Dalle armature giapponesi a Jeeg Robot il passo è breve: non ci credete? Andate a visitare la mostra “Robot Fever: il samurai nell’era dei Chogokin” al Museo Stibbert di Firenze.
Una mostra straordinaria che inaugura la sezione delle sale giapponesi del museo dopo il restauro, mettendo le antiche armature a confronto con i moderni robot ideati dai maggiori designers di giocattoli orientali ed americani, provenienti dal Toy Museum di Firenze.
Samurai, guerrieri, armi a e armature dell’ottocento giapponese sono stati la fonte di ispirazione principale dei designers e dei fumettisti che in Giappone a partire dagli anni Settanta hanno partorito robot destinati a proteggere la Terra da minacce aliene. Personaggi eroici che poi, grazie ai film d’animazione, hanno contagiato anche il nostro immaginario. Una vera e propria “febbre” da robot, come recita il titolo della mostra, che ancora oggi brucia tantissimo.
La mostra ripercorre la storia e l’evoluzione del giocattolo nipponico fino all’esplosione del fenomeno a livello internazionale. Dagli anni Settanta i robot sono diventati eroi moderni che hanno fattezze e caratteristiche tradizionalmente associati agli antichi guerrieri samurai, attingendo a armi e armature, ma anche ai valori degli antichi guerrieri.
I produttori li hanno lanciati sul mercato con la notizia che sono prodotti nella fantastica lega con cui erano realizzati i robot nei fumetti: il mitico chogokin che riportava alla mente i leggendari acciai giapponesi utilizzati per costruire le armi indistruttibili dei samurai. Inizia così l’era dei chogokin.
Il Museo Stibbert è un museo unico, in una villa bellissima appena fuori dal centro di Firenze. Racconta mondi lontani, ma soprattutto ci racconta le passioni di un uomo curioso e straordinario come Frederick Stibbert.
Fu folgorato dall’arte giapponese, con la quale entrò in contatto durante l’Esposizione Universale di Parigi nel 1867. Iniziò da lì la sua passione che lo portò a diventare proprietario della più grande collezione di armature giapponesi al di fuori del Giappone. Una passione che gli permise di raccogliere circa 1800 pezzi tra armi ed armature, else e corredi di spada, oggetti d’arredo, rotoli dipinti, tessuti e costumi, la maggior parte dei quali di grande valore artistico e storico.
Ma la cosa straordinaria di quest’uomo è che non è mai andato in Giappone e che nella sua collezione è riuscito a raccontare un mondo e una cultura che ha sempre sognato ma che non hai mai conosciuto direttamente.
La mostra, curata da Enrico Colle e Riccardo Franci, in collaborazione con Francesco Ristori e Eugenio Casini è stata realizzata con il sostegno della Fondazione Cassa di Risparmio di Firenze e resterà aperta fino al 10 settembre 2017.
Silvia Gambi