Con l’inizio della scuola ricominciano anche le discussioni sui programmi, cosa includere e cosa no. Fin dove arrivare con gli eventi storici, quale autore è fondamentale per la letteratura italiana e quale no… Che dire invece dell’eccessiva attenzione ai contenuti più che alle competenze?
Quante volte uno studente, davanti all’ennesimo 4 al tema d’italiano, si ritrova a pensare che quella cosa, la scrittura, non farà mai per lui? Che c’è poco da fare: non è mai stato “portato”, “il dono della penna” non ce l’ha.
La sintassi non funziona, mancano i connettivi, il testo è privo di struttura… possono essere tante le motivazioni che portano un professore a considerare insufficiente l’elaborato del suo alunno. Ma è giusto pretendere dagli studenti qualcosa che non si è insegnato? Dare per scontata una competenza che non è tale?
La scrittura è vista quasi come un’attività mistica, che si svolge in preda a una sorta di chissà quale e misterioso furor creativo. Non si sa bene come, ma succede. E se non succede, non puoi farci nulla.
E poi ci si ritrova con 600 docenti universitari che lanciano un allarme e chiedono l’aiuto del governo: “Molti studenti scrivono male in italiano, servono interventi urgenti”!
Insegnare a scrivere
Sono davvero rari i professori (ma esistono e io sono stata fortunata ad avere uno di questi!) che insegnano la scrittura come un’abilità tecnica, che si acquisisce con lo studio e con l’esercizio. Solitamente viene considerata come un’attività individuale, da svolgere chiusi nella propria stanza e in silenzio. In realtà, soprattutto in fase di apprendimento, è fondamentale la condivisione.
Insegnare a scrivere vuol dire per esempio mettersi alla lavagna e comporre un testo insieme a tutta la classe, delineare insieme la sua struttura e procedere un passo dopo l’altro. Domandare ad un certo punto: “Che dite, ce la mettiamo una bella finale qui?” e sentirsi rispondere: “Ok, ma forse ci sta meglio una consecutiva!” (No, non sto inventando, da noi succedeva davvero!). E non si tratta di ridicoli dettagli, elucubrazioni sterili. Così si capisce come funzionano davvero i meccanismi della lingua, si impara a ragionare.
Troppo spesso le lezioni di grammatica invece rimangono fini a sé stesse. Impariamo a diventare virtuosi dell’analisi logica e del periodo, senza capire quale sia davvero la loro importanza.
Occorre guidare verso la consapevolezza della scrittura come strumento della lingua che permette di esprimere la propria identità e di operare all’interno della società. Scrivere un testo non deve essere la mera esecuzione dei compiti di italiano, ma una vera e propria risorsa della persona.
Non solo durante l’ora di italiano
Per non parlare poi del fatto che la competenza linguistica viene considerata argomento esclusivo delle lezioni di italiano.
«Io vorrei che le prime lezioni di grammatica fossero tenute insieme con un insegnante di scienze e che si parlasse di scrittura anche con il docente di storia»
L’auspicio viene nientemeno che da Francesco Sabatini, presidente onorario dell’Accademia della Crusca. Egli sottolinea, infatti, che la padronanza della lingua debba essere sviluppata non solo in vista della “prima prova” della maturità, ma da tutti i docenti in funzione delle rispettive materie.
Se poi nel biennio delle superiori ancora viene trattato in qualche modo l’aspetto linguistico e grammaticale, l’insegnamento dell’Italiano nel triennio si basa soltanto sulla spiegazione della letteratura (e anche su questo abbiamo molto da dire!). Di fronte alla valanga di nomi, titoli e date, sciorinate durante le lezioni, gli studenti tendono a studiare in modo mnemonico. Pochissima l’attenzione alle opere e ai testi, marginalizzati rispetto allo studio dei manuali. Rare le esercitazioni scritte. Così per la storia, per la filosofia, ma anche per la scienza e per tante altre discipline in cui la scrittura, oltre che la lettura, risulterebbe utilissima per l’apprendimento.
Francesca Papa