Canto di Natale, una lettura che crea l’atmosfera delle feste

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Canto di Natale, una lettura che crea l’atmosfera delle feste

Canto di Natale di Charles Dickens ed è subito magia.

Il Natale, si sa, è innanzitutto tradizione. Si compone di riti sempre uguali, di luoghi magici, di luci e colori, di serenità, di bambini in festa, di regali sotto l’albero, di cibi succulenti, di film commoventi e anche di libri intramontabili.

Uno di questi è, senza dubbio, Canto di Natale di Charles Dickens, uno che il Natale, essendo nato e cresciuto nella miseria, un tema che racconterà spesso e in modo straordinario, lo amava moltissimo, considerandolo, lui che da piccolo non lo aveva mai davvero vissuto, un’esperienza unica, il giorno più bello dell’anno, il centro di un lungo percorso di cambiamento e di speranza. Canto di Natale è un libro tradizionale, un pezzo di quella liturgia natalizia fatta della compenetrazione di sacro e profano, di profumi di arrosti e di incenso, di statuine del presepe e lucine intermittenti dell’albero, di sorrisi e di qualche lacrima.

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Nel corso dei decenni è stato raccontato attraverso diversi film, (il primo cortometraggio, A Christmas Carol, è un film muto del 1910 mentre uno degli ultimi, con il medesimo titolo è del 2009 per la regia di Robert Zemeckis, girato in 3D e prodotto dalla Walt Disney con Jim Carrey nei panni del vecchio Scrooge) alcuni cartoni animati e anche dei fumetti, emozionando bambini e adulti con la sua magia, con la sua narrazione semplice e incantata, fatta di spiriti, musiche natalizie, buio e luce.

Eppure questo, che è il più famoso della serie dei Libri di Natale (The Christmas Books) che l’autore di Oliver Twist pubblicò fra il 1843 e il 1848, è il più intenso, il più magico, il più conosciuto.

Un giorno, il migliore dei più bei giorni dell’anno, la vigilia di Natale, il vecchio Scrooge stava lavorando nel suo ufficio.

Cosi, praticamente, comincia, dopo un breve preambolo, il racconto di Dickens. Immerso in un buio quasi assoluto, debolmente rischiarato dalla fiammella di una candela, facciamo la conoscenza dell’unico vero protagonista di Canto di Natale: Ebenezer Scrooge che già dal nome dice molto, moltissimo.

Avido, avaro, scontroso, misantropo, insensibile, anaffettivo, vecchio e perfido. Sembra che ogni accezione negativa sia propria di Scrooge, che anni dopo ispirò al grande fumettista Carl Barks la creazione del taccagno per eccellenza, Zio Paperone.

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Per Scrooge nulla conta se non i soldi, ma non per spenderli, ma solo e soltanto per possederli, per il gusto di vederli, di sentirli tintinnare. Tutto il resto non conta, le emozioni, i sentimenti, gli amori, gli abbracci, le parole sono inutili e pericolose distrazioni che fanno perdere tempo, che non fanno lavorare e, dunque, guadagnare.

La vita di questo gretto vecchio scorre lenta e sempre uguale fra parchi pasti, brevi sonni e ore ed ore trascorse al tavolo del lavoro mentre tutto intorno a lui tutto scorre, senza, tuttavia, minimamente cambiarlo.

A nulla è servito, proprio nel giorno della vigilia di Natale, la morte del suo unico socio in affari, quel Jacob Marley che, sette anni dopo la sua silenziosa dipartita, ancora una volta nella notte di Natale, ricomparirà in veste di spettro per avvisare Scrooge che gli conviene cambiare vita, che è assolutamente indispensabile che non faccia il suo stesso errore, che non dedichi tutta la sua esistenza al lavoro, lasciando fuori tutto e tutti. E in quella notte magica, per alcuni santa, in cui il motto è essere, nonostante tutto, più buoni, la vita di Ebenezer Scrooge inizierà a cambiare davvero e comincerà la magia del racconto, di Canto di Natale.

Un libro che si legge in poche ore, ma che lascia una lunga scia di polvere dorata, perché Canto di Natale emoziona e non bisogna essere solo bambini per provare tutto questo.

Se si ha voglia di lasciarsi prendere, afferrare da questo racconto allora la magia avverrà e tutto intorno sparirà. E, allora, saremo lì nella gelida e buia casa di Scrooge, vedremo i tre spiriti del Natale, quello del passato, del presente e del futuro e insieme al vecchio avaro, che al calore di un abbraccio di un amico preferisce l’asettico frusciare di banconote, inizieremo un magico e inarrestabile cambiamento.

Un classico che forse non è stato mai del tutto letto ma che, invece, merita, proprio in giorni come questi di essere letto, assaporato lentamente, facendosi prendere dall’incanto delle straordinarie descrizioni di Dickens e dalla morale del racconto stesso per cui il cambiamento, anche quando sembra impossibile, è, invece, se lo si desidera realmente, a portata di mano.

E allora per il breve tempo della lettura di questo stupendo racconto, lasciamo il Natale consumistico fuori, spegniamo le luci accecanti dello shopping, recuperiamo i nostri ricordi più intimi, quelli di quando eravamo piccoli e questa festa era qualcosa di unico, di assolutamente magico e facciamoci rapire dalle atmosfere dickensiane e torniamo a vedere il Natale con gli occhi di un bambino, perché, come scriveva Antoine De Saint Exupery “tutti i grandi sono stati bambini una volta. Ma pochi se ne ricordano.”

Buon Natale, buone feste e, principalmente, buone emozioni, quelle vere.

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Maurizio Carvigno

Nato l'8 aprile del 1974 a Roma, ha conseguito la maturità classica nel 1992 e la laurea in Lettere Moderne nel 1998 presso l'Università "La Sapienza" di Roma con 110 e lode. Ha collaborato con alcuni giornali locali e siti. Collabora con il sito www.passaggilenti.com

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