Recensione a I leoni di Sicilia di Stefania Auci. Romanzo storico di una finezza ed eleganza rara che conquista subito il lettore.
Per la recensione de I leoni di Sicilia, primo volume della saga dei Florio, ci addentriamo all’interno di un grande esempio di letteratura contemporanea e di romanzo storico.
Un romanzo storico che racconta la Sicilia del primo Ottocento, dominata dai Borbone prima e conquistata dai Savoia poi. La Storia domina ogni pagina, rendendo il singolo gesto e pensiero della famiglia Florio, lo spioncino attraverso il quale possiamo “vedere” questa epoca.
Nella trama de I leoni di Sicilia i personaggi sono vivi, densamente innestati nel loro tempo.
Socialmente lontani dalla nobiltà decadente raccontata da Tommasi di Lampedusa ne Il Gattopardo, la famiglia Florio celebra un’umanità determinata e dinamica, capace di calvalcare in modo darwiniano la vicende delle Storia. Tutti i personaggi sono calati nella realtà che li circonda e si fanno portavoce di un desiderio di riscatto e di una sete di rivincita.
La famiglia Florio, principalmente rappresentata dai personaggi di Ignazio e di Vincenzo, vede crescere gli affari grazie alle proprie abilità mercantili. C’è il genio imprenditoriale, la lungimiranza nell’evolversi degli eventi e la conoscenza dell’animo umano.
Ma se solo così fosse, I leoni di Sicilia sarebbe solo un libro di storia scritto molto bene.
Invece, al peso storico di questi personaggi si affianca la loro profonda umanità. Sono uomini e donne fatte di carne e sangue, con le loro insicurezze, con i loro desideri.
Vediamo Ignazio diviso tra il profondo amore per il nipote e il terrore indotto dal carattere sanguigno dello stesso.
Scopriamo Giulia, amore della vita di Vincenzo, di una grandiosità tale da diventare la protagonista di molte pagine. Donna moderna per il suo tempo, si fa scudo con l’amore per affrontare una società che tutto è tranne che pronta ad accettare una relazione extraconiugale. Il destino di Giulia è quello dell’esclusione, destino che accetterà con una dignità tale da ricordare per certi versi la sventurata Didone.
Ma vediamo altri personaggi minori, come Giuseppina, madre di Vincenzo, che per tutta la vita coverà del rancore per il marito che, allontandola dal paese natìo, l’ha privata della sua dote e della sua indipendenza economica, rendendola così schiava di una vita che non ha voluto per sé.
All’interno della trama de I leoni di Sicilia, spicca Vincenzo.
Vediamo Vincenzo crescere per le vie di Palermo, imparare le più importanti lezioni da suo zio, affacciarsi ai primi amori e alle prime grandi delusioni. Per tutta la sua vita, lo scorgiamo impegnarsi in mille nuove imprese pur di non sentire i mormorii degli aristocratici che lo considereranno sempre ‘u putiaru (il negoziante).
C’è Mastro Don Gesualdo dietro alla sete di ricchezza di Vincenzo, ma lo intravediamo anche dietro alla filigrana del riscatto sociale consentito solo da un matrimonio aristocratico per suo figlio. C’è qui, forse un po’ del Don Caloggero del Tomasi di Lampedusa, seppur osservato da un punto di vista totalmente opposto. Ma c’è un ché del Consalvo di De Roberto nei momenti in cui Vincenzo manifesta una certa finezza nel giostrarsi nei giochi politici.
Nel romanzo troviamo, dunque, personaggi poliedrici che l’autrice ha saputo raccontare nella loro estrema complessità in un arco storico decisamente lungo e complesso (1799-1868), capaci di proiettarci un mondo lontano e affasciante, sotto il sole cocente della Sicilia ottocentesca.
Serena Vissani