CulturaMente ha intercettato la novità editoriale del nuovo anno: gli aforismi scritti dal giornalista Roberto Campagna e pubblicati da FusibiliaLibri.
Meglio povero che poveraccio è un bel libretto dove l’autore suggerisce attraverso i suoi aforismi di affrontare le peripezie della vita con l’antidoto del buon senso e dell’ironia. Quando si ha la necessità di fare il punto della situazione, di ritirarsi dagli orpelli delle parole opulente, questa plaquette è un dono prezioso.
Campagna è uno scrittore vorace di esperienze, un esperto di gastronomia e di politica, delle contraddizioni e delle riconciliazioni presenti nel Dna della sua terra di origine.
Sono centottantacinque gli aforismi che compongono questo libro. Il motivo per cui Campagna si è fermato a questa quota, cerca di spiegarlo nella presentazione dello stesso volume il Prof. Rino Caputo:
“Si potrebbe discettare a lungo sulle motivazioni esterne, di superficie, e interne, scomodando l’inconscio. In realtà l’autore si è trovato di fronte al duplice rischio dell’opera interminabile e dell’incompiuta. Mettere un fermo, apparentemente casuale, aiuta a cominciare. E a finire…”
Da sempre Campagna ama parlare in tono aforistico e da sempre ama il gioco delle parole. Uno dei suoi libri più famosi è 101 filastrocche in fila per 1, un libro in cui ha usato la parola ludica per trasmettere considerazioni ed esperienze personali.
Lui dunque non è nuovo alla pratica della scrittura sapida, allusiva e, insieme, persuasiva.
In questi aforismi c’è, come stabilito nei secoli, tutto e il contrario di tutto; la saggezza popolare spesso rischia di collimare col senso comune e la distillazione della sintesi intellettuale risulta faticosa. Ma c’è il tono umoristico dell’uomo contemporaneo.
Come tutti gli aforismi, quelli di Campagna sono sì concisi e asciutti ma oltre a una fine ironia, contengono una forte carica comunicativa che scuote e fa riflettere il lettore.
Ho dedicato alla pubblicazione di Campagna proprio questa nota critica: “Ciò che l’autore dice è patrimonio di tutti, immagini dello spirito che tutti abbiamo sperimentato di fronte alle delusioni, alle amarezze, alle piccole gioie conquistate con fatica.
Ed è facile nutrire la convinzione di sentirsele proprie perché appartenenti all’inconscio collettivo del quale tutti facciamo parte. Ma il ruolo dello scrittore è quello del portatore del Verbo, colui che non racconta per sconfiggere una sofferenza ma per sentirla uguale a quella di tutto il mondo.
Mancava una raccolta di questo genere, nel ginepraio degli autori contemporanei, una risposta immediata al male di vivere. Pregevole come tutti i volumi FusibiliaLibri la veste editoriale, il formato singolare, la carta che al tatto ricorda la patina vellutata delle uova di struzzo”.
Antonella Rizzo