Il Macro presenta due grandi mostre fotografiche: “Mend” di Lèonie Hampton e la prima antologia italiana di Guy Tillim “O futuro certo”.
Siamo nell’era della tecnologia, del digitale, dove per ricordare e stampare nella propria mente un’immagine, un ricordo basta prendere il cellulare dalla tasca e fare un click.
Sicuramente è un’innovazione rispetto al passato, dove tutti i ricordi rimanevano esclusivamente nel nostro immaginario a meno che non si aveva una macchina fotografica a portata di mano per documentare ciò che si stava vedendo.
Ma mentre noi scattiamo un’istantanea e la rendiamo immediatamente pubblica sui social network c’è tutto un mondo che continua a muoversi e che solo tramite il racconto dei grandi fotografi possiamo conoscere. Attraverso le fotografie sappiamo che certi eventi sono accaduti e che determinate situazioni sono realmente avvenute.
È il caso di Guy Tillim uno dei principali fotografi del Sudafrica.

Tillim si distacca dal classico reportage giornalistico per dare spazio a un’esperienza del mondo più dettagliata ed enigmatica. Inizia come reporter negli anni ottanta per poi rendersi conto che poteva approfondire questa sua formazione usando la macchina fotografica come mezzo per combattere il divario razziale del suo paese.
Adotta una visuale sottile, minuziosa ed ermetica; una finestra su un mondo che riflette il suo sguardo. Uno sguardo che ha visto tanto dolore, violenza, ma anche tante meraviglie, posti incontaminati e uomini sorridenti.
Ed è proprio questo che vuole raccontare al visitatore del Macro, Guy.
Vediamo fotografie che ci turbano come bambini soldato in Congo, rifugiati in Angola, il decadimento dell’architettura postcoloniale in Africa…
E non solo!
Guy fotografa anche immagini più tranquille: scuole, uffici, primi piani di visi intensi e sorridenti.
Guy fotografa il dettaglio.
Con questa mostra riusciamo ad uscire dagli stereotipi in cui spesso la fotografia ci fa scivolare. Stereotipi che rimangono in superficie e non parlano di una profonda esperienza del mondo. Un’esperienza del mondo che è più ricca, sfumata, ambigua.
Le fotografie del più grande fotografo contemporaeo sudafricano sono fatte di silenzio e luminosità quasi ad identificarsi in romanzi.
Un’altra finestra sul mondo a farci riflettere è quella di Leonie Hampton. Fotografa britannica, protagonista della Commissione Roma 2017.
Alla fine dell’estate 2017, Roma sta affrontando il tema della siccità data dal troppo caldo che ha colpito la città.
Ma non è tutto.
Roma in questo periodo doveva far fronte ad un altro tema “caldo”, quello di fronteggiare l’avvento dei migranti.
In una città che pare direzionarsi verso il collasso, dove vi è un’indifferenza e una paralisi del genere umano davanti a fatti salienti, la fotografia è una speranza verso il futuro.
Lèonie Hampton si inserisce in un mondo contemporaneo che le appare disconnesso. Esplora periferie cittadine cercando edifici incompleti, progetti urbani abbandonati e baraccopoli sulle rive del fiume Tevere, attraverso l’aiuto del collettivo di artisti Stalker.
Per raccontare questo divario tra mondo antico e contemporaneo la fotografa inglese inserisce immagini di statue greche affiancate a fotografie di baci contemporanei appena nati. Il tutto corredato da istantanee di bambini che dormono, ridono e si muovono come simbolo di speranza per le nuove generazioni.
“La fotografia è lo strumento ideale per superare i confini” Guy Tillim
Alessandra Forastieri