ai dieci diritti del lettore del grande Pennac, ho accettato la sfida e, alla fine, non ho sbagliato.

Il metodo danese per vivere felici di Marie Tourell Søderberg si è rivelato una scoperta. Bestseller in Inghilterra, da settimane stabilmente in testa alle classifiche dei libri più venduti, in Italia pubblicato da Newton Compton, Il metodo danese per vivere felici suscita simpatia già alla vista, per la copertina morbida, per la grafia chiara, per le tante e belle foto al suo interno, per la giovane età della sua autrice, è nata a Copenaghen nel 1988 e, infine, per i semplici e numerosissimi consigli che fornisce.

L’indicazione, nell’accostarsi a questo libro, è quella di non attendersi formule magiche sulla felicità, purtroppo ad oggi sembrano ancora non esistere, ma quello di farsi prendere dalla semplicità di un popolo, quello danese, da decenni ritenuto il più felice del mondo da appositi rapporti stilati da una specifica agenzia dell’Onu.

Sfogliando questa sorta di manuale si entra, infatti, a contatto con la particolare cultura danese, e in generale del nord Europa, lontana anni luce dalla nostra. Per certi aspetti, si prova, inizialmente, la stessa sensazione di disagio che abbiamo, chi più chi meno, avvertito entrando in uno dei tanti grandi negozi dell’Ikea. Quel loro modo semplice, rustico, decisamente spartano di vivere, sulle prime ci disarma, ci delude, ci spiazza, risultando lontano dai nostri stili barocchi, dalla nostra filosofia di vita, poi, invece, una volta compreso, lentamente ci affascina.

Il metodo danese è un libro singolare, impossibile catalogarlo in un preciso genere, che ruota tutto intorno a una sorta di parolina magica: hygge, di certo impronunciabile e onestamente non facilmente traducibile in italiano ma che, per certi aspetti, è l’essenza della cultura danese. Hygge potrebbe essere tradotto in vari modi, tipo intimità, calore, cordialità, ma forse, più che una a una semplice parola, è più giusto ricorrere a un concetto per cercare di spiegare cosa rappresenti l’hygge per il popolo danese, l’abitudine a trovare la felicità nelle piccole cose, in quelle che molto spesso ignoriamo o, semplicemente, consideriamo poco.

L’Hygge per i connazionali della Sirenetta è come il puffare degli gnomi blu disegnati dal fumettista belga Peyo (nome d’arte di Pierre Culliford) sul finire degli anni Cinquanta. I danesi, così come le piccole creature blu, infilano la parola hygge praticamente ovunque e lo utilizzano non solo come sostantivo, ma anche come verbo e, anche, come un aggettivo. Per cui sarà assolutamente normale che un danese, alla domanda su che cosa stia facendo, risponda serafico sto hyggando o che mangi un toast hygge, beva una birra hygge o che vesta hygge o che, suoni semplicemente in modo hygge. Per capire, dunque, la centralità di questa parola l’autrice, alla fine del suo libro, inserisce un vero e proprio piccolo dizionario che riporta tutta una serie di parole composte dal lemma hygge.

Impareremo, dunque, leggendo questo libro ad arredare una casa in modo hygge, a preparare gustose ricette, ce ne sono diverse (ottima quella dello Snobrød, il tipico pane a treccia danese), in modo hygge, ad affrontare la vita in modo hygge, comprendendo che i bambini, almeno quelli danesi, hyggano che è una meraviglia.

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Snobrød, il tipico pane danese

Un libro per cercare di capire la cultura di un popolo così apparentemente distante che ha fatto dell’Hygge un valore fondante, al pari della libertà individuale per gli americani o l’ordine per i tedeschi, coniando un motto, direttamente ricavato dalla storia stessa del Regno di Danimarca (una volta molto vasto, comprendeva ampie aree della Svezia, della Norvegia e della Germania e ora, in seguito a numerose guerre, diventato decisamente piccolo) che per i danesi è una sorta di legge universale e che potrebbe e forse dovrebbe esserlo per tutti noi:

“Ciò che è perso all’esterno, verrà conquistato all’interno”

E così hanno fatto, alimentando, davanti all’evidenza, un forte senso di comunità, formando gruppi, associazioni, creando scopi, occasioni per stare insieme, creando un sano nazionalismo, non fondato su presunte e pericolose logiche razziali, ma sul bisogno di costruire un sistema sociale, basato su istruzione gratuita, elevata assistenza sociale, stabilità economica, rispetto per gli altri, attenzione per l’ambiente, cura del particolare, tutte condizioni che stupiscono, in positivo, chiunque visiti la Danimarca.

È normale che con un simile humus, un ideale substrato, l’hygge possa facilmente allignare, creando frutti straordinari.

La lettura di questa sorta di bibbia laica danese, forse, non ci cambierà la vita, non ce la renderà più facile ma ci fornirà alcuni spunti interessanti, avvicinandoci a un popolo sì distante geograficamente e culturalmente ma che, di sicuro, riesce ad affrontare la vita in modo migliore, quasi felicemente e allora che dire… buon hygge a tutti.

Maurizio Carvigno

 

Maurizio Carvigno
Nato l'8 aprile del 1974 a Roma, ha conseguito la maturità classica nel 1992 e la laurea in Lettere Moderne nel 1998 presso l'Università "La Sapienza" di Roma con 110 e lode. Ha collaborato con alcuni giornali locali e siti. Collabora con il sito www.passaggilenti.com

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