Settembre è il mese dell’inizio delle scuole.
Non importa da quanti anni tu abbia riposto i libri in garage o che ci sia ancora gente che sta partendo per le ferie. Settembre è il mese del rientro a scuola. Proprio in questi giorni, migliaia di studenti ritrovano i compagni, le loro classi oppure affrontano un ambiente del tutto nuovo. I più piccoli passano il primo giorno di scuola a raccontare o scrivere delle loro vacanze. I più grandi, invece, devono ascoltare le lunghe spiegazioni di professori ansiosi di depennare il primo argomento dalla lista dell’infinito programma scolastico. Che poi – a pensarci bene – tutta questa fretta raramente è fruttuosa, visto che è molto difficile affrontare tutti gli argomenti previsti.
Il programma di letteratura italiana è l’esempio emblematico. Raramente si riesce a toccare il periodo del secondo dopoguerra e, anche se ci si riuscisse, il Ministero proporrà per l’esame di maturità l’autore successivo all’ultimo studiato. Tanta fatica per niente, dunque! Quelli più scontenti sono, ovviamente, gli alunni. Ore e ore passate a cercare di imparare nomi, date e poetiche… a che fine? E costanti sono le domande: “Ma perché li devo studiare?”, “A che mi serve sapere il 5 maggio a memoria?”, “Ma perché devo leggermi quel depresso di Leopardi?”.
Alla fine, la risposta a cui si arriva è: “Non serve a nulla”.
La letteratura si è ormai abituata a ritenersi inutile. Allo stesso modo, gli studenti universitari di lettere sono abituati a sentirsi dire: “E che ci fai con lettere?”.
La responsabilità è, in parte, da imputare proprio a quella tradizione accademica che, nel nobile tentativo di dare una scientificità agli studi delle lettere, ha finito per far credere che le opere letterarie non abbiano niente a che fare con la nostra vita di tutti i giorni. I poeti e i romanzieri sono dei geni (ovvero degli sfigati). L’arte non si mescola alla vita. L’arte è qualcosa che solo alcuni possono apprezzare e capire davvero. E sui banchi di scuola, la letteratura diventa solo la poesia di cui bisogna ricordare la data a memoria e imparare la parafrasi.
È sorprendente quanto una disciplina definita “umanistica” abbia perduto così tanto di vista la natura umana e la sua emotività. A partire da coloro che la insegnano che guardano alla nozione, piuttosto che preoccuparsi di mostrare agli studenti la verità che c’è dietro le parole di ciascun autore.
Quando sentiamo i nomi di Dante, Pirandello, Leopardi non dobbiamo pensare solo al Dolce Stil Novo, alla poetica dell’umorismo o al pessimismo. La prima cosa a cui dovremmo pensare è che questi nomi sono state delle persone, esattamente come noi. Sono esseri umani che hanno conosciuto l’amore, il dolore, la gioia, la sconfitta, la speranza, la disillusione, come facciamo noi ogni giorno, anche se con uno sfondo storico e culturale diverso. Quello che gli scrittori ci offrono è il loro punto di vista sull’esistenza. Un’esperienza che noi lettori possiamo provare rimanendo comodamente seduti sul divano o sdraiati a letto. La nostra immobilità, ci permette di vivere più intensamente le emozioni che proviamo mentre i nostri occhi scorrono la pagina.
Le storie sono dei possibili scenari di vita che ci portano a riflettere sulla nostra esistenza e sul modo in cui ci relazioniamo agli altri.
Pensiamo alle emozioni che ci provocano i personaggi di un libro. Ci relazioniamo a loro come se fossero reali. Li amiamo, li odiiamo, li rispettiamo, li giudichiamo. Sono finestre attraverso le quali possiamo vedere che cosa sia l’alterità. Siamo tutti diversi e spesso ci è difficile capire le motivazioni che spingono le persone a comportarsi in determinati modi. Attraverso la letteratura conosciamo caratteri, desideri, inclinazioni personali e abbiamo la possibilità di comprendere cosa ci sia dietro atteggiamenti, parole, espressioni. Queste consapevolezze le riportiamo nella vita di tutti i giorni, immedesimandoci negli altri, provando a empatizzare con le loro situazioni.
Se queste motivazioni non vi sembrano sufficienti, considerate quanto antica sia la letteratura.
Prima della scrittura c’è stata una lunga tradizione orale costituita da fiabe, miti, leggende, narrazioni epiche che servivano a intrattenere i commensali durante un banchetto. La letteratura – come le altre forme d’arte – ci accompagna da secoli. Se lo fa, è perché essa ha contribuito a migliorare la vita dell’essere umano. Come sappiamo dai nostri ricordi delle letture darwiniane, nell’evoluzione della specie si tende a conservare solo ciò che reca beneficio alla stessa. Se l’essere umano ha iniziato a dedicarsi all’arte in epoca preistorica e continua ancora oggi, vuol dire che ne ha ricavato un vantaggio: la possibilità di sperimentare situazioni diverse dal reale per accrescere la nostra conoscenza e diventare più consapevoli di noi stessi e degli altri.
La letteratura aiuta a vivere meglio.
A chi sostiene che non sia necessario sapere quante volte Dante e Beatrice si siano salutati, rispondo che ha ragione. Non è importante ricordarsi il numero, ma che cosa è successo a Dante quando salutava Beatrice. Così, se venissimo salutati da un/a ragazzo/a senza riuscire a rispondere, potremmo capire il perché. O al contrario, se dovessimo trovarci di fronte una persona che non riesce a rispondere ai nostri input, potremmo iniziare a farci qualche domanda. Infine, se non dovesse mai capitarci nulla di tutto questo, potremmo comunque dire di averlo vissuto, anche se in maniera indiretta.
Federica Crisci