Torna in libreria, per il Saggiatore, un classico di Jean-Pierre Vernant. Un viaggio nella cultura greca antica fra idoli e maschere, fra uomini e dèi.
Jean-Pierre Vernant (1914-2007) è stato un grandissimo studioso del mondo antico, in particolare di quello greco. I suoi studi, di taglio antropologico e storico-religioso, hanno esplorato a fondo gli aspetti fondanti della cultura greca classica: i miti, gli dèi, gli eroi. Tra i suoi saggi più famosi, Le origini del pensiero greco (tradotto in Italia nel 1962), L’universo, gli dèi, gli uomini (2001) e Mito e religione in Grecia antica (2003).
Figure, idoli, maschere risale al 1990. La traduzione italiana è uscita nel 2001 per il Saggiatore, che quest’anno ha deciso di riproporre il testo in una nuova edizione. La principale novità è la prefazione di Giulio Guidorizzi. L’intento dichiarato del saggio è quello di indagare il “modo in cui, attraverso forme plastiche, le potenze dell’aldilà si trovano a essere evocate nella religione”. Vale a dire, come i Greci rappresentavano la sfera divina attraverso simulacri antropomorfi e simboli.
Le figure dei morti: kolossos.
La prima parte del saggio tratta della rappresentazione dei morti e del rapporto con l’aldilà. Per farlo, si occupa di alcuni concetti fondamentali dell’antropologia greca, fra cui spiccano quelli di kolossos ed eidolon. Il colosso è la controparte materiale della psyche evanescente.
La psyche è un nulla, un vuoto, un’evanescenza inafferrabile, un’ombra; è come un essere aereo e alato, un uccello che vola. La pietra ne è l’esatto contrario: compatta, massiccia, continuamente presente nel luogo in cui è stata fissata terra.
Tra ombra e specchio: eidolon.
Ma non è questa l’unica rappresentazione possibile dei morti. Un’altra figura del pensiero greco è quella dell’eidolon, dalle varie sfaccettature. Vernant svolge un’indagine del campo semantico di eidolon, esplorandone l’evoluzione da Omero a Platone.
L’immagine è eidolon in quanto dipende da una sorta di magia, ammalia gli spiriti prendendo l’esatta apparenza di tutto ciò di cui è immagine; si fa passare per ciò che non è .

Le figure degli dèi: Gorgone.
La seconda parte del saggio si concentra sulle figure degli dèi e delle loro maschere. La prima a essere analizzata è la figura mostruosa della Gorgone, il cui viso esprime orrore e mostruosità.
Guardare la Gorgone negli occhi significa trovarsi faccia a faccia con l’aldilà nella sua dimensione terrificante, significa incrociare lo sguardo di quell’occhio che, fissandovi senza sosta, è la negazione stessa dello sguardo, e accogliere così una luce il cui splendore accecante è quello della notte. Quando fissate la Gorgone, è lei che fa di voi quello specchio in cui, trasformandovi in pietra, essa ammira la propria faccia terribile e in cui si riconosce nel doppio, nel fantasma che siete divenuti avendo affrontato il suo occhio.
Dèi multiformi: Artemide.
Si passa poi agli dèi veri e propri. Gli dei greci possono assumere vari aspetti e sfumature, così come i loro culti. Vernant passa in rassegna i riti di Artemide, dai legami con il mondo selvaggio della natura a quelli con la guerra. Il suo culto si tinge talvolta di sangue umano, come ci ricorda il mito di Ifigenia sacrificata in Aulide. Ma anche le vergini, prima del matrimonio, devono “morire” metaforicamente al cospetto di Artemide. A Brauron, stando alle testimonianze, le donne eseguivano un rito di passaggio travestendosi da orse per onorare la dea.

Il dio della maschera: Dioniso.
Il viaggio tra idoli e figure mitologiche si chiude con Dioniso, il dio della maschera. Sotto vari aspetti il dio è legato alle maschere e al teatro, ma il dionisismo rimane un fenomeno complesso a cui sono state date molte interpretazioni. Come emerge dalle Baccanti di Euripide, Dioniso è il dio ambivalente per eccellenza. È al tempo stesso maschile e femminile, giovane e vecchio, greco e barbaro, selvaggio e civilizzato.
Forme, illusioni, epifanie.
L’epifania di Dioniso non sfugge soltanto alla limitatezza delle forme, dei contorni visibili (…). Dioniso è presente quando il mondo stabile degli oggetti familiari, delle figure rassicuranti si rovescia in un gioco di fantasmagorie dove l’illusorio, l’impossibile e l’assurdo diventano realtà. (…) Superamento di tutte le forme, gioco con le apparenze, confusione dell’illusorio e del reale: l’alterità di Dioniso consiste anche nel fatto che, attraverso la sua epifania, tutte le categorie e le opposizioni nette che danno coerenza alla nostra visione del mondo, invece di restare distinte ed esclusive, si richiamano tra loro, si fondono, passano dall’una all’altra.
Con un affascinante tuffo nel culto di Dioniso si chiude il volume di Vernant. Il lettore forse ne esce inquieto, ma sicuramente ansioso di saperne di più e di conoscere più a fondo quella cultura greca che ci sembra al tempo stesso così familiare e così estranea.
Davide Massimo