Notti Romane | #SestaDose

racconti brevi online - notti romane sesta parte

Emilio Galdani, Liliana Rinaldi

Il senso di colpa Liliana non sapeva fosse cosa così enorme e, quasi che le sue labbra potessero tradirla, aveva smesso da qualche giorno di baciare Marco, gli fuggiva scostando leggermente il viso o coprendoselo con la sciarpa.

Lo guardava e covava nel cuore un rancore ormai inestinguibile e gliene dava tutta la colpa: era lui che aveva provato a farle accettare qualcosa che non voleva, che aveva provato a farle benvolere altre donne; lo odiava pure ora che lui se ne stava a guardarla come esistesse lei sola, odiava che ridesse d’ogni cosa.

E’ stupido, pensò col sangue che le ribolliva e più l’odio diventava feroce- nella sua mente sfilavano uno dietro l’altro tutti i nomi di femmina che lui le aveva pronunciato- più banali diventavano le frasi che voleva dirgli. Sei uno stupido, sei un traditore, non capisci niente, sei uno stupido: condanne senza appello, macigni che scalpitava di lanciargli per ferirlo. Non lo fece mai, si assentava e sperava le venisse il coraggio di lasciarlo. Emilio, invece, la faceva bella e le dissipava la rabbia dal viso.

Si era ormai a fine mese e lui le aveva regalato un vestito rosso. Avevano scritto un racconto breve che si chiamava mare-tempo e quella sera l’avrebbero presentato assieme.

Liliana si era acconciata i capelli alla meno peggio, stirandoseli col ferro. Passò, in quell’occasione, lunghi minuti davanti allo specchio, appiattendosi le pieghe del vestito con i polpastrelli delle dita e colorandosi il viso con colori tenui. Non le piaceva l’odore della cipria ma le piacque quello che vide: dallo specchio a guardarla era una Donna mai vista, bellissima, amata e amante, non più mediocre ma brava nello scrivere, con la vita in discesa. Non ho niente che mi manca, trovò il coraggio di dirsi, rispetto alle donne di Marco.

Emilio passò a prenderla puntualmente, vestito di scuro: lei abbassò il finestrino, accesse la radio, una musica riempì l’abitacolo.

I fatti di cronaca si allontanarono: in quel mondo d’improvviso così bello non potevano esistere esplosioni e stragi ed era inutile sprecarsi sul pensiero scuro del morire. Liliana, in quella notte di Gennaio, come non faceva da tempo, non ci pensò più. Sorrise ad Emilio che le sfiorò la mano mentre cambiava marcia, viaggiarono sino a Piazza della Repubblica in silenzio, senza che questo pesasse a nessuno dei due.

Emilio l’accompagnò dentro tenendola con delicatezza sotto braccio, notò con piacere che incedeva con eleganza nonostente le scarpe alte che non era abituata a portare. Furono salutati con calore, qualcuno si stupì di non vedere Anna a fianco dell’uomo ma i chiacchiericci cessarono non appena Liliana prese parola. Parlava: le frasi le uscivano dalla bocca pulite e nitide, vibranti tanto che Emilio si chiese quale cambiamento fosse, così velocemente, avvenuto in lei. Si scambiarono la parola vicendevolmente e in maniera armonica, senza aver preso accordi, e infine, l’uno stretto al braccio dell’altro, bevvero qualcosa.

Liliana sentiva che quello era un modo come un altro per scacciare il fantasma del suo uomo, che ancora riusciva ad adombrargli il viso e più forte si stringeva al braccio d’Emilio: innamorarsene era stata una questione di equilibrio, un pretesto per continuare ad avere, diciamo così, il cuore pieno. Emilio, invece, quel cuore malmostoso l’aveva ancora vacante. Liliana non era mai stata bella come quella sera e quando si salutarono, poco lontano dal locale, a lui dispiacque quasi: le baciò una guancia tirandosela per un fianco. C’era qualcosa di irriparabile in quel saluto ma entrambi fecero finta di non accorgersene: Liliana si allontanò verso casa di Marco, Emilio nella direzione opposta.

Lei prese un autobus vuoto, con solo un senzatetto che dormiva nei sedili posteriori, scese davanti al palazzo del Vitali: voleva raccontargli la serata, dirgli che era cresciuta, che non si sentiva più mancante di niente. Era una Donna in quel vestito scarlatto e voleva che Marco la vedesse, si pentisse d’averla trattata così ma nonostante i tre lunghi trilli al citofono nessuno venne ad aprirle: Marco dormiva con stretta tra le braccia Claudia, avendo ceduto all’ovvio finale ed essendosi macchiandosi del tutto di quell’onta, proprio lui che tanto a lungo non aveva voluto tradirla e tanto genuinamente l’aveva amata.

Emilio, quasi arrivato a casa, vide dall’oscurità di una vetrina di un negozio con le serrande a mezz’asta, un anello luccicare all’inverosimile.

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Serena Garofalo

Serena Garofalo
Figlia di Partenope e degli anni 2000, scribacchina ambulante, studentessa di Lettere per folle amore.

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