Kandinskij, il cavaliere errante: la mostra del Mudec a Milano

Kandinskij, il cavaliere errante

È un periodo d’oro per gli amanti d’arte a Milano: tra Manet, Haring e Kandinskij al Mudec, c’è davvero l’imbarazzo della scelta.

Kandinskij era perfettamente in grado di dipingere nature morte e paesaggi. Il suo percorso verso l’astrattismo, che l’ha portato a essere uno dei maggiori esponenti di questa corrente, è nato quasi per caso: a Monaco, entrando al crepuscolo nello studio – racconta lui stesso – “vidi un quadro dalla bellezza indescrivibile, imbevuto di un ardore interno. Mi avvicinai a questo quadro misterioso, su cui non vedevo altro che forme e colori e il cui contenuto mi era incomprensibile: trovai subito la chiave del mistero: era un mio quadro, appoggiato alla parete di lato. […] Seppi allora in modo preciso che l’oggetto nuoce ai miei quadri“.

Kandinsky, il cavaliere erranteKandinskij dunque, in un’epoca dominata dal materialismo, sceglie di esplorare l’interiorità, affidandosi al colore e alla forma. La mostra Kandinskij, il cavaliere errante ora al Mudec di Milano (fino al 9 luglio 2017) raccoglie circa 50 opere del Maestro, alcune mai viste prima in Italia, che provengono dai più importanti musei russi georgiani e armeni, come l’Ermitage di San Pietroburgo, la Galleria Tret’jakov, il Museo di Belle Arti A.S. Puškin e il Museo Panrusso delle Arti Decorative, delle Arti Applicate e dell’Arte Popolare di Mosca, il Georgian National Museum, la Galleria Nazionale dell’Armenia di Erevan.

La mostra, in particolare, si concentra sul periodo che portò Kandinskij verso l’astrattismo. Importante anche sottolineare come la musica abbia influenzato l’arte del pittore: a fine percorso ci si può divertire in un’interessante esperimento interattivo, che unisce musica, movimento e colori, per provare a “dipingere” come facevano gli astrattisti. Il percorso espositivo diventa però anche un viaggio attraverso la Russia, le sue immagini, le sue atmosfere, laboratorio da cui Kandinskij prese ispirazione per le sue opere.

Nato da famiglia per metà russa e per metà tedesca, infatti, il pittore decise nel 1889 di fare un’esperienza nel governatorato di Vologda, nel Nord della Russia. Qui, come afferma lui stesso, imparò “a non guardare al quadro generale dall’esterno, ma a ruotare intorno a esso, vivere in esso. Quando sono entrato nella stanza, la pittura mi ha circondato, e sono entrato in essa”. Una sensazione immersiva che proverà anche lo spettatore della mostra del Mudec che, grazie a effetti visivi e tecnologici, riesce a far “entrare” nei quadri di Kandinskij.

Valeria Martalò

Classe 1989, laureata in Filologia Classica, originaria di Bari, vive dal 2017 a Milano, dove lavora nel mondo dell'editoria e della comunicazione.

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