Dipingere è come fare l’amore con te. Su una metafora sessuale di Pablo Picasso

Dipingere è come fare l’amore con te. Su una metafora sessuale di  Picasso

Raffaello fa l’amore con la Fornarina, mentre qualcuno li osserva. Questa raffigurazione licenziosa è ricorrente in alcune delle stampe nella serie “Suite 347” realizzate da Picasso negli ultimi anni della sua vita.

Ormai all’apice della fama, l’artista stava riflettendo su un’equazione metaforica che indagherò in questo quinto articolo di «Arte a nudo (tranquilli! Niente di scandaloso)».

Nella serie di stampe “Suite 347” di Picasso è possibile individuare un gruppo consecutivo d’immagini (all’incirca una ventina) dall’iconografia simile. Furono realizzate tra l’agosto e il settembre 1968, poco prima dell’ottantasettesimo compleanno dell’artista.

Il loro soggetto è abbastanza sorprendente e innovativo. Un giovane pittore in abiti rinascimentali, con berretto e capelli lunghi, sta ritraendo la sua modella nuda, ma interrompe il suo lavoro per baciarla e copulare con lei, tenendo ancora tra le mani il pennello e la tavolozza. Mentre sono avvinghiati nell’amplesso vengono spiati dagli occhi indiscreti di un terzo personaggio la cui identità muta nel corso della serie; inizialmente indossa abiti ecclesiastici, poi esotici ed eccentrici e in ultimo si trasforma in un uomo in abiti moderni.

Il giovane pittore è inconfondibilmente Raffaello, così come è stato immortalato nei ritratti del suo tempo. Picasso lo scelse perché rappresentava il pittore “per eccellenza”, il “mito” immortale e senza tempo della pittura.

Attorno alla vita privata di Raffaello giravano vari racconti fin dal Cinquecento quando Giorgio Vasari – nella sua raccolta di biografie di artisti – lasciò trapelare (con tono di disapprovazione) varie informazioni sulle numerose avventure amorose dell’artista.

Secondo Vasari, Raffaello spesso «andava di nascosto a’ suoi amori» invece di lavorare. La vicenda più nota è quella legata alle pitture per Agostino Chigi a Villa Farnesina, delle quali abbiamo già trattato; Raffaello lavorava molto lentamente «per lo amore che e’ portava ad una sua donna». Il Chigi, disperato, pensò di risolvere il problema ospitando nella sua villa la fanciulla, facendola stare nei luoghi dove Raffaello lavorava, «il che fu cagione che il lavoro venisse a fine». Questa “amata” è stata identificata tradizionalmente con la figlia di un fornaio, ribattezzata la Fornarina (in tempi recenti riconosciuta come Margarita Luti da Siena). Il suo volto sarebbe stato anche immortalato da Raffaello in uno dei suoi ritratti più sensuali e affascinanti.

Le vicende amorose di Raffaello ebbero grande successo nell’Ottocento, dando vita a fantasiosi racconti. Anche i pittori ne furono affascinati. Jean Auguste Dominique Ingres gli dedicò una serie di quadri dove il pittore è raffigurato durante una pausa dal suo lavoro, mentre viene abbracciato dalla Fornarina.

Nel dipinto conservato a Harvard (del 1814), Raffaello abbraccia la sua amante e modella mentre ne osserva il ritratto incompleto sul cavalletto. Egli possiede fisicamente la sua modella e con lo sguardo la sua immagine dipinta, ma non può amarle tutte e due nello stesso momento e allo stesso modo.

Per Picasso Raffaello era dunque un esempio perfetto della scelta tra amore o vocazione per l’arte. Ma a differenza del dipinto di Ingres (un artista che Picasso conosceva bene e stimava) riuscì a superare il dilemma della scelta.

Per molto tempo le incisioni di Picasso furono interpretate semplicemente come raffigurazioni pornografiche prodotte dall’anziano artista per alimentare il proprio desiderio ormai spento…ma la complessità del loro significato fu rimessa in discussione nel 1972, quando fecero la comparsa un saggio di Gert Schiff e un breve scritto di Leo Steinberg che misero in luce la metafora rappresentata dall’artista.

Per Picasso dipingere è un “atto d’amore” o meglio è come fare l’amore! L’artista ama ciò che dipinge, la sua modella, ma nel farlo ama anche la sua pittura.

Nelle prime incisioni Picasso aveva rappresentato sia la Fornarina che il suo ritratto (come Ingres). L’artista ha dunque smesso di dipingere per godere del piacere fisico. Ma nelle ultime incisioni il ritratto sparisce mentre l’artista rimane con il pennello in mano. Cosa sta dipingendo? Nell’incisione numero 317, la Fornarina sembra tramutarsi in un affresco su una parete che Raffaello sta dipingendo ma con il quale fa anche l’amore (quasi l’opposto del mito di Pigmalione dove la statua prende vita per amare il suo scultore).

La donna che Raffaello ama è diventata “pittura”. L’equazione è perfetta: dipingere qualcuno è farci l’amore, dunque fare l’amore con la tela, con la pittura.

Ma l’arte è fatta per qualcuno, è fatta per essere guardata dallo spettatore. Ecco l’occhio invadente del terzo individuo, un vero  e proprio voyeur. Inizialmente Picasso lo rappresenta come un cardinale (o forse il pontefice) facendo riferimento ai committenti di Raffaello, coloro che richiedevano e pagavano le opere dell’artista e le possedevano. In altre incisioni la figura si trasforma, i suoi abiti diventano moderni e invece di osservare semplicemente la scena, apre una tenda e la mostra anche a noi. Questa figura è il nostro alter ego.

Ogni spettatore, osservando un dipinto, sbircia nel processo creativo intimo dell’artista che ha permesso la realizzazione dell’opera, spia quell’atto d’amore tra l’artefice, il suo soggetto e la pittura.

L’energia vitale del sesso è nell’arte di Picasso una metafora del suo “potere creativo”; la pulsione che spinge a fare arte, a rappresentare qualcuno ma anche ad osservare. Una metafora efficace per Picasso che, come Raffaello, era noto per le sue avventure amorose e per le sue “amate”, spesso modelle delle sue opere. Il sesso, il suo potere e i suoi rischi sono stati spesso al centro della sua arte (come dimenticare le vicende di uno dei suoi capolavori, le Demoiselles d’Avignon, il cui titolo iniziale era il “bordello filosofico”).

Nel 1968 Picasso era ormai anziano ma pieno di vita e di voglia di creare, di fare arte. Con queste immagini, apparentemente pornografiche, esorcizzava la morte, in altre parole dimostrava ancora il pieno controllo della sua forza fisica (il pene) e della sua arte (il pennello).

Daniele Di Cola

Daniele Di Cola
Daniele Di Cola è storico dell'arte e dottorando presso l’università di Roma La Sapienza. Si è laureato in storia dell’arte nella stessa università nel 2014. I suoi interessi includono la storia della critica d’arte e le metodologie e teorie della storia dell’arte.

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