Maria Maddalena: fascino e paura del potere femminile

Eccomi. Mi guardi, lo so. E io ti guardo. Sono qui, irraggiungibile e carnale; sorridente e maliziosa; fiera e nervosa. Sono una Donna. Sono libera. Sono Bella. Sono Santa. Temimi, uomo: perché non mi comanderai.

Maria Maddalena di Carlo Crivelli, facente parte del polittico di Montefiore, eseguito fra il 1471 e il 1472, è di indiscutibile fascino per l’enigma che cela. È suadente e respingente in quanto osmosi sublime di sacro e profano, di acqua santa e diavolo. Siamo in pieno Rinascimento e lo si comprende immediatamente dall’atteggiamento più spudorato e “pagano”, rispetto al Medioevo, che gli artisti, e dunque i ricchi e colti committenti, dimostrano nei confronti del corpo e della rappresentazione artistica di esso.

Il centro culturale è slittato, infatti, da Dio all’uomo e alla figura umana, soprattutto nelle corti intrise di neoplatonismo, corrente filosofica che considera la bellezza esteriore l’epifania tangibile della levatura morale. Dunque, la mortificazione della femminile seduzione, che aveva segnato l’epoca precedente, si relega al ricordo, non troppo lontano, di un’austerità sessuofobica che covava i virulenti germi del peccato, sotto cilici e carni macilente.È il periodo storico e artistico che segna il trionfo delle fattezze giunoniche, dei seni prosperosi, dei fianchi larghi, dei volti sensuali: il bianco incarnato era ravvivato dal rosso colorito delle guance (ottenuto anche con i prodotti cosmetici preparati dagli speziali), i biondi capelli viravano, grazie a prodigiose tinture, nella sfumatura del famoso rosso-tiziano. Un colore, quest’ultimo, che serba un conflitto nel suo stesso impasto. Il rosso è il colore della caritas, ossia dell’amore universale che si compie nel sacrificio di Cristo in croce, e della dignità sacerdotale, ma anche della lussuria e delle chiome insidiose delle streghe. Il rosso è sangue: la donna il sangue e, dunque, la vita che simboleggia, lo domina, perdendolo ciclicamente senza morire.
La Santa, secondo i dettami tridentini, raffigurata nelle vesti della mirofora, ossia della portatrice del vaso di nardo, con il quale unse il corpo del Figlio dell’Uomo, incede da sola, ammantata del medesimo fascino misterioso che circondava i Re Magi, i quali, recando al divin Fanciullo oro, incenso e mirra, furono i primi a credere nel miracolo. Anche Maddalena è maga, in quanto presaga del futuro quando, per prima testimoniò la Resurrezione. Il cerchio si chiude con vaso. O forse, con il vaso si riapre, ancora e ancora, attingendo dalla sorgente del Tempo e diventando metonimia della donna che accoglie dentro di sé ciò che va nutrito di linfa vitale e trasformato, allo scopo di spiritualizzarlo e divinizzarlo. In seguito allo sviluppo patriarcale, nell’Occidente giudaico-cristiano, tuttavia, la Dea Madre fu detronizzata e repressa, sopravvivendo a stento, solo a livello segreto, come la compagna sottomessa e compiacente al Dio maschile. Infatti il vaso ha anche connotati negativi: è l’abisso che inghiotte e annienta, come una vagina dentata, è il contenitore di Pandora, da cui fuoriuscirono tutti i mali dell’umanità.
Fra le mani della creatura di Crivelli, il vaso guizza fra le dita, come se non fosse soggetto alla gravità: il pittore è angosciato o irretito o incerto. Lei lo provoca, lo guarda di traverso, con fare ardito; abbozza un sorriso che contrasta con il naso da predatrice; dalle vesti rosse e nere, sontuosamente ricamate, fa spuntare i seni e un piede, impudico; i capelli si ribellano al velo, impetuosi come serpenti.

Attento, se mi guardi diventerai di pietra. Ma guardami, non mi resistere.

Nonostante l’aureola, quindi, non siamo dinnanzi all’immagine di una santa pentita, ma di una donna di carne, sangue e intelligenza. È innegabile, infatti, che la maggior parte degli artisti del tempo sfruttarono i soggetti sacri anche come un pretesto per eccitare la sensualità; la nudità cristiana divenne sempre più ambivalente: sia emblema della santità, della purezza e della mortificazione della propria carne sull’esempio di Cristo sulla croce, sia simbolo di lussuria e lascivia. Chi c’è in questo quadro, in realtà? Un uomo. Un uomo lo dipinse, un uomo lo commissionò. Uomini che temevano le donne, le degne eredi di Eva capaci di portare alla morte con l’inganno insito nella propria indole imperfetta, la quale le rendeva soggette al dovere di custodia maschile, per protezione anche di esse stesse.
Donne costrette a stringersi nel soggolo di un ruolo, ossia virgo, mater et vidua, per non essere emarginate come streghe o puttane.Ma come può, allora, essere Santa colei che fu libera, colei che con la sua parola annunciò il messaggio che è il significato più rivoluzionario del cristianesimo, colei che conobbe il peccato della lussuria, colei che corpo e mente? Si può vedere un uomo perfino in questo quadro, lo si può fare lottando con i propri sensi e il proprio istinto. E non mi riferisco a pittore e committente, ma a Lei: Maddalena. Alla prossima puntata.

Emma Fenu

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